Il segretario e il partito Aumentano gli attriti

Il segretario e il partito Aumentano gli attriti LE POLEMICHE NELLA QUERCIA Il segretario e il partito Aumentano gli attriti IROMA L primo ad annusare il pericolo fu, in tempi non sospetti, il vice capogruppo ds Mauro Zani. All'epoca dei fatti stava ancora a Botteghe Oscure, e da buon emiliano aveva a cuore le sorti del partito, che temeva fossero messe a rischio dalla decisione di Massimo D'Alema di candidarsi alla presidenza della Bicamerale. Vedeva di difficile gestione il doppio incarico, lo disse, ma le sue osservazioni, là per là, in pieno «furore riformistico» caddero nel vuoto. Adesso che il processo di revisione costituzionale sta avviandosi lungo una china non esaltante, il monito di Zani torna d'attualità. Sì, perché, se sul fronte della Bicamerale la guerra va inalino, sul fronte interno, quello ds, non è che le cose vadano meglio. Le recenti amministrative confermano un trend negativo per il partito e ora che certi risultati (delle riforme e delle elezioni) sono sotto gli occhi di tutti, nei diessini cresce l'insofferenza e partono le prime bordate contro il capo. Il quale capo, ovvero D'Alema, sembra quasi nutrire senti- menti analoghi verso i «compagni detrattori». Tant'è vero che, giocando d'anticipo sulle critiche, qualche giorno fa si è espresso in termini non lusinghieri nei confronti dei colleghi di partito «fannulloni e carrieristi». A chi si riferisse, in quell'occasione, il leader della Quercia non lo ha detto. Ma nei ragionamenti che va sviluppando con i «diessini» che gli sono più vicini, il segretario è meno parco di parole e di riferimenti. «Io - è lo sfogo di D'Alema - l'avevo detto sin dall'inizio: mi devo occupare della Bicamerale, perciò è necessario che tutti intensifichino i loro sforzi nel partito. Non solo, avevo anche detto: i ministri devono imprimere uno slancio riformatore al governo, altrimenti qual è il significato della nostra presenza lì? Ma vedo che molti hanno preferito occuparsi degli affari loro...». D'Alema ce l'ha con gli «esternatori di professione» di cui in questo momento il suo partito abbonda. Ma è arrabbiato anche con i ministri - e questa non è una polemica nuova - che, tranne rare eccezioni, navigano ormai nelle acque del governo, indipendenti e autonomi rispetto alla linea di Botteghe oscure. Nel mirino del leader della Quercia ci sono pure quelli che nel suo partito criticano apertamente la strategia ds. Il tam tam di Montecitorio racconta che D'Alema se l'è presa con la professione di fede ulivista fatta l'altro giorno da Folena sulle colonne del «Mes¬ saggero». Vero o falso? Chissà, ma forse quel che importa di più è che il bersaglio di questa presunta arrabbiatura del capo sia convinto che ad alimentare certe voci siano personaggi dell'entourage di D'Alema. E' l'aria che si respira al Bottegone. Aria che prelude a nuove polemiche. La sinistra interna è uscita allo scoperto e adesso chiede una direzione per esa¬ minare il doppio fallimento riforme-CQ$a2. Tutti giurano che non c'è voglia di resa dei conti, ma certe dichiarazioni sono eloquenti. Marco Fumagalli, uno degli esponenti di spicco di questa corrente, sostiene che se la Bicamerale subisse un brusco arresto «a entrare in crisi sarebbe la linea stessa di D'Alema che ne ha fatto il punto di snodo dell'azione del partito». Sempre Fumagalli contesta le ironie del segretario sui «fannulloni e i carrieristi»: «Ci vuole - dice il dirigente diessino una discussione seria, non ci si può limitare alle battutine». Quelle paroline del leader non piacciono nemmeno all'ulivista Enrico Morando che ironizza, riferendosi al vecchio pei, sulla «triste tradizione» «della critica dall'alto». Tutte le obiezioni sono rivolte al segretario, ma anche ai suo staff. Non è bastato l'allontanamento di Velardi a sanare determinate situazioni. Marco Minniti e alcuni dei più stretti collaboratori di D'Alema sono stati messi di peso sul banco degli imputati. Da Giuseppe Chiarante, per esempio, che do¬ po aver attaccato il «verticismo» del partito, stigmatizza *il peso eccessivo del gruppo di comando raccolto attorno alla segreteria. Non è un caso, quindi, che giri voce di nuove defezioni nello staff dalemiano. Ma, ed è questo, il segnale più inquietante, i malumori non sono solo «romanocentrici». Fabrizio Matteucci segretario dell'unione regionale dell'Emilia Romagna, sull' «Unità» di ieri non è tenero con D'Alema. Critica il verticismo e aggiunge: «Si è persa un po' la carica ideale e si sono sfilacciati i legami con la società». E' difficile per qualsiasi leader di Botteghe Oscure sottovalutare un richiamo che proviene dalla regione rossa per eccellenza. In questo scenario intricato, con scambi di accuse tra segretario e dirigenti, al leader potrebbe giungere un aiuto insperato, per fronteggiare la situazione interna, da Veltroni. Il prezzo, da pagare, ovviamente, dovrebbe essere la «pax» dalemiana nei confronti del governo. Maria Teresa Meli

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