L'ultimo mistero sui misteri d'Italia di Paolo Guzzanti

L'ultimo mistero sui misteri d'Italia L'ultimo mistero sui misteri d'Italia GNI tanto, con sempre minore passione, anzi fra qualche sbadiglio, qualcuno tira fuori la litania dei «misteri d'Italia». Dico litania perché c'è qualcosa di liturgico, artefatto, immobile in certe liturgie, citando tutti i misteri ingloriosi: piazza Fontana, nulla di fatto. Piazza della Loggia, poco di noto, strage di Bologna, mistero aperto, aereo di Ustica, fantasmi. E' per di più cresciuta una generazione di cittadini, quelli che oggi sono sotto i trenta, che di tutta questa roba sanno poco o nulla e quel poco solo per via cerimoniale, ripetitiva, fra ima citazione della Resistenza e una di Nino Bixio, l'anarchico Bresci e l'anarchico Valpreda, lo squadrismo degli Anni Venti e i neonazisti delle piste nere. Vale anche per noi giornalisti: quelli fra noi che si dedicarono all'intricato panorama di questi delitti furono detti «pistaroli» e trattati come malati mentali. Così, peggio dell'oblio che stende pietosi veli, rugginose e pesanti saracinesche di retorica hanno massacrato la verità e persino la • forza e la voglia di cercarla. Ma c'è di più: si nota, si palpa, si constata un vera voglia b sé no" san^e ^,partetdj,shi dovrebbe. Un desiderio di non smuovere le acque, di ,non agitare Ofango^d^cluu"dere la partita' seppéUenàóla sotto nuove e antiche litanie. E quindi, fuori dal coro, vