Debutili il Gronde Centro, ma senza Cossiga

Debutili il Gronde Centro, ma senza Cossiga LABORATORIO NORD-EST Ppi e diniani con Udr e pri per le regionali, Zamberletti «commissario della ricostruzione» Debutili il Gronde Centro, ma senza Cossiga Primo test per la Cosa bianca. Buttiglione: o è la de o è niente UDINE DAL NOSTRO INVIATO Cossiga non c'è, per «piccole e modeste ragioni di salute», dice pudico il presidente della Regione. In sala si mormora di un incidente diplomatico con Franco Marini che vorrebbe salvare riforme e Bicamerale mentre l'ex Presidente - si sa - vorrebbe buttarle a mare. Marini smentisce. Eppure qui sta prendendo carne e forma il vero progetto cossighiano: un bel centro alternativo alla sinistra, ma dialogante con destra e sinistra. In altre parole, più crude, la nuova «de». Monosillabo che uno dei suoi profeti, Rocco Buttiglione, non si scandalizza certo di pronunciare: «L'udr o sarà la de o non sarà un partito». Amen. Così vuole il cardinale Ruini che Buttiglione cita subito per dire (scusa non richiesta) di non avergli parlato da molto tempo, ma di condividerne - naturalmente - il pensiero che lui sintetizza così: «Cari cattolici, rialzate le vostre bandiere politiche». Ecco fatto. Qui a Udine e dintorni per le elezioni regionali (14 giugno) c'è una nuova «cosa» che si chiama «Centro popolare riformatore» e riunisce in un simbolo superaffollato di sigle la lista Dini, il cdr (scorporo del ecd capitanato da Mastella), il edu (il partito di Buttiglione), l'udr (embrione semivirtuale del futuro partito di Cossiga), il ppi (partito popolare italiano). La somma di questi simbolini fa per l'appunto un insieme ribattezzabile democrazia cristiana. Si devono aggiungere il pri di Giorgio La Malfa e l'Unione slovena che come dice la parola rappresenta la minoranza etnica confinante. Tutti uniti insieme, secondo l'ultimo sondaggio fatto in regione, avrebbero il 5,7 per cento dei voti e cioè poco più del 4,5, soglia di sbarramento per entrare in Consiglio e ragione per cui il pri, ma non solo, si è unito nell'avventura così simbolicamente cossighiana. Ma che l'ex Presidente non sia venuto ad Udine per questo affollatissimo showdown nel salone dell'istituto religioso Tomadini (teatro di tanti appuntamenti dicci nei bei tempi andati) qualche significato deve pure averlo. Dall'ombra del luogo riparato in cui tuttora sta lavorando, Giuseppe Zamberletti ci conferma che tutta l'operazione nasce davvero dall'ex Presidente: «Se me l'ha chiesto Cossiga? Certo, se no non mi sarei mai messo...». Scelta quanto mai occhiuta perché Zamberletti è quel democristiano lombardo che ventidue anni fa fece qui il commissario straordinario per il terremoto. E' stato lui a orchestrare l'unica (o quasi) vera ricostruzione realizzata in Italia dopo un disastro. L'uomo che delle virtù friulane ha fatto una politica, inventando quella pratica del «tutto il potere ai sindaci»; il segreto del successo. Zamberletti, fedelissimo di Cossiga, sebbene ormai fuori dalla politica, segretamente è tornato a fare il «commissario» alla ricostruzione. Questa volta della de. E ci racconta che il senso politico più sonoro dell'operazione è la cattura del partito popolare in un'operazione di «centro» e che ciò pone il partito di Marini in una collocazione diversa da Roma (dov'è nel governo di centro-sinistra). La ricostruzione dello Zamberletti-2 sarebbe davvero stata completa se nel nuovo «centro popolare» fosse stato possibile introdurre subito Forza Italia o almeno quella parte (non piccola) di Fi che proviene direttamente dalla de. Si sono opposti i popolari. Ma Zamberletti, che sa di politi¬ ca, dice che è «iniziato un percorso», siamo solo alla «prima tappa». Non si possono escludere avvicinamenti anche alla Lega («Che ha riempito il vuoto politico lasciato dalla de»). Insomma: l'alternativa friulana al centro-sinistra è già pronta. Manca solo di prendere abbastanza voti. Vedremo. Tutto, qui, è possibile. Per un sistema elettorale proporzionale che ha regalato al Friuli cinque anni di crisi del governo regionale, che riporta l'orologio della politica indietro e riscompone i poh e le coalizioni nei loro elementi primari, i partiti. Ognuno con la sua sigla e le sue promesse. «Gli unici nuovi e diversi restiamo noi - ci dice AlèsiSandra Guerra, della Lega friulana -. Nel bene e nel male, con i nostri vizi e l'è nostre virtù siamo pronti a governare, senza preclusioni, con chi condivide il nostro programma». Ma dai sondaggi anche per la Lega non sembrano tempi buoni: difficile confermare quel 23 per cento che ne fa tuttora il primo partito. Nel salone Tomadini, tolto Cossiga, ieri c'erano tutti: Dini, La Malfa, Buttiglione, Mastella, Marini. Quelli nel governo a dire che l'esperimento non ha valore nazionale; quelli dell'opposizione a dire il contrario. Il più in palla era Buttiglione, orgoglioso delle vittorie edu, ultima in Val d'Aosta (10 per cento), che gli hanno fatto proclamare il de profundis per il bipolarismo dei poli: «Il vero bipolarismo, quello europeo, è centro contro sinistra. Noi qui stiamo facendo il centro». Il più imbarazzato Francò Marini, ppi: «Saremmo nipoti di don Sturzo se non lasciassimo all'autonomia di ciascun partito locale la scelta delle alleanze?». Per una nuova de? Ai friulani la risposta. Cesare Martinetti * Le ultime previsioni accreditano il Centro popolare riformatore al 5,6-5,7 per cento. Tale risultato non rappresenta la somma delle «doti» che ciascun partito porta al raggruppamento; però, è molto di più della soglia di sopravvivenza prevista dalla legge per entrare in Consiglio regionale "o sbarramento è al 4,5 per cento). mmmi:i

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