Quei vescovi orfani della d di Arturo Carlo Jemolo
Quei vescovi orfani della d Il governo ignora i moniti del Papa i e nella Chiesa rinasce la voglia di un partito cattolico Quei vescovi orfani della d E nella Cei si lavora per il Grande Centro RELIGIONE E POLITICA SROMA CRIVEVA Arturo Carlo Jemolo nel suo ancora fondamentale Chiesa e Stato in Italia: «E' di dominio comune che la Santa Sede ha oggi (1955, ndr) un potere politico quale da molti secoli più non aveva. Ma l'era delle masse - concludeva - potrebbe riserbare evoluzioni ancora più impensate del suo potere». Quest'ultima, ad esempio: che il Papa tuoni profeticamente contro l'aborto, che scagli parole di fuoco contro una legge dello Stato, che richiami addirittura «tre milioni e mezzo di bambini» uccisi, e non succeda assolutamente nulla. 0 meglio: ha ottenuto, il Romano Pontefice, per un paio di giorni le prime pagine dei quotidiani (che non si negano a nessuno) e qualche apertura di tg; ha sollevato qualche effimero dubbio e la solita ammirata considerazione dei laici. Ma nessuno che in Italia conti davvero ha nemmeno pensato, sulla spinta di quel monito così altisonante, di mettere mano alla 194. Per cui, se si guarda per una volta ai risultati, quelle di Wojtyla sono da inscriversi nel novero delle parole al vento, o nel deserto. Tanto più ascoltate, e riconosciute, e perfino magnificate nella loro drammatica intensità, quanto più sostanzialmente ignorate. Anche il presidente dei vescovi italiani, il card. Ruini, qualche giorno fa aveva posto all'ordine del giorno con insistente risolutezza una serie di questioni, le solite, che stanno a cuore alla Cei: i contributi alle scuole cattoliche, l'occupazione, la difesa della famiglia, i diritti civili e giuridici dell'embrione, il no a una legge suU'inseminazione etcrologa e sulla legalizzazione delle droghe leggere. Ma anche qui non è accaduto nulla di nulla. I miliardi per le scuole rimangono bloccati, l'embrione resta l'embrione, le temute leggi marciano e così via. Non solo, ma la classe politica (con il sistema dell'informazione *'al' seguito)' ha platealmente seguitato ad appassionarsi alle consuete e scoraggianti fumisterie virtuali e bicamerali. Quanto di più distante e separato dai temi su cui la Cei e l'Osservatore battono e ribattono da anni, senza riscontri, con lamentazioni e rimproveri ormai vagamente surreali sullo stato di «umiliante sudditanza» dei cattolici. L'operoso trionfalismo dell'Anno Santo, viceversa, ha fin qui suscitato e continua a suscitare nei politici italiani un tale entusiasmo e un tale incoraggiamento da insospettire all'unisono Scalfaro (che conosce i suoi polli) e Ratzinger, preoccupati per una plausibile commercializzazione e «paganizzazione», al limite, di un Giubileo che travolga tutti. Tra parole al vento e concretezza di affari, procede intanto il tran tran politico e diplomatico fra le due sponde del Tevere. Da entrambi le parti si vive un po' di ricordi, bisbigli, sfumature, relazioni non sai mai bene quanto vantate, camuffate, nascoste, millantate. Almeno a occhio nudo, nulla si scorge di particolarmente esaltante. I codici restano quelli felpati di un tempo, cambiano semmai i veicoli di propagazione. Così tocca oggi alla «Velina rossa» di valutare se il recente interventi- smo papale è della Céi rientri in un «vero q proprio^ disegno politicq d'Oltretevere che darebbe il crisma ufficiale all'operazione BerlusconiCossiga. Secondo le nostre informazioni - si poteva leggere l'altro giorno sulla voce ufficiosa di Botteghe Oscure - telefonate importanti sono intercorse tra personaggi del Vaticano e alcuni uomini politici della maggioranza. In questi colloqui si è smentita la possibilità di un'iniziativa d'Oltretevere e nessuno ha mai avuto l'autorizzazione ad affermare il contrario». Monsignore, insomma, nega tutto. Come al solito. Ci mancherebbe che confermasse: l'anonimo monsignore conosce le furbizie dei politici; e quanto gli fa comodo attribuire con generica deferenza alla Santa Sede e ai suoi molteplici, supposti emissari tutta una serie di giudizi, riconoscimenti, mediazioni, suggerimenti e perfino veti su nomine al