Storia di Città

Storia di Città Storia di Città 0 visitato le stanze segrete del secondo piano del Palazzo Reale di Torino, aperte al pubblico in occasione dell'Ostensione della Sindone, con una guida di eccezione: Giulio Cesare Cavallini, classe 1925, stella al merito del lavoro, per 40 anni direttore della Haas, il marchio più prestigioso nel campo dei tessuti d'arredamento, ora purtroppo estinto. Cavallini conosce come pochi altri gli ambienti di Palazzo Reale; vi entrò per la prima volta nel 1959 per conto della sua ditta e ci rimase per ben 25 anni. Il suo compito era quello di restaurare e di rifare le tappezzerie e gli arredi delle stanze del secondo piano, chiuse dalla caduta della monarchia, in vista della mostra del barocco che si tenne nel 1963, e da allora mai più riaperte. Era logico che, alla notizia delle riaperture di quelle sale, Giulio Cesare Cavallini, ora in pensione, accorresse fra i primi a rivedere quei luoghi ai quali aveva dedicato anni di paziente lavoro. La sua delusione è stata così grande da indurlo a scrivermi una lettera carica di indignazione; così gli ho telefonato e gli ho proposto di accompagnarmi in una visita che si fa per gruppi, dopo essersi prenotati. E' stata per me una curiosa e istruttiva esperienza; mentre la nostra garbata accompagnatrice Cristina Repellini, dell'associazione Amici di Palazzo Reale, ci dava un'informazione ricca ed esauriente delle sale al primo e al secondo piano che il gruppo man mano attraversava passando su una logora di lana ros¬ sa, la mia guida personale faceva sottovoce il contro canto, mostrandomi dei dettagli che gli altri, intimiditi dalla maestosità degli ambienti, neanche notavano. In pratica gli arredi in stoffa di quelle sale, ovvero tappezzerie sulle pareti e sui mobili e tende alle finestre e alle porte, si presentano in tre condizioni: o sono ancora quelli originali perché per mancanza di fondi non sono mai stati restaurati; o sono stati restaurati trenta anni fa e hanno riguadagnato uno stato di degrado forse superiore a quello preesistente al momento del rifacimento; oppure, terza condizione, le tappezzerie originali sono state tolte e sostituite con niente altro, tanto che le ultime due sale comprese nella visita potrebbero intitolarsi, da quello che mostrano le pareti, la sala del mollettone e la sala della carta fodera. Sul tutto regna sovrana la polvere che sui vasi cinesi della sala dell'alcova e sugli altorilievi raggiunge lo spessore di un centimetro. Per quei poveri vasi impolverati la vita sarebbe molto migliore se qualcuno li facesse rubare e trafugare all'estero. Perché le sale di Palazzo Reale non vengono mai spolverate? Si possono fare varie ipotesi; la Sovrintendenza alle belle arti ha posto il vincolo sulla polvere che è storica e va conservata, per rispetto alle tradizioni di casa Savoia; nell'organico del personale addetto al palazzo manca la figura dello spolveratore e tutti gli altri possono affermare, col sostegno dei sindacati: «Non è di mia competenza»; c'è un addetto allo spolvero ma mancano i pulmini, l'acquisto dei quali è stato bloccato dal Tar perché manca la copertura finanziaria o perché l'appalto nella fornitura dei piumini ha escluso una ditta di Castelfranco Veneto. La spiegazione più probabile è ancora un'altra: a suo tempo era ordinata la rimozione della polvere con un fax che è finito sulla scrivania sbagliata. Parafrasando Vittorio Emanuele II, io non sono insensibile al grido di dolore che si leva dal petto del mio nuovo amico Giulio Cesare Cavallini che, nella sala dell'alcova, mi segnala il lembo che pende da una mantovana strappata; per salvarla ba¬ sterebbe dare due punti che nessuno darà mai e quando quelle tende cadranno in rovina verranno stanziati miliardi per il loro restauro. Mai fare manutenzione ordinaria, non fa notizia; l'opinione pubblica si commuove solo di fronte allo spettacolo della completa rovina. Mi racconta Cavallini che nel lontano 1961 fece rifare i damaschi, i lampassi e i velluti da una tessitura del Casertano che era attiva dal tempo dei Borboni e operava ancora con telai del '700; mi mostra un campione del lampasso originale con fiorellini su un fondo di raso giallo disegnato da Palagio Palagi che, paragonato con la stoffa rifatta, sembra identico. Fece fare anche delle usse, ovvero delle foderine per proteggere sedie e divani. Ora anche queste sono scomparse o sono state sostituite da fodere di un colore diverso che stona, come nella magnifica sala blu del secondo piano. Un patrimonio di conoscenze e di sapienza artigianale è stato lasciato decadere; penso a quella che per i piemontesi vecchio stampo era la religione del lavoro con l'annesso culto del lavoro ben fatto. Si è interrotta la catena che permetteva di trasmettere da una generazione all'altra la sapienza di questo fare. Mentre i luoghi veri andranno lentamente e inesorabilmente in rovina i nostri ragazzi ne faranno al computer una copia virtuale, bella, lucida, senza polvere e senza strappi e noi, infilando un ed rom nel lettore, visiteremo Palazzo Reale senza muoverci da casa e lo troveremo benissimo.

Persone citate: Borboni, Cavallini, Cesare Cavallini, Cristina Repellini, Giulio Cesare Cavallini, Haas, Palagi, Vittorio Emanuele Ii

Luoghi citati: Castelfranco Veneto, Savoia, Torino