Relegate ai margini le donne-scienziato

Relegate ai margini le donne-scienziato DATI EUROPEI Relegate ai margini le donne-scienziato Nei laboratori sono poche e il potere è quasi tutto in mani maschili LE donne sono poco rappresentate nel mondo della ricerca europea. Lo dimostrano le statistiche presentate alla recente Conferenza europea «Donne e Scienza» svoltasi a Bruxelles: le poltrone di chi decide, le borse e i fondi della società scientifica, vengono assegnati da uomini ad altri uomini. Ma i dati disponibili non sono ancora sufficienti per disegnare un quadro europeo. Sono necessarie statistiche di genere a livello nazionale e internazionale, riferite non solo al mondo accademico ma anche al settore industriale in continua espansione. «Senza statistiche, niente problemi, niente politica», ha denunciato Hilary Rose, professore emerito dell'Università di Bradford. La scienziata ha evidenziato l'importanza di uno studio temporale sulla presenza delle donne negli ambienti accademici e industriali, per capire se e come hanno influito le misure prese per promuovere le pari opportunità nei Paesi della Comunità europea, dopo il Workshop internazionale del 1993 sulle donne nella scienza. Una analisi della distribuzione dei posti nel mondo accademico tra donne e uomini mostra alcune caratteristiche che accomunano tutte le nazioni europee. Considerando le diverse discipline scientifiche, la percentuale di donne è maggiore nel settore della salute, nelle scienze sociali, in agricoltura e veterinaria, mentre è molto bassa nelle scienze «dure», come la fisica o la chimica. Due esempi fra i tanti: in Gran Bretagna la percentuale di donne che hanno una laurea in fisica e lavorano nella ricerca (considerando i diversi livelli gerarchici) è del 15 per cento,, mentre in biochimica è del 44; in Danimarca solo il 4 per cento tra i chimici e i fisici sono donne, mentre in veterinaria e agricoltura sono il 24 per cento e nel settore della salute il 22. Esiste poi una distribuzione verticale che si riscontra in tutti i Paesi della Comunità: più alta è la posizione gerarchica, più bassa è la percentuale di donne. In Olanda, ad esempio, le studentesse nelle varie discipline sono il 46%, le ricercatrici sono circa il 20% e i professori donna sono il 4,6%, secondo uno studio del 1996; i dati danesi del 1995, riguardanti le facoltà scientifiche in generale, non sono molto diversi. Tra gli studenti di dottorato il 35% sono donne, che si riducono al 6% tra i professori; migliore sembra essere la situazione in Italia dove, secondo dati del 1993, il 40% degli assistenti universitari per le varie discipline sono donne e le professoresse sono il 10%. Considerando le percentuali di professoresse, si nota uria spaccatura tra i Paesi nordici più economicamente sviluppati, come Germania, Austria, Belgio, Irlanda, Olanda, dove i valori si mantengono al di sotto del 10% e quelli meridionali, come Spagna, Italia, Francia, Turchia, con percentuali superiori a questa soglia. In ogni caso l'Europa, in quanto a pari opportunità, non regge il confronto con gli Stati Uniti, dove la percentuale di docenti donne è quasi del 18%. Una terza caratteristica che unisce i Paesi della Comunità europea è che le donne hanno più spesso impieghi temporanei e part-time. In Olanda, per esempio, il 33% delle donne lavora in questi settori, contro il 25% degli uomini. Sono questi solo alcuni esempi, ma costituiscono un punto di partenza per pensare a misure che sostengano pari opportunità per i due sessi, come programmi di monitoraggio e controllo della ricerca, che prevedano eventuali sanzioni se non vengono rispettate alcune regole stabilite. A questo proposito, un esempio da penalizzare sarebbe quello del Swedish Medicai Research Council, i cui criteri di valutazione nell'assegnazione di borse di ricerca sono stati analizzati dalla scienziata svedese Christine Wenneras. Secondo il suo studio, pubblicato sulla rivista Nature, i membri del prestigioso Consiglio non esaminano solo la competenza scientifica di un candidato, ma anche il suo sesso e gli eventuali collegamenti con qualche membro della commissione. In media, perché una donna venga valutata al pari di un uomo, deve aver presentato 2,6 volte più articoli su riviste autorevoli. Marta Cerù Infima minoranza tra i fisici Le cose vanno un po' meglio nella biologia

Persone citate: Christine Wenneras, Hilary Rose, Marta Cerù