radiogiornale. E' un giochetto che va avanti dalla presa di Roma. Vatti a fidare delle misteriose formule con le quali nei Palazzi Apostolici si valuta il rapporto con la politica italiana e dintorni. Fino a qualche tempo fa andava molto la «neutralità attiva», più di recente è riuscito il «progetto culturale», che sembra aver un qualche non meglio precisabile rapporto con la «federazione del sociale». Ma è vero o non è vero, nel frattempo, che per l'entrata di Forza Italia nel partito popolare europeo si sta discretamente adoperando il nunzio apostolico presso l'Unione europea? E che cosa voleva dire, alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni a Montecitorio, quella «santa audacia» a suo tempo invo- cata dal cardinale Segretario di Stato Sodano sulle riforme istituzionali? E D'Alema? Per due volte s'è detto che stava per essere ricevuto, per due volte arrivederci e grazie. Né aiuta la lettura dell'Osservatore, pur con i periodici strali su Bossi e Di Pietro. E spesso anche sul governo: «sconcerto», «delusione», «stupore», «sfiducia»; i toni di Prodi «sferzanti»; il clima politico «plumbeo» o «d'inquietudine»; la maggioranza «instabile» o «variegata»; la politica «di basso profilo»; le previsioni «sbagliate»; i sacrifici chiesti ai cittadini «sensibili». Con il che si capisce che la Chiesa si sente emotivamente all'opposizione. Ma non si capisce bene perché, e soprattutto cosa intende fare, come ritiene di far pesare il suo indubbio prestigio. E così, in mancanza di orizzonti degni di questo nome, l'unico punto fermo rimane la più evidente no¬ stalgia del cardinal Ruini per l'unità politica dei cattolici. Dopo averla frequentata, amata, sostenuta, criticata, minacciata, rimproverata e dopo aver tentato oltre ogni ragionevole speranza di rianimarla, a sei anni da Tangentopoli il presidente della Cei non è ancora riuscito intimamente a rassegnarsi alla scomparsa della de. Questa sua mancata presa d'atto, insieme alla più oggettiva considerazione che i democristiani (con relativi voti) non sono scomparsi, costituisce la base teorica della linea ruiniana dell'«unità sui valori». Che è facile a dirsi, ma difficilissima a realizzarsi - anche perché evidentemente la classe politica cattolica stenta a riconoscerli, questi bendetti valori, o li riconosce solo a parole, o se n'è trovati altri, o chissà. L'impressione anzi è che più cresce il contenzioso a livello sociale e parlamentare, più emergono anche sui media temi su cui eventualmente convergere come un sol uomo (dalla 194 all'assegnazione di case, dagli immigrati al Viagra, dai programmi scolastici all'indennità di disoccupazione), insomma, più aumentano le opportunità e meno si ritrovano insieme i 176 parlamentari ex de disseminati nei due poh. Cessata l'unità politica, servirebbe qualcosa di più radicale, di più generoso, di più originale, di più coraggioso. Servirebbe - ma questo non è esattamente degli uomini sentire e far sentire il soffio dello Spirito. Invece ci si lascia schiacciare su una politica rasoterra che prevede l'annosa conta dei cardinali che stanno con l'Ulivo (Martini, Silvestrini) o con il Polo (Biffi, Sodano). Come pure, sulla scorta delle pur rispettabili malinconie del presidente della Cei, si finisce a sognare o ma¬ gari pure a sollecitare quella specie di entità geometrico-universale, quella sorta di aprioristico spazio politico che sulla base di certe suggestioni di Gava e Scotti ha nome Grande Centro. Che nel caso specifico sarebbe la chiamata a raccolta di tutte le forze intermedie e moderate poste in libertà dall'auspicato sgretolamento dei poli. Il tutto, però, espresso con una tale cautela, al di là del Portone di bronzo, e con una così apparente indifferenza, da trasmettere all'esterno la più classica e sconfortata sensazione di «vorrei ma non posso». Eppure, questo desiderio inespresso è il terreno ideale per la fioritura di quel nuovo e già invecchiato genere giornalistico che periodicamente si riassume nella formula assertiva, e talvolta perfino esclamativa: «Sta rinascendo la de! Con la benedizione del Vaticano». Si tratta di iniziative all'insegna di tutto, in realtà, e del contrario di