SITUAZIONE DRAMMATICA di Edmondo Berselli
SITUAZIONE DRAMMATICA DALLA PRIMA PAGINA SITUAZIONE DRAMMATICA cominciato ad apparire come un prodotto di qualità tanto scadente da risultare indifendibile. Il momento che ha svelato la vera natura della Commissione è stato il passaggio da un'ipotesi di premiership al semipresidenzialismo, in seguito al raid leghista. In quel momento si è avuta la sensazione, mai più smentita, che «questo o quello per me pari sono», che una soluzione valeva l'altra: con un discredito sul processo riformatore che non si è mai dileguato. Per ora la cronaca attribuisce a Berlusconi la responsabilità di avere fatto crollare il castello di carte. Ora è chiaro che il capo di Forza Italia ha sparato contro l'accordo con un intento esplicitamente politico: in primo luogo per scardinare l'intesa fra D'Alema e Fini, cioè l'asse fra postco- munisti e postfascisti in cui rischiava di restare intrappolato; ma anche per rimescolare le carte in vista di quel progetto, o di quella suggestione neocentrista che in questo momento fa ruotare spettatori molto interessati, dal cardinale Ruini a Giulio Andreotti, ma anche possibili protagonisti, come Cossiga. Posto di fronte allo strappo, D'Alema ha approfittato della situazione prospettando un seguito per cui dovrà essere Berlusconi stesso ad assumersi in Parlamento la responsabilità di silurare le riforme. Ma questa, come sempre, è tattica, dove D'Alema eccelle, e l'imputazione delle colpe serve in realtà a poco. C'è invece da chiarire se l'attuale classe politica è in grado di reggere l'urto del fallimento. E' indubbio infatti che il prestigio dei maggiori leader riceverebbe un colpo pesante, e che Bossi vedrebbe confermate tutte le sue teorie più apocalittiche. Ma scontato tutto ciò sarà opportuno tenere distinti i diversi piani. Il prezzo della caduta della Bicamerale non può essere la caduta del governo, altrimenti il Polo avrebbe avuto un interesse vitale solo al fallimento delle riforme. Dunque il governo rimane al suo posto e per ora di elezioni non si parla. Quanto alle ipotesi per «rilanciare» il processo costituente, è riemersa ovviamente la vecchia idea dell'assemblea costituente. Come se oggi ci trovassimo davvero ad aver superato un periodo storicamente drammatico, una crisi di regime, e la nazione fosse ancora allo sbando. In realtà convocare oggi l'assemblea costituente è un'idea che risponde al dramma eventuale di una politica che fallisce il suo compito, ma non si addice affatto a un Paese che da tempo ha ritrovato ritmi normali dopo le aritmie da Tangentopoli in poi. Molti dei problemi che la Bicamerale doveva risolvere, dal rafforzamento dell'esecutivo alla questione delle garanzie, dalla riarticolazione territoriale dei poteri al federalismo fiscale, possono essere affrontati con leggi ordinarie. Va poi aggiunto che con la riforma mancata evaporerebbe, per il bene di tutti, anche il patto della crostata, con relativa legge elettorale regressiva. E' un dramma? Infine, e soprattutto, il fallimento della terza Bicamerale dovrebbe insegnare che se le grandi riforme sono illusorie, conviene praticare un processo di adattamento e di correzioni parziali, com'è prassi nei Paesi normali. Perché dopo la crisi esplosa nel 1992 abbiamo tutti invocato ipotesi straordinarie e progetti di taglia superiore. Ma dovremmo sapere che il primo sintomo del ritorno alla normalità è proprio l'abbandono delle soluzioni eccezionali. Edmondo Berselli
Persone citate: Berlusconi, Bossi, Cossiga, D'alema, Giulio Andreotti, Ruini
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