Le auto sulle strade del cinema
Le auto sulle strade del cinema Le auto sulle strade del cinema OUANDO si parla di Anni Sessanta e si vuole evocare un'immagine, niente di meglio della «Aurelia decapottabile e super compressa» dotata di un fastidioso clacson modulato con la quale Vittorio Gassman attraversa un'Italia dove le vecchie tradizioni vengono sopraffatte dalla moderna volgarità. Il film, naturalmente, è «Il sorpasso», capolavoro di Dino Risi. E l'Aurelia del protagonista riassume in sé le due grandi interpretazioni che il cinema ha fornito rispetto alle quattro ruote semoventi che hanno cambiato radicalmente il modo di vivere dell'uomo. Da un lato, l'auto come libertà: libertà dagli orari, dalle coincidenze, dai disagi del trasporto collettivo, ma anche dalla piccola vita che si poteva condurre quando viaggiare era una vera e propria impresa. Dall'altro, l'auto come schiavitù: per essere alla moda deve essere sempre più veloce e accessoriata, deve diventare una sorta di totem che come sacrificio richiede code chilometriche, incidenti mortali, nevrosi continuate. La piccola rassegna organizzata da venerdì 29 maggio a lunedì 1 giugno al Massimo Due (via Montebello 8, biglietti d'ingresso a 7 mila lire) dal Museo Nazionale del Cinema non comprende il film che più di ogni altro individua la macchina come emblema del malessere moderno: «Week-end» di Jean-Luc Godard, interminabile carrellata su code, liti e incidenti ormai vissuti come mali necessari per ottenere un «progresso» sempre più disumano. Però comprende «L'ingorgo» di Luigi Comencini con Alberto Sordi, e «Monsieur Hulot nel caos del traffico», dove la silhouette di Jacques Tati è una parvenza di umanità dentro la pazzia collettiva impersonificata dal trasporto individuale. E comprende anche «Thelma & Louise», storia di due donne che usano l'automobile proprio per sfuggire all'opprimente normalità che giorno dopo giorno sottrae loro ogni gioia di vita. Dal canto suo, il Nanni Moretti di «Caro Diario» sembra teorizzare lo scooter più famoso come soluzione per scivolare via dalla volgarità indotta dal caos automobilistico inte- so come massificazione dei pensieri: è proprio sfrecciando liberamente per le strade di una Roma estiva che potrà interrogarsi sul grande rimosso della nostra epoca, la morte di Pier Paolo Pasolini. Dal canto suo Blake Edwards (; regista di «La Pantera rosa») utilizza la sua sapiente ironia per fare di «La grande corsa» una commedia divertita ed efficace. Andrà comunque ricordato che il glamour del cinema non può prescindere dalle auto: attori famosi e costose fuoriserie sono un binomio inscindibile, che si rinnova ogni anno al Festival di Cannes (e, d'altro canto, un Mario Soldati agli inizi doveva mettere a disposizione la sua auto personale per poter girare il suo primo successo: come si spiega, in caso contrario, il fatto che sia targata Asti l'automobile che trasporta Assia Noris nel divertente «Dora Nelson»?). Non dimentichiamo poi che il modo più diffuso oggi di realizzare le carrellate si chiami proprio «Camera car», e che proprio Godard è stato il primo a teorizzarne l'uso. L'automobile, insomma, ha fatto moderno il cinema e il cinema moderno non può farne a meno, a costo di non fermarsi agli stop. Stefano Della Casa Le auto sulle strade del cinema Una scena dclfibn «L'ingorgo» con Alberto Sordi
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