Prove tecniche di Giubileo

Prove tecniche di Giubileo Per rincontro con i movimenti e le comunità ecclesiali il pontefice ha voluto rinunciare all'auto blindata Prove tecniche di Giubileo Duecentomila per il Papa, Roma in tilt CITTA' DEL VATICANO. E alla fine la prova generale del Giubileo c'è stata, alla vigilia di Pentecoste, con il Papa che ha percorso la sua piazza San Pietro su macchina scoperta senza la protezione del vetro antiproiettile, con i fedeli protesi a toccarlo, arrivati in treno e pullman. Duecentomila secondo le stime più veraci, trecentomila per gli entusiasti, addirittura mezzo milione secondo «L'Osservatore Romano», dall'Italia ma anche dai Paesi europei, dalla Polonia, dall'Asia, dal Messico, hanno riempito piazza San Pietro, fino a invadere via della Conciliazione, guardati a vista da vigili, polizia e carabinieri, in uno spiegamento di forze che Roma non ha mai visto, con tanto di parcheggi obbligati per i tremila pullman, treni navetta e percorsi a piedi per arrivare intorno al Vaticano. Costruita nella notte un'isola pedonale grande quanto un immenso triangolo, con base via della Conciliazione, un lato disegnato da via di Porta Angelica, inglobando piazza Risorgimento per arrivare a tutta via Ottaviano, e da lì la diagonale fino a Castel S. Angelo, all'altra estremità di via della Conciliazione. Prove tecniche di Giubileo riuscite quanto a organizzazione e contenimento dei pellegrini, un po' meno per il traffico, con code sul raccordo anulare e le vie consolari al mattino e a sera, intasamenti sui lungotevere e nel centro storico. Per ore è durata l'attesa del Papa, entrato in piazza venti minuti dopo le cinque; un'attesa ingannata con accampa- menti provvisori per pranzare e con i gruppi che cantavano e ballavano, con un contagio di festa e allegria. Giovani soprattutto, tantissime le famiglie e anche anziani; tra tutti spiccavano gli striscioni dei neocatecumenali, dei focolarini, del rinnovamento carismatico, punte di diamante dell'esplosione dei movimenti che si è prodotta nella Chiesa dopo il Concilio. Significativa anche la scelta di chi far parlare davanti al Papa: prima Chiara Lubich, fondatrice dei focolarini diffusi in tutto il mondo e specializzati nel dialogo ecumenico, poi Kiko Arguello fondatore dei neocatecumenali nel 1964 tra i baraccati di Madrid, quindi il francese Jean Vanier del movimento «L'Arche» e il don Giussani di Comunione e Liberazione, dei meeting di Rimini e degli attacchi al cattolicesimo di sinistra. Accadeva nella polemica infuocata degli Anni Settanta; alle soglie del Giubileo, la Chiesa insiste sul rinnovamento interiore dei focolarini, dei neocatecumenali, dei carismatici con le guarigioni. Evangelizzare qui è compito dei laici. La grande invenzione dei neocatecumenali si racchiude nelle piccole comunità e in un cammino di educazione alla fede che dura minimo otto anni e dopo chi si sente chiamato prende con sé moglie e figli, lascia casa e lavoro, si trasferisce laddove ci sia bisogno di un annuncio del Vangelo. Le «famiglie in missione» sono quasi un migliaio, sostenute economicamente dalle comunità di partenza. Grande soste- nitore dei movimenti è il Papa, che li vede come la punta di diamante della nuova evangelizzazione che è il programma di tutto il pontificato; sostenitore dei neocatecumenali è il segretario del Papa, quel don Stanislao con cui essi hanno un filo diretto che annulla le perplessità di tanti vescovi, preoccupati di avere a volte una chiesa nella Chiesa. Un pericolo serio, e Kiko ha rivendicato spazi di azione: «senza Pietro non potremo andare avanti». Un pericolo che Giovanni Paolo II conosce ed ha affrontato: la Chiesa - ha detto - è sospesa da sempre, tra due anime, quella profetica e quella istituzionale. «Ciò non ha mancato di suscitare interrogativi, disagi e tensioni; talora ha comportato pre- sunzioni e intemperanze da un lato, e non pochi pregiudizi e riserve dall'altro». Ma adesso «si apre una tappa nuova», «una sfida», «la Chiesa si aspetta da voi frutti maturi di comunione e di impegno». «Nei movi¬ menti e nelle nuove comunità avete appreso che la fede non è discorso astratto, né vago sentimento religioso, ma vita nuova in Cristo suscitata dallo Spirito Santo». Incontenibile l'entusiasmo: le difficoltà non sono certo superate, ma appaiono su un altro piano, anche all'anziana signora in via della Conciliazione, seduta su un banchetto sormontato da una croce di legno. I giovani seguono attenti il Papa quando ricorda che i vescovi devono vigilare: «nella confusione che regna nel mondo d'oggi è così facile sbagliare» e allora «non manchi mai l'elemento di questa fiduciosa obbedienza ai vescovi». Wojtyla guarda, con la mano tremante e l'occhio sinistro a tratti chiuso: è consapevole dei rischi ma anche del Giubileo in dirittura d'arrivo; evangelizzare il mondo è la sfida che si è prefisso, fin da quel 16 ottobre 1978, quando lo Spirito, lo stesso della Pentecoste, scelse lui. Luca Tornasi Okay l'organizzazione dei pellegrini Nel caos il traffico La folla ieri a San Pietro e il papa sull'auto senza protezioni

Persone citate: Chiara Lubich, Giovanni Paolo Ii, Jean Vanier, Kiko Arguello, Luca Tornasi, Wojtyla

Luoghi citati: Asia, Citta' Del Vaticano, Italia, Madrid, Messico, Polonia, Rimini, Roma