L'ACULEO DELL'ESILIO di Lorenzo Mondo

L'ACULEO DELL'ESILIO L'ACULEO DELL'ESILIO Le «colpe» di Pressburger LA NEVE E LA COLPA Giorgio Pressburger Einaudi pp. 166 L 25.000 GIORGIO Pressburger immmagina che iracconti di La neve e la colpa siano stati scritti sul filo di rimembranze scolastiche. Nell'introduzione, un uomo che si firma G. N. (Giorgio e Nicola, come il nostro Pressburger e il diletto fratello, coautore di due libri, scomparso anni fa?) ne spiega la genesi. Si è messo alla ricerca dei compagni di liceo, ha tentato di ricostruire la loro carriera dopo che gli avvenimenti storici li hanno dispersi su tutta la terra, ne ha trascritto le esperienze più significative. Il curioso preambolo risponde probabilmente a qualche debito di verità dell'autore (che ha lasciato l'Ungheria dopo la rivolta del '56) ma vale anche a predisporci a un certo pathos dell'esilio, dalla-patria e dalla giovinezza.- Un esilio che si dilata interiormente e finisce a confrontarsi con il sentimento universale della colpa e della pena. Il tema si propone con nobiltà di argomentazioni fin dal primo racconto. Ne discorrono quattro dottori (in medicina e nell'interpretazione delle Scritture) che si ricongiungono, quasi in rappresentanza delle perdute tribù d'Israele, ai piedi del Gran Sasso per una ascensione invernale. Sulla scorta di una parafrasi di Ezechiele, la colpa viene paragonata alla ne- ^^^^^^^^ ve che tutto impregna e nasconde, HBHHHHHH viene interrogata nelle sue connessioni con la conoscenza e l'i- LA NEVE gnoranza. Ma una slavina inter- E LA COLPA viene a interrompere la disputa e Giorgio a schiacciare nel rimorso il solo Pressburger che riesce a salvarsi. La lezione Einaudi aggiuntiva della realtà indica nel- pp. 166 la colpa la fonte della sofferenza, L 25.000 l'aculeo della compassione. E' un buon racconto che nel dettato volutamente dimesso accoglie una trama di riferimenti biblici che lampeggiano in situazioni diverse con una forza irriducibile, destinata. Prendete «Il caso del dottor Fleischmarm». E' un biologo illustre, candidato al Nobel, ha compiuto passi decisivi nella penetrazione della materia vivente. Ma la perdita improvvisa delle persone care distende su di lui un'ombra di infelicità che si decompone in cinismo. La svolta arriva attraverso Regina, una ragazza che letteralmente lo bracca, imponendogli il suo amore. Con il dono gratuito del corpo e dell'anima vuole convincerlo che la vita non è pura illusione e menzogna, che può trovare riscatto. La sua, al limite dell'autodistruzione, è la risposta di una carnalità appassionata alla secchezza del cuore. Il dottore la respinge, alternando ipocrisia, disprezzo, brutalità. Ma cosa distingue questa donna un poco tocca, maturata nell'indigenza e nel dolore, da una biblica profetessa devastata dall'urgenza dell'annuncio? Quando la persecutrice si allontana, Fleischmann non ha più pace, scomparirà anche lui, ascetico mendicante di saggezza in terre lontane, o suicida nelle onde del Danubio. Altrove, saia invece l'agonia straziante e repellente di un gattino a evocare la violenza originaria, a confondere l'appagamento per l'armonia dell'universo, a confutare la «vetta deh Himalaya iUuminata dal sole». Si avverte in questo libro, nelle sue linee più sicure e risolte, meno aggrovigliate di intenzioni, un movimento che dalla riflessiva, assorta pacatezza conduce a soluzioni sempre più estreme, a ima paradossale ascesa che si realizza nell'esplorazione dell'abisso. E' esemplare in questo senso il racconto più lungo, di notevole azzardo esistenziale e stilistico. A lasciare il suo «Messaggio per il secolo» è un essere sconciato di nome Abramo che, prigioniero di una carrozzella, si esprime con gorgogli e belati. Ma l'intelligenza è rimasta viva e acuta in questo mostro che si ingegna a punire atrocemente i genitori per la colpa di averlo messo al mondo. Lui che vorrebbe scomparire ha ereditato immense richezze. Preferirebbe abbaiare ma si è impadronito di tutte le sottigliezze della lingua che gli permettono di scrivere, in una oscena caricatura del padre delle genti, un testamento di imperterrita desolazione. Non si risparmia nessuna abiezione, condivide le contrapposte, distruttive pulsioni del suo tempo (tra razzismo ed egualitarismo estremo). Eppure, nonostante tutto, non sprofonda nel «cupio dissolvi». Il fuggevole incontro con Dora introduce nell'«immondizia» del cervello e dell'anima un tenue risarcimento, un respiro breve di bellezza e innocenza. Avvinghiate teneramente alla metafora di un secolo deforme. Lorenzo Mondo Giorgio Pressburger

Persone citate: Einaudi, Fleischmann, Giorgio Pressburger, Giorgio Pressburger, Pressburger

Luoghi citati: Israele, Ungheria