La prima volta, tra ansie e sogni

La prima volta, tra ansie e sogni Dal sesso ai sentimenti, una generazione racconta la scoperta del rapporto di coppia La prima volta, tra ansie e sogni Confessioni di giovanissimi: noi e l'amore POTENZA DAL NOSTRO INVIATO Stanno al'ultimo tavolo del pub. Nerovestiti, bevono birra e fumano light. Rimmel blu, piercing e frangetta, le bimbe. Orecchini e basette sottili i pupi. Daniele, detto Duffy, ha la coda. Idalberta ha un tatuaggio, «ma non posso farti vedere perché è sulla chiappa», dice un poco roca. Che genere di tatuaggio? E lei: «Le ormette della Carica dei 101, perché?». Annalaura, 16 anni, detesta gli zatteroni «che hanno tutte le ragazze di Potenza». E tu no? «Mica sono matta: il mio fidanzato mi lascerebbe subito». Giorgio, 15 anni e mezzo, è il più piccolo e quando parla di baci diventa rosso. Maria, nonostante le guance rosa e il nasino, è la più grande, «quasi diciotto», specifica carina. Non lo ha ancora fatto, ma «quando succederà, non avrò mica paura come 'sti ravioli qua». I ravioli sono poi gli sbarbati qui presenti, che succhiano Nastro Azzurro per darsi un tono, ma poi inciampano nei ricordi recenti. Giovanni, 17 anni, orecchino: «Io la prima volta avevo paura di farmi male, in effetti». Male in che senso? «Mmh, al coso, no?». E Edoardo, 17 anni, orecchino: «Io la prima volta avevo paura di non soddisfarla, in effetti». Non soddisfarla in che senso? «Che era più grande di me e ne sapeva di brutto». Addirittura. «Stronzate - dice la giudiziosa Maria - la cosa più bella del mondo bisogna farla senza paura». I ragazzi sbattono gli occhi. Le ragazze la guardano fissa. Maria continua: «Bisogna farla solo quando si è convinti - pausa -. Solo che voi lo fate per vantarvi in piazza». Vero? Giovanni: «Nooo!». Giorgio, incerto: «Non credo...». Edoardo: «Maria parla, ma non sa un cazzo». Antonello, 17 anni e mezzo, 3 orecchini: «Non sa un cazzo: letteralmente». Uuh, uh: fracasso, poi pausa da risate, e lei rosa: «Stronzi». Due giri d'orologio al Duemila Scaleranno i loro vent'anni nel prossimo secolo gli adolescenti dell'Euroitaha, quasi tutti e an cora figli di mamma, ma già con cibati ai ruoli di maschio & femmina, sebbene declinati secondo gli aggiustamenti che certe rivo luzioni di antichità remote - la minigonna, la contestazione, il divorzio, il femminismo, la pillola, le canne, la tv commerciale, il microchip - gli hanno tatuato nella doppia elica dei loro cuori automatici. Dicono le ponderose ricerce com'è giusto ricordare in queste occasioni, fingendo di crederci che l'età del primo rapporto si starebbe alzando dopo i permis sivi Anni Ottanta. Dicono che si starebbe alzando verso la media dei 17,4 anni: un po' più precoci le bimbe dei bimbi; che il 70 per cento delle ragazze (superati vent'anni) rimpiange «la verginità perduta»; che solo il 34 per cento dei maschi, contro il 29 delle femmine, giudica «piacevo le» la prima volta, distribuendosi il campione - 2264 interviste fat te nel febbraio scorso dall'Asper tra «delusi», «freddi», «trauma rizzati» e un comico «senza opi nione». E dunque eccoci nel brodo su dista di Potenza per l'esordio di un viaggio che racconterà inti mità singole in rappresentanza di esteriorità plurali. Questa voi ta: microvite di ragazzi del Sud intercettate in una cittadina me dia, ma lontana da qualunque ra dar di inchiostro. Qui intorno non c'è più la Lucania di una volta, quella del realismo magico e di un certo Cristo fermatosi a Eboli (in coro: «Mammaaa, che palle!»). Il moderno ha maculato il tempo, il paesaggio, gli umori, la cultura. Le faggete ancora intatte stanno accanto alle autostrade sospese nel vuoto, e l'antico mormorio del Basento roccheggia tra il contemporaneo disastro urbanistico. La città ti accoglie con visioni incongrue: la black Jeep e il mulo fermi allo stesso passaggio a livello; il vecchio in fustagno davanti alla jeanseria; la mamma di stazza rurale e il cellulare in braccio. Primo giro di birre. Giovanni, Edoardo e Antonello stanno nella stessa scuola, ragioneria. Giorgio fa l'istituto tecnico, Duffy il professionale. Tutti e cinque vanno assai bene in scooter e si scassano la testa a scuola. Tutti e cinque hanno scoperto d'estate come è fatta una bimba, ma solo i primi tre hanno davvero approfondito. Giorgio (quello che diventa rosso) dice di aver fatto ventosa per un bel po' di ore, mangiando pure mezzo chilo di sabbia, ma alla fine «la quaglia si è tirata indietro». Duffy (quello con la coda) gira un po' intorno alla faccenda, poi si scopre che la sua fidanzata è Maria, proprietaria del nasino. «Stiamo insieme da 16 mesi» sbuffa lui con aria da pentola a pressione. E lei naturalmente lo fulmina con il solito «Stronzo». Le ragazze fanno il liceo scien tifico, vengono anche loro da famiglie medie, ma rispetto ai ra gazzi hanno più sale in zucca e più consapevolezze della vita vera. Tutte sono state dotate di sensori dalle rispettive madri < messe in allarme dalle involonta rie gelosie dei padri. Hanno uno sguardo speciale quando parlano di sesso, associandolo con più cautele al piacere e con maggior misura alle sue conseguenze. Non essere più infanti è questo loro sentire con la pancia che al l'improvviso le rende più consa pevoli e perciò più adulte. Anche se assai più romantiche. Hanno assorbito moniti e ma neggiano l'idea del pericolo. Il peggiore dei quali: «Buttarsi via». O anche: «Sprecarsi per nulla». Sognano lentezza e la mentano velocità: «I ragazzi vo gbono arrivare subito a quello» dice Idalberta. Sentono i genitori in agguato, avrebbero magari an¬ che bisogno di una trincea condivisa, ma nessuna di loro parla con la madre, tantomeno con il padre. Tutte si confidano tra di loro. I cinque boys (invece) raccontano di madri zero apprensive. «La mia mi dice: una volta che ti sei tirato su i calzoni tu hai finito, sei a posto e volendo puoi anche sparire». Di padri complici: «Il mio mi dice: l'importante è metterti sempre il preservativo». Perciò loro, più delle coetanee, sgommano ricordi di pura cronaca: chi hanno baciato la prima volta e quando. Che sapore aveva lei. Come si sono sbottonati. L'attimo in cui hanno intuito il via libera. «Gli volevo bene». «Aveva un neo qua, era bellissimo». «E' successo in campeggio, in una notte fatata, con la luna e il vento che sembrava una canzone». Oppure Maria: «Io ho avuto solo lui, Duffy, ma l'ho voluto sempre, dal primo momento, come si dice nei film. Così gli sono stata addosso fino a che mi ha detto sì e adesso che è passato tanto tempo mi sento come al primo giorno. Anche se lui non so». Detto con una punta di apprensione a un Duffy imperturbabile, seduto di sbieco, magari solo per timidezza. Ma se a dividerli è (già) il passato, a farli credere uguali è u presente e specialmente il futuro. L'amore di adesso che sarà (o potrebbe essere) per sempre. La famiglia. I figli. «Oh, tanti figli» dice Annalaura. «Almeno 3» promette Maria. «E comunque due subito, appena sposata - dice Idalberta -. E più tardi magari ancora». Figli e famiglia. Anche se non «esattamente come la mia, papà e mamma che si annoiano sempre». «Non come la mia che si è divisa». «Non come la mia che è sempre incasinata». Famiglia e amore. Cos'è mai l'amore? Idalberta: «L'amore, boh, è bello, si può amare sotto vari punti di vista, il fratello in un modo, l'amico in un altro. Ma quello speciale, che ti diverti e che il tempo scappa via, è quello con il tuo ragazzo». Annalaura: «E lo devi anche preservare dalla noia: meglio vedersi due ore sole al pomeriggio, che fumarsi un pomeriggio intero di sbadigli». Maria: «Comunque l'amore è stare anche ad annoiarsi insieme. O stare al freddo in giro, che qui a Potenza d'inverno è durissimo, e per settimane, dopo le sei di sera, la gente sta tappata in casa, così che la città è tutta tua, ma se sei con lui è tua per metà ed è più bello». Al secondo giro di birre, i bimbi e le bimbe cominciano a ingarbugliare opinioni, divagando. L'amore è condividere la musica. Ma quale musica? Pino Daniele, dice uno. No, i Prozac. Jovanotti. I Litfiba. Vasco. Laurie Anderson! («Chiii?»). E dove, in discoteca? «Nooo!». Va bene, e leggere un libro insieme? «Cosa?». Mai letto un libro (o quasi) neanche da soli. Mai vista (o quasi) una mostra. Fumato insieme una canna? «Bè, tutti!». Visto un film abbracciati? «Titaaanic!». Giovanni: «Ti dico cosa piacerebbe a me: mi piacerebbe passeggiare tutto un pomeriggio in una città bellissima che non è Potenza, abbracciare la ragazza e dirle: ti amo». Maria: «E' bello farlo anche qui in via Pretoria». Chiede, sconclusionatamente, Giorgio: «E quale sarebbe la città bellissima, Venezia?». Idalberta: «Parigi!». Edoardo: «Roma!». Giovanni: «Milano». Antonello: «Napoli». Duffy lento e chiaro: «Qualunque città, basta che piova». Silenzio. E perché la pioggia? Se l'era preparata: «Perché le nostre vite passano come lacrime dentro la pioggia». Tutti fanno: uuhh, oohh, figooo, e lui (che ha pescato da Biade Runner, ma senza copyright) fa un intero incasso di sguardi. Ma il più bello è quello di Maria, luce che saltella tra le palpebre, bevuto dal sorriso di lui che ha occhi da penombra solo per lei. E' amore in diretta, nessuna timidezza, archiviando tutti (noi al pub, le ricerche, la latitudine) e pure l'adolescenza. Pino Corrias Le ragazze: «E' la cosa più bella del mondo e bisogna farla senza timore e solo quando si è convinti Guai a buttarsi via» I ragazzi: «La prima volta avevo paura di non soddisfarla La raccomandazione dei miei è di mettere il preservativo» erciò loro, più delle coetanee, ommano ricordi di pura crona: chi hanno baciato la prima olta e quando. Che sapore aveva i. Come si sono sbottonati. L'atmo in cui anno intui il via libea. Le bimbe accontano) ci mettoo più affano, più rimianti e uindi anche iù cuore. apprensione a un Duffy imperturbabile, seduto di sbieco, magari solo per timidezza. Ma se a dividerli è (già) il passato, a farli credere uguali è u presente e specialmente il Le bimbe (raccontando) ci mettono più affanno, più rimpianti e quindi anche più cuore.