«La Banca d'Italia non chiude» Ma a decidere sarà Francoforte di Roberto Ippolito

«La Banca d'Italia non chiude» Ma a decidere sarà Francoforte «La Banca d'Italia non chiude» Ma a decidere sarà Francoforte IL CASO aROMA UI tutto è sacro. Perfino l'ascensore di Palazzo Koch, sede della Banca d'Italia in via Nazionale, fa capire che c'è qualcosa di maestoso. Quando le porte stanno per aprirsi, un altoparlante annuncia solenne: «Primo piano nobile». Proprio così: nobile. E' in questo piano così particolare che si celebra, per la centoquattresima volta, l'assemblea annuale dell'Istituto e il governatore Antonio Fazio, legge le «considerazioni finali», il rapporto sullo stato dell'economia italiana. Ma questa volta negli austeri corridoi, fra banchieri e imprenditori invitati, si respira un'aria da fine di un rito, quasi da cerimonia di addio: è logica questa sensazione? E da cosa nasce? Tutto deriva dall'avvicinarsi di una data: domani primo giugno si insedia a Francoforte la Banca centrale dell'Europa, creata insieme all'Euro, la moneta unica, e il nuovo organismo assorbirà parte delle funzioni delle banche centrali nazionali, italiana compresa. «L'anno prossimo ci vediamo a Francoforte, non in via Nazionale» scherzano in tanti, alludendo al fatto che il potere monetario si trasferirà verso la Bce. E quando Fazio legge le 38 cartelle delle sue «considerazioni» ad ascoltarlo in prima fila c'è Tommaso Padoa Schioppa, che è stato direttore generale di BanMtalia e nell'ultimo anno presidente della Consob. E che da domani siederà nel direttorio della Banca centrale europea: toccherà a Fazio ascoltare Padoa Schioppa? Sin dalla prima frase della prima cartella, il governatore ricorda la novità dell'Euro e le sue conseguenze: in Europa il tasso di interesse «sarà muco», fissato dalla Bce e non una per una dalle banche nazionali; «il nuovo contesto europeo non modificherà i compiti» di vigilanza sul credito, supervisione dei mercati e tutela della concorrenza fra le banche; «si fa più intenso l'impegno di ricerca e di analisi economica» della Banca d'Italia. Con orgoglio, Fazio rivendica quindi per sé un compito ancora fondamentale. Palazzo Koch, cioè, non chiude. Ed è d'accordo il presidente d'onore della Fiat Giovanni Agnelli, seduto in prima fila: «Bankitalia - sostiene - non diventerà un ente inutile. Conserverà i poteri di vigilanza. Non si sono mai visti dei banchieri centrali che fanno un accordo per diminuire il proprio ruolo». Allora l'anno prossimo il rito dell'assemblea non perderà importanza? Giorgio Fossa, presidente della Confindustria, lo crede: «Non vedo cambiamenti in vista per il ruolo di Bankitalia che resterà quello consueto, anche per il prossimo anno». Un po' diversa l'opinione di Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli: «Il ruolo da oggi cambia, ma attenzione perché questo non significa che la Banca d'Italia scompare. Piuttosto che si evolve. Anche il prossimi anno saremo qui ad ascoltare le considerazioni finali di Fazio». Chi, in ogni caso, non ci sarà è il governo, come vuole la prassi in segno di rispetto per l'autonomia dell'autorità monetaria. Ma già quasi un anno fa, il 27 giugno 1997, in un momento caldo dei rapporti con la Banca d'Italia, il presidente del Consiglio Romano Prodi non aveva rinunciato a una frecciata: «Bankitalia - disse - diventerà (forse uso una parola troppo forte) una filiale della Banca centrale europea». Ma allora come stanno le cose? Bankitalia non diventa un ente inutile, come dice Agnelli? O si trasforma in organismo «regionale»? E lavorare in via Nazionale sarà sempre il non plus ultra? Per ora è un fatto che negli ultimi tempi uomini di spicco hanno lasciato Bankitalia, come Fabrizio Barca, Luigi Guiso o Ignazio Visco. Un anno fa anche Padoa Schioppa aveva abbandonato, senza ovviamente avere la certezza di trovare poi posto ("rane accaduto) nel direttorio del. Jce. Che «cambierà tutto», come dice l'industriale Carlo De Benedetti, è un fatto certo, ma lo stesso De Benedetti avverte: «L'avvento della Bce però non eliminerà il ruolo delle banche centrali, anche se certo ne limiterà molto i confini». Tanto che Luigi Abete, ex presidente della Confindustria, definisce le considerazioni finali lette ieri «non le ultime di un'era, ma le prime del nuovo corso». E Sergio Cofferati, segretario Cgil, puntualizza: «Cambierà la Banca d'Italia, così come cambierà il sindacato; è inevitabile». E' invece categorico Nerio Nesi, responsabile economico di Rifondazione: «Inutile nasconderselo, dal '99 purtroppo le considerazioni del governatore verranno oscurate da quelle della Bce». E le autorità europee che ne pensano? Il commissario Mario Monti sintetizza così la situazione: «La politica monetaria sta per trasferirsi dal Tevere al Meno, da Roma a Francoforte, però proprio l'ottima relazione del governatore mostra come non venga meno, anzi sia sempre più importante, la funzione di coscienza critica e stimolo nei confronti della politica nazionale». Insomma i tradizionali severi moniti del governatore sono considerati ancora utili. Roberto Ippolito Tommaso Padoa Schioppa commissario italiano alla Bce

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