Occupazione, la flessibilità non basta
Occupazione, la flessibilità non basta Occupazione, la flessibilità non basta Sondaggio: ci vogliono infrastrutture e credito SROMA E ammettiamo che la ragione stia nel mezzo, allora bisogna cominciare da un Giuseppe De Rita che esce frettolosamente dalla Sala Rossa di Palazzo Koch. Professore, funziona «l'equazione salari ridotti uguale maggiore occupazione»? «E' semplice come tutte le ricette di questo tipo - risponde il presidente del Cnel - può essere una soluzione, ma certo non basta. Si è visto negli ultimi quarant'anni che i problemi dello sviluppo, soprattutto nel Mezzogiorno, sono più complessi, e quindi richiedono strategie più complesse». Bisogna fare molto di più, dice. E scappa via. Il governatore Fazio ha appena finito di parlare di flessibilità, della necessità di adeguare il costo del lavoro alle condizioni dell'economia. Gli industriali gongolano, e ricordano la formula rilanciata da Franco Marini (e appoggiata da Massimo d'Alema) convinto che riducendo il salario si possa favorire la creazione di nuovi posti. Fassa Ivano Spalanzani, presidente della Confartigianato, e boccia l'idea. «No, sarebbe un errore - spiega - non si può pagare uno che lavora otto ore a Catanzaro meno di uno che fa lo stesso a Modena o Verona. Non è un sistema. Servono invece le infrastrutture, al Sud mancano i capannoni... Occorre creare le prospettive per i nuovi' insediamenti e dire alla gente dove può trovare un lavoro». Gianfranco Imperatori, presidente del Medio- credito Centrale, sta gestendo quattro contratti d'area. Secondo lui funzionano: «Con dei salari più contenuti si crea un sistema più competitivo, si invitano le imprese dei Nord ad utilizzare le opportunità del Sud». E poi: «C'è bisogno di un comparto bancario più efficiente, cosa che passa anche per una differente politica fiscale. Il sistema creditizio deve favorire investimenti, diventare il collante fra Nord e Sud». «La disoccupazione in Europa è provocata dalla rigidità salariale» sentenzia un tranquillo Innocenzo Cipolletta. «Se il salario è lo stesso per tutti - avverte il direttore della Confindustria - varrà sia per le zone dove non c'è lavoro che per quelle dove ce n'è». Morale: viene meno l'equilibrio del sistema. Sorride a questo punto, Gianmaria Gros-Pietro, presidente dell'Iri che qui sfodera tutto il suo stile professorale e riporta la palla a metà campo. «Se si abbassa il livello del costo del lavoro - dice - si può favorire la creazione di nuovi posti, ma non garantirla». Come De Rita, il docente punta il dito sull'esigenza di «misure più solide, sul miglioramento della capacità progettuale delle amministrazioni locali, sull'ambiente di lavoro delle imprese». Serve un impianto composito di misure, assicura, serve anche la flessibilità come dice Fazio. Su questo, per ora, sembrano comunque essere quasi tutti d'accordo, [r.e.s.]
Persone citate: De Rita, Fassa, Franco Marini, Gianfranco Imperatori, Gianmaria Gros-pietro, Giuseppe De Rita, Innocenzo Cipolletta, Ivano Spalanzani, Koch
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