«La macchina va, fateci lavorare» di Ugo Bertone

«La macchina va, fateci lavorare» e a Fazio che lo critica sulle tasse: «Giusto, ma qui si governa solo con la concertazione» «La macchina va, fateci lavorare» Prodi a Milano: troppa gente vede sempre nero MILANO. «Ci sono le condizioni per un periodo di sviluppo senza inflazione...». Non sono promesse da poco quelle che Romano Prodi lancia davanti ai militanti lombardi dell'Ulivo, circondato da Walter Veltroni e ben sette altri ministri della coalizione. «Un periodo di molti anni - aggiunge - simile a quello che hanno attraversato gli Stati Uniti negli ultimi otto anni, un processo sano che ha permesso di assorbire la disoccupazione». Pochi chilometri più in là, in quel di Arcore, Silvio Berlusconi sta affossando la Bicamerale. In mattinata il governatore Antonio Fazio non ha lesinato tirate d'orecchie alla politica economica del governo. Prodi va dritto per la sua strada, profondendo ottimismo a piene mani («da mattina a sera, in questo Paese, c'è troppa gente che si diverte a tracciare scenari da disastro») ignorando le sortite del Polo e replicando, con cortesia, ma senza cedimenti, a Fazio: lasciate lavorare il governo, per il bene di tutti, avverte il premier; e al Governatore risponde: i rilievi sono giusti, ma questo Paese si governa solo con la concertazione e il consenso delle parti sociali. Certo, le tasse caleranno (due punti in due anni) e l'eurotassa verrà restituita, ma andare oltre non sarà possibile. «E non è colpa mia - replica con foga - se ho trovato il debito pubblico al 121 % sul pil quando sono arrivato al governo». Le pensioni, forse, verranno riviste («ma c'è tempo fino al 2012, perché fino ad allora la pressione sul sistema non muterà...», precisa). E sul lavoro, il premier è drastico. «Prendo in considerazione - aggiunge - il richiamo di Fazio alla flessibilità del lavoro perché c'è un esplicito richiamo alla salvaguardia dei redditi e alla protezione sociale». «Guai a dimenticarci - chiude - la tutela dei più deboli. In quel caso sarebbe impossibile governare l'Italia». La strategia della ripresa, è il senso della replica di Prodi, è già avviata: ormai, ammonisce Prodi, al Sud il lavoro costa meno che altrove, solo Portogallo e Grecia costano meno di noi. La macchina sta per prendere velocità, insomma, purché la si lasci lavorare... «Siamo arrivati ad una svolta spiega -, se si mantiene fermo il programma impostato, abbiamo tutte le possibilità per riuscire ad aggredire il problema della disoccupazione. In passato ho legato la mia permanenza a palazzo Chigi con l'obiettivo di centrare l'Euro. Posso ripetere la scommessa con la disoccupazione, anche se, nel frattempo, la legislatura finirà di suo...». Bicamerale o no, insomma, il governo deve tirar dritto, per sfruttare il vento in poppa di una congiuntura favorevole: bassa inflazione, bassi tassi, investimenti in arrivo. E così Prodi lascia a Veltroni il compito di intervenire sul capitolo delle riforme. «Ci auguriamo dice il vicepresidente del Consiglio - che emerga una riforma che consenta più stabilità e più bipolarismo. Oggi un solo sistema elettorale ci pare adeguato a favorire il bipolarismo, ed è il maggioritario. E lo dico mentre si sente una, una non dichiarata ma pericolosa nostalgia per il proporzionale...». Prodi approva con vigore e passa ai suoi temi preferiti, distribuendo elogi anche all'op- posizione: ad Albertini, interlocutore obbligato ma anche apprezzato, a giudicare dai toni; all'Assolombarda che ha lanciato il progetto di gemellaggio con Crotone. «Lo sviluppo del Sud - dice con foga, parlando a braccio - non può che passare da qui, da Milano, il cervello pensante del Paese. L'ha capito Kohl che ha parlato con ammirazione di Milano. Dobbiamo capirlo anche noi. L'importante è riprendere a costruire, a progettare». Come? «Deve decollare il progetto del¬ la piazza finanziaria. E poi bisogna far ripartire la ricerca. Solo adesso è possibile perché prima, chi andava ad investire in un Paese diverso, isolato? E poi devono cambiare le professioni: vogliamo farci invadere da avvocati e commercialisti stranieri? E i bambini...». I bambini? «Scusate, parlo a braccio. Ma la settimana scorsa un premio Nobel Usa mi ha chiesto: perché fate così pochi bambini? E' l'insicurezza, credo, l'incapacità a progettare il nostro futuro. Ma questo deve cambiare, anche a costo di provocare i mugugni di qualcuno, di chi vede lesi i suoi interessi legittimi». «Ma - e qui Prodi conclude - l'abbiamo imparato a nostre spese che non tutti gli interessi pur legittimi vanno difesi. Una società deve saper scegliere, per andare avanti». Ed è questo il bipolarismo che piace a Prodi, in questa primavera, la prima del dopo Euro, comunque non facile per l'Ulivo. Ugo Bertone Il premier Romano Prodi con il suo vice Walter Veltroni Ieri a Milano