Dottori in bridge di Gian Antonio Orighi
Dottori in bridge «Sviluppa logica e socialità». Gli esami in un bar Dottori in bridge Barcellona, corsi in 2 atenei MADRID NOSTRO SERVIZIO Lord Broughann si starà rivoltando nella tomba dalla soddisfazione. Due serissimi atenei catalani, la Politècnica de Catalunya e la Autonoma di Barcellona, hanno istituito da quest'anno, come materia facoltativa, proprio il gioco di carte che il nobile inglese importò dal Cairo nel 1894, il bridge. Il corso ha avuto un grande successo. L'hanno incluso nel loro piano di studio un centinaio di studenti. «E' una materia attraente. Invece di studiare le noiose materie di sempre, puoi giocare a carte - dice Carles Leon, alunno della Politècnica -. Per molti il bridge (che contrariamente a quanto si ritenne in Italia, dove venne tradotto come ponte, non è affatto inglese, bensì deriva dalla parola russa o turca birich, ndr) non solo è divertentissimo, ma piace tanto da diventare l'hobby preferito». E' proprio il fascino di una partita che si gioca in quattro, divisa in due coppie, il suo potere di coinvolgimento, l'applicazione e l'intelligenza necessarie per far valere il proprio «atout» o per conquistare un «grande slam» che hanno convinto la dottoressa Beatriz Escribano, che fino all'anno scorso insegnava chimica tessile presso la Politècnica, delle «virtù didattiche socializzanti» del bridge e a trasformarla nella prima docente del celebre gioco dell'università spagnola e, forse, del mondo. «Abbiamo pensato che una delle deficienze delle Facoltà tecniche è la mancanza di attenzione alle relazioni umane - ha spiegato a "La Vanguardia", che ha dato la notizia ieri in prima pagina, la dottoressa Escribano -. Crediamo che il bridge sia una buona opzione per potenziare quest'aspetto. Inoltre sviluppa la logica, la strategia e la capacità di organizzazione». «I più facilitati sono gli studenti di matematica, ma per me è gratificante superare l'esame in una materia che non è mnemonica sostiene entusiasta Emi Montaner, studentessa di diritto presso l'Autonoma -. E' l'unico corso che non vale la pena marinare per andare a giocare a carte al bar della Facoltà». Il successo del corso di bridge è stato tale presso i due atenei che l'anno prossimo si duplicheranno i posti disponibili (la frequenza è obbligatoria) e addirittura verrà istituito un corso superiore, il «Bridge 2». C'è anche la prova pratica. Venerdì scorso il centinaio di studenti di bridge ha fatto il test finale. Ma fare l'esame in un'aula universitaria, visto che ci vuole un tavolino e quattro sedie, era problematico. E così la sede scelta è stato il bar «Egara» di Terrasa. Forse da noi, per umanizzare le materie scientifiche, si potrebbe provare con il tresette o la briscola. Gian Antonio Orighi
Persone citate: Beatriz Escribano, Carles Leon, Escribano, Montaner
Luoghi citati: Barcellona, Cairo, Italia, Madrid
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