NINO FARINA
NINO FARINA NINO FARINA In ricordo dell'asso del volante che vinceva «a braccia tese» UNA lettera di Cesare Vogliotti, del '34, ex dipendente Lancia, che sta a Torino ed è presidente da 25 anni della «Società Operaia ed Agricola di Casalborgone, fondata nel 1854» e appassionato da sempre di automobilismo. «In questo periodo in cui si parla tanto della Ferrari, sarebbe vivo desiderio di tutti gli sportivi italiani che la cara "rossa" vincesse il campionato del mondo, visto che dal lontano 1953 un nostro pilota non vince più il titolo. E riteniamo doveroso ricordare alle giovani generazioni il dott. Giuseppe Farina, conosciuto da tutti gli sportivi del passato come Nino. E' stato con il leggendario Tazio Nuvolari e rindimenticabile Alberto Ascari (campione del mondo negli anni 1952-'53), uno dei più grandi assi italiani del volante, vincitore del 1° Campionato mondiale di automobilismo, di corse e gran premi che si disputarono dal 1935 fino al dopoguerra, e proseguì fino al 1957, quando chiuse la sua stupenda carriera con la sfortunata partecipazione alla 500 Miglia di Indianapolis, dove il capo collaudatore rimase vittima di un mortale incidente durante le prove. Proveniente da illustre famiglia torinese di pionieri e geni carrozzieri, nipote del compianto Pininfarina (era figlio del fratello Giovanni, che aveva un suo stabilimento in corso Tortona, ancora esistente ma in completo abbandono), Nino Farina onorò la patria con le sue vittorie, ed era ammirato per il suo stile di guida tutto particolare "a braccia tese", e per le sue elevatissime doti di potenza, capacità, ma soprattutto per la sua serietà, onestà, rettitudine e bontà d'animo, anche nei confronti degli avversari in corsa. Trionfò in quasi tutte le piste del mondo: Italia, Francia, Svizzera, Germania, Monaco, Argentina, Gran Bretagna. Oltre al campionato del mondo del 1950, è da annoverare la fulgida vittoria nel G.P. di Tripoli nel 1940, vinto su Alfa Romeo 158, alla spettacolare media di km 216,529 orari. Media ultraelevata per quei tempi, anche in considerazione delle piste e degli asfalti, e ricordando che Farina correva senza casco, ma con solo una cuffietta. Le uniche vittorie mancanti alla sua lunghissima carriera sono il Gran Premio del Valentino di Torino nel '52 dove, ritiratasi dalle corse l'Alfa Romeo, era stato chiamato da Enzo Ferrari a far parte del suo squadrone (Ascari, Farina, Villofesi, Taruffi). Sfiorò la vittoria anche nella 500 miglia di Indianapolis, perché andò in America troppo tardi, non più nel pieno della giovinezza, altrimenti anche quel particolare tracciato a catino ben si adattava alle sue elevatissime doti di guida. E' pure bene ricordare che gareggiò e vinse pilotando esclusivamente vetture italiane: Maserati, Ferrari e Alfa Romeo. Fu vittima di un banale incidente il 30 giugno 1966 mentre scendeva sotto la pioggia battente, su una Lotus Cortina, da una tortuosa strada di montagna che da Ginevra porta a Chambéry: un incidente che non fu mai chiarito. La signora Elsa, finché fu in vita, tenne alto il ricordo del suo Nineto, come lo chiamava affettuosamente. Ci auguriamo che le autorità cittadine come promesso all'inaugurazione del giardino pubblico intitolato a Fred Buscaglione, deliberino a breve termine di intitolarne uno pure a Nino Farina. Tra l'altro Buscaglione e Farina riposano entrambi al Cimitero Monumentale (prima' ampliazione n° 23 e, 24), uno di fronte all'altro».
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