Fazio al governo: più lavoro, meno tasse

Fazio al governo: più lavoro, meno tasse L'ultimo monito del governatore sulla lira: «L'Euro è una decisione di portata storica» Fazio al governo: più lavoro, meno tasse «Servono salari ridotti al Sud e legati alle imprese» ROMA. Trecentomila posti di lavoro in più. in quattro anni, anziché i 6-700.000 promessi dal governo: per Antonio Fazio i numeri sull'occupazione non tornano. Il governatore della Banca d'Italia torna a chiedere salari più bassi nel Sud, dove i contratti d'area «sono soltanto una prima risposta». Sfuma «su un orizzonte più lungo» la richiesta di meno tasse. Di occasioni polemiche contro Prodi e Ciampi non ne tralascia nessuna, però afferma che la legge sulle 35 oro non sarà necessariamente nociva. Potrà essere sfruttata per accrescere, nel negoziato tra sindacati e imprese, la flessibilità del lavoro. Finalmente parla di Euro, Fazio che l'Euro preferiva non averlo: «una decisione politica di portata storica» che «può fornire un contributo determinante alla prosperità dell'economia mondiale». Ma non è già più una relazione del governatore della Banca d'Italia, questa. Ci si era abituati ad ascoltare, ogni anno a fine maggio, la coscienza critica dell'economia del Paese misurata attraverso l'onere della politica monetaria. Nelle «considerazioni finali» lette ieri davanti al solito pubblico sceltissimo, la politica monetaria è scomparsa. Tanto che nella chiacchiera interna della Banca, si scherzava sulle «considerazioni finali finali». E' come se la lira già non ci fosse più. Il percorso di riduzione del costo del denaro, fino al 4% e forse anche meno a fine anno è fissato; a Fazio spetta solo di stabilirne la cadenza esatta. Viene in mente la strausata immagine del sorriso doligatto di Alice, che c'era ancora quando già il gatto er^-SDB^tjOi^Fa^Q.Ji^jntjfiiua a fare la coscienza critica in parte per propria autorità, in parte a nome del «Sistema europeo di banche centrali», accostando spunti talvolta divergenti. I suoi moniti sono severi ma riguardano più la prospettiva che le immediate urgenze dell'anno. Sul momento, c'è relativamente poco di cui preoccuparsi. L'inflazione ha avuto nei mesi scorsi un lieve rialzo, ma le tensioni stanno rientrando (la media annua '98 si può prevedere attorno al 2%). La dinamica del costo del lavoro rallenta. I conti '98 dello Stato non sembrano fuori linea. Casomai, è la ripresa a viaggiare più piano di quanto desiderato: la crescita del. prodotto interno lordo nel-'98, che ieri l'altro alla Camera il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni aveva garantito del 2,5-3%, sarà secondo Fazio «non inferiore al 2%» (2,2-2,3% al massimo, precisano voci interne alla Banca). In prospettiva, molte cose non vanno. Il punto debole del «Dpef 1999-2001», il documento programmatico del governo, sta nelle cifre sull'occupazione. Qui Fazio ha attaccato senza pietà. Dai conti dei suoi esperti risulta che, sulla base dell'esperienza passata, «la crescita degli investmenti, della produzione e dell'occupazione sarebbe inferiore a" quella delineata. L'occupazione complessiva crescerebbe di poco più di 300.000 unità». Il governo giustifica una cifra doppia con cambiamenti «strutturali» della situazione; questi cambiamenti Fazio non li vede, perciò prova lui a proporli. Solo una più veloce crescita degli investimenti potrà dare i 6-700.000 posti di lavoro in più. Occorrono: «una riduzione del costo del lavoro nelle regioni dove più alta è la disoccupazione»; una maggiore «capacità progettuale della pubblica amministrazione (in periferia ancora più che al centro: Fazio, meridionale, non presta molto orecchio alle proteste Meridionali tìhe^danno tuttavia colpa a Roma); più sostegno agli investimenti privati. Guardando ancora più lontano, Fazio indossa per intero la casacca di membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Si fa interprete della linea prevalsa a Francoforte: l'unione monetaria richiede una accentuata flessibilità del costo del lavoro. Di suo ci mette l'idea di «forme di remunerazione variabile collegate alla redditività dell'azienda», che già esistono, ma devono estendersi decisamente. L'idea sulle 35 ore cerca di superare in avanti il contrasto: un limite di orario va bene se annuale e se ".«perfcttett# all'atticità produttiva di adattarsi alle esigenze stagionali e cicliche». Francoforte chiede di ridi¬ mensionare la spesa; e Fazio sostiene che il riequilibrio dei conti pubblici, pur «notevole», «richiede ora interventi strutturali». Ovvero, «i provvedimenti finora presi in materia sanitaria e previdenziale non sembrano in grado di frenare durevolmente l'espansione della spesa». Passa in secondo piano la proposta di ridurre il carico fiscale, poco compatibile con la pressione di Francoforte per ridurre il debito. E' tuttavia urgente un accordo europeo «per cooordinare il trattamento fiscale delle rendite finanziarie e del reddito di "impresa». m " ~ » Stefano Lepri «Sì alle 35 ore ma a certe condizioni Dpef troppo ottimista si creano soltanto 300 mila posti in più» «Pensioni e sanità richiedono interventi radicali I tassi possono ancora scendere» Il governatore Fazio legge le considerazioni finali all'assemblea della Banca d'Italia

Persone citate: Antonio Fazio, Ciampi, Prodi, Stefano Lepri, Walter Veltroni

Luoghi citati: Francoforte, Roma