Se l'Europa infrange il tabù atomico di Aldo Rizzo

Se l'Europa infrange il tabù atomico "OSSERVATO RI O Se l'Europa infrange il tabù atomico EI anni fa, nel gennaio 1992, «Le Monde» pubblicò in prima pagina una vignetta di Plantu, in cui si vedeva de Gaulle, in cielo su una nuvoletta, assistere sbalordito al passaggio di un aereo con le insegne dell'Unione europea, guidato da Mitterrand. Sotto la pancia dell'aereo c'era una bomba atomica, con la scritta «Force de frappe européenne». Voleva diro che Mitterrand, capovolgendo la tradizionale politica gollista e postgollista, si era detto disposto a discutere il passaggio della forza nucleare nazionale sotto il controllo di un'autorità politica europea. Il tema di un'Europa nucleare non è dunque nuovo. Se n'era parlato del resto nel lontano 1957, fra i ministri della Difesa di Francia, Germania e Italia, e più tardi vi aveva fatto cenno persino un autorevole esponente inglese, il futuro primo ministro Edward Heath, durante i negoziati per l'adesione della Gran Bretagna alla Cee. Infine, nel settembre 1995, dopo il test francese a Mururoa, fu Chirac, un gollista «doc», a riprendere il tema. Che però rimase sempre vago e teorico. Ora può essere diverso? C'è un dato di fatto: la gara nucleare tra India e Pakistan, per quanti sforzi si posc",,fA fare per tenerla sottr controllo, ha stravolto il sistema della sicurezza internazionale. Ora sappiamo che la proliferazione atomica ha rotto gli argini e che l'utopia di un mondo disarmato sarà tale anche nel secolo prossimo venturo. Non che fosse difficile immaginarlo, ma ci si era illusi, e ora l'illusione è svanita. Al Pakistan prima o poi seguirà l'Iran e lo stesso Giappone non starà sempre a guardare: già ha accumulato una quantità di plutonio considerata da tutti eccessiva pelle esigenze delle sue centrali «civili». Nessuno di questi Paesi, a cominciare dalle superpotenze tipo Usa, Russia e Cina, pensa ragionevolmente di usare un giorno la Bomba, ma tutti sanno che possederla è un formidabile strumento di dissuasione (deterrenza) e un sostegno unico del loro «status» politico (anche pensando al Consiglio di sicurezza dell'Orni). E' su questo sfondo imprevisto, anche se non impreveI dibile, che si è aperto, fra noi I europei, il dibattito sul dopo- Euro, cioè su come dare all'Unione europea una comune politica estera e della sicurezza, in aggiunta alla moneta unica (che da sola non basta: l'egemonia del dollaro è il frutto della forza dell'economia americana, ma anche di una complessiva credibilità politico strategica degli Stati Uniti), Abbiamo tutti trattenuto il fiato, giovedì scorso, per il timore che quattro milioni di danesi mandassero all'aria il modesto Trattato di Amsterdam, che prevede, figurarsi, un segretario generale dell'Ile per la politica estera e una «cellula» di analisi comunitaria. La questione è ben ultra, è quella di una reale identità dell'Europa, e di una sua capacità di contare, in termini pari alla sua forza Bconomica, nelle scelte politiche mondiali (che poi condizionano anche l'economia). *T"turalmente L'Europa può continuare ad affidarsi all'ombrello atomico americano, e l'alleanza con gli Stati Uniti deve restare comunque viva e vitale. Ma nel quadro inter-occidentale c'è tutto lo spazio per una più incisiva ed autonoma presenza europea. Si può continuare con la politica dei piccoli passi, ciascuno approvato all'unanimità, e sperare, per la seconda metà del XXI secolo, in una qualche forma d'integrazione militare. Ed è una scelta di vita, per così dire. Ma si può anche riprendere il discorso di un'Unione europea in cui due Paesi sono già nucleari e discutere seriamente, magari con la sola Francia per cominciare, come «europeizzare» lo status atomico. Senza defatiganti trattati a quindici o a ventuno, ma con un negoziato intergovernativo tra i Paesi interessati. Sarebbe già un modo di far cadere un tabù, di far capire che l'Europa è presente nel mondo nuovo, per concorrere a controllarlo, e non nasconde la testa nella sabbia, come un gigantesco struzzo. Aldo Rizzo

Persone citate: Chirac, Edward Heath, Mitterrand, Plantu