BALDINI: LA PALUDE DEL GRANDE MALE di Sergio Pent

BALDINI: LA PALUDE DEL GRANDE MALE BALDINI: LA PALUDE DEL GRANDE MALE MAL'ARIA Eraldo Baldini Frassinelli pp. 143 L. 20.000 ORSE l'intento di Eraldo Baldini non era quello di opprimere il lettore con le efferatezze dei delitti presenti nel suo malarico romanzo; forse intendeva solo raccontare una storia crudele prendendola alla larga con l'ispirazione, che tanto il passato brulica di fattacci e di turpitudini senza scomodare i killer da rotaia dei giorni nostri. Forse voleva dimostrare che il male non ha epoche né stagioni, poiché la mente umana - vuoi per ignoranza, vuoi per lucido diletto - partorisce da sempre voli di morte. Fatto sta che siamo rimasti alquanto rintronati, perché abbiamo letto, vergato con fredda determinazione cronachistica, uno dei finali più agghiaccianti e cattivi degli ultimi MAL'ARIA Eraldo Baldini Frassinelli pp. 143 L. 20.000 tempi: il male allo stato puro, Atrocità finali a parte, dobbiamo gratificare Baldini anche di un altro merito, quello cioè di aver ricostruito senza troppe circonlocuzioni un mondo e un ambiente in tutto il loro quotidiano disagio: siamo nel 1925, nelle geografie paludose del Ravennate imperversa ancora la malaria, quella vera, non il pindarico gioco di parole del titolo. Umanità prostrate dai dolori; donne sdentate e piagate, esistenze trascinate in baracche di canne palustri sull'onda di febbri ricorrenti, mortalità infantile alle stelle, tra penuria di cure e di sbobba. Proprio per verificare un inspiegabile picco di bambini defunti nella zona tra Ravenna e Ferrara, la Prefettura Fascista di Roma incarica il giovane ispettore della Sanità Carlo Rambelli di salire a Nord per indagare su quel caso piuttosto sospetto. Nessuno dei decessi, infatti, risulta avvenuto in ospedale. Lasciata a malincuore la mogliettina Anna, Carlo si ritrova di colpo scaraventato in un purgatorio di vite provvisorie che nulla hanno da spartire coi fasti di Regime della capitale. Bonini, il medico di zona a cui doveva rivolgersi per avviare l'indagine, non ha di meglio che farsi trovare impiccato in casa, e dalle autorità locali Carlo non riesce a ricavare alcun indizio. Ondate maligne di sospetti, testimoni messi a tacere, la sensazione di una paura sconfinata, mentre le vecchie dei paesi intessono trame di malocchio, improvvisano filtri contro le febbri, pregano perché la Borda non porti via altre anime: la Borda, l'entità senza contorno che fa svanire nelle paludi i disgraziati solitari che incrociano la sua ombra. Tra realtà e credenze popolari, Rambelli si sente trasformare in un bersaglio facile, anche se l'incontro con Elsa - la ragazza che accudiva il dottor Bonini - gli riserva inattese sorprese. Il profilo familiare di Anna sfuma nella lontananza, poiché l'unica realtà è lì, nella distesa di acque stagnanti in cui si cela, come si scoprirà, l'orribile segreto. Non è un noir per scelta, questo cianotico racconto di Baldini; aspira a ranghi letterari non di genere e in parte vi riesce, pur con qualche faciloneria sentimentale di troppo, tipo la passione senza limiti - un po' improvvisa e improvvisata - tra la popolana Elsa e il cittadino Carlo. Ma ciò che più conta è l'abilità dell'autore di ritagliare con sadica calma i contorni di una favola cupa senza alcun spiraglio di speranza. Tra orrori e nebbie mattutine e atrocità destinate a rimanere sepolte nel fango, si respira davvero, con fastidio ma continuando a voltar pagina, una asfissiante, claustrofobica «mal'aria», Sergio Pent

Luoghi citati: Ferrara, Ravenna, Roma