Clinton: fermiamo la catastrofe di Franco Pantarelli
Clinton: fermiamo la catastrofe Secondo i servizi segreti americani le deflagrazioni nel deserto pachistano sarebbero state in tutto solo due Clinton: fermiamo la catastrofe Ma la Cia è scettica sul numero dei test NEW YORK NOSTRO SERVIZIO La reazione ufficiale americana al nuovo esperimento nucleare pachistano è stata una specie di copia sbiadita di quella di tre giorni fa. Bill Clinton non è apparso in pubblico con la faccia scura e si è limitato a far diffondere una dichiarazione di condanna contro questo «ciclo autodistruttivo» messo in moto da India e Pachistan. Gli esperimenti nucleari, dice la dichiarazione, «servono solo ad aumentare la tensione in una regione del mondo già precaria». Poi, solito auspicio a che i due Stati poi-gano fine alla loro corsa e «compiano passi concreti per diminuire la tensione». Un Clinton in tono minore, per così dire, forse sconsolato dal fatto che la sua azione frenetica, neU'imminenza delle esplosioni pachistane di tre giorni fa, non aveva avuto nessun effetto. Stavolta, che si sappia, non c'è stata nessuna «intensa telefonata» con il primo ministro pachistano (la promessa di aiuti e la minaccia di sanzioni erano già state «spese» l'altra volta) e del resto non è neanche chiaro se i servizi segreti siano riusciti a sapere in anticipo delle nuove esplosioni. Azione «diretta» limitata, dunque, ma azione «larga» accentuata. Madeleine Alhright, hanno fatto sapere i suoi portavoce del Dipartimento di Stato, ha già compiuto dei passi per arrivare a una riunione dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Orni (Usa, Russia, Cina, Inghilterra e Francia) per vedere se è possibile un'azione comune nell'ambito delle Nazioni Unite. Le possibilità di ajrivare aqùSlcosa di concreto sono poche perché l'influenza che è possibile esercitare sui due Paesi ri vali da sempre è «molto limita ta», dicono gli stessi portavoce della Albright, «tuttavia abbiamo il dovere di provarci e di restare in contatto con loro, spe rando di rovesciare questo processo prima che sia troppo tar di». Così, è stato deciso che l'ambasciatore americano in India torni a New Delhi (era stato richiamato a Washington due settimane fa come «segnale» del disappunto americano), mentre quello a Islamabad non è stato neanche richiamato. Un certo margine di manovra gli uomini del Dipartimento di Stato lo vedono nella disponibilità che India e Pachistan hanno mostrato, almeno a parole, di arrivare a un accordo di «non sparare per primi». Washington vuole lavorarci su ed è per questo che si è deciso che gli ambasciatori è bene che stiano ai loro posti. I servizi segreti americani, intanto, stanno cercando di dimostrare che la loro incapacità di prevedere ciò che stava accadendo è in qualche modo bilanciata dalla loro capacità di analisi «a posteriori». E questa dice che le esplosioni dell'altro giorno non sono state cinque, come i pachistani hanno detto, ma forse una sola, e neanche tanto potente. «Non più di due kilotoni», ha detto una fonte del Pentagono, mentre la valutazione iniziale era stata di 18 kilotoni, vale a dire la potenza della bomba di Hiroshima, che a tutt'oggi rimane l'unico, spaventoso termine di paragone. Quanto all'aumentata tensione fra India e Pachistan, i satelliti americani dicono che almeno per ora è limitata alle parole: nessun insolito movimento di truppe è stato osservato - ha fatto sapere la Cia nella regione del Kashmir, cioè il territorio per il controllo del quale i due Paesi hanno già combattuto tre guerre negli ultimi 50 anni. E per quanto riguarda la possibilità di nuòvi esperimenti nucleari, da parte dell'uno o dell'altro, la Cia sembra tranquilla: «Loro hanno detto di avere completato i programmi e noi non abbiamo ragione di dubitarne», ha detto una fonte, ovviamente anonima. Franco Pantarelli I Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton
Persone citate: Albright, Bill Clinton, Clinton, Madeleine Alhright
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