tutto. Si parte da un appartato convegno di intellettuali nel monastero extraterritoriale delle monache brigidine a piazza Farnese e si rischia di arrivare a una rimpatriata di avellinesi in casa Gargani, attorno a una bottiglia di vino di Atripalda. Passando, sempre con il preteso suggello ecclesiastico, per il documento teorico dell'ex banchiere Capaldo e per il fallimento editoriale ànìl'Informazione; senza dimenticare i tentativi di Piccoli, la peripezie di Buttigliene e - non ultime - le ambizioni di D'Antoni che con la «Grande Cisl» o «Cosa bianca», a parte l'orrore dei nomi, sta cercando di mettere assieme alcuni dei movimenti (Acli, Mei, quel che resta della Compagnia delle Opere) che fino a qualche tempo fa si sarebbero normalmente azzuffati. Non sembra questo dell'ipotetica e riciclata «ricomposizione», in effetti, il punto cruciale. E non solo perché al dunque la diaspora cattolica e post-de non solo prosegue, ma al ppi di Marini (e di Prodi, un po'), al ecd di Casini, al edu di Buttiglione e al patto Segni si sono aggiunti di recente il cdr di Mastella e l'udì- di Cossiga. Non è pensabile che l'ex picconatore, oltretutto già protagonista di memorabili polemiche con la Cei, o un Berlusconi artificialmente democristianizzato riescano a invertire una situazione di vero disagio. Più che politica sembra una questione di meta-politica, che non è il suo contrario, ma quasi. Secondo il presidente del Cnel De Rita c'è nella società una grande domanda, sommersa e inespressa, di orizzonti etici, di valori nel senso autentico del termine, di significati profondi che ridiano una speranza e un'anima alla politica. «Quando si avvertono queste necessità, la Chiesa di solito arriva prima degli altri. Ma richiamandosi a cose vecchie rischia di dare risposte a vuoto». Altro che de. Avesse dieci anni di meno, confessa De Rita, gli verrebbe la voglia di far rinascere l'ideale guelfo. Povera cosa illusoria, al confronto, è il Grande Centro, la «nuova» de. Diversi studiosi del movimento cattolico, come Giovanni Tassani, sostengono che si tratta di «polveri bagnate»: «E' tempo di semina, semmai, non di raccolta». L'unità politica non tornerà. Ruggero Orfei, che all'epilogo de ha dedicato un libro difficile e interessante [Anni di latta, Marietti) dice che «finché non si sarà chiarito quel che è successo, è impossibile pensare di ricominciare». Lo scrittore Vittorio Messori è, ragionevolmente, ancora più drastico. La Chiesa è messa molto peggio di quel che gli stessi laici possano sospettare: «Cinquanf anni di de sono finiti nel disonore e nella vergogna senza che nessun vescovo abbia tentato un esame di coscienza. Il predominio di un partito che si proclamava cristiano, che nel suo simbolo aveva la croce e le cui liste elettorali per alcuni decenni sono state fatte nelle parrocchie è caduto proprio là dove non doveva cadere, sul terreno etico, nel silenzio di tomba delle gerarchie, lasciando un paese più scristianizzato che mai». Più in generale, il futuro lascia intravedere scenari fino a ieri impensabili: «Lo Stato nazionale è al tramonto, la Chiesa-istituzione è allo sbando, prigioniera di una predicazione moralistica. Questa partita secolare sta finendo per l'esaurimento dei due contendenti, lottatori ormai estenuati...». Viene da riaprire le ultime pagine di Jemolo: «Sul fresco cielo di giugno, appena lavato dalla pioggia, ti ergi dinanzi ai miei ocelli, cupola di San Pietro... Un secolo: la passione di tre, forse quattro generazioni; l'affermarsi e il dissolversi delle tavole del liberalismo; l'inattesa realizzazione di un partito guelfo a cento anni dal crollo delle speranze neo-guelfe: breve momento, piccola storia, nell'eterna storia dei rapporti tra umano e divino». Filippo Ceccareili La Quercia non crede che esista un piano prò Berlusconi-Cossiga Ma la diaspora degli ex democristiani si allunga sempre più II quotidiano vaticano «emotivamente» è all'opposizione Cardinale Camillo Ruini Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cardinale Angelo Sodano Segretario di Stato della Santa Sede Giuseppe De Rita Presidente del Cnel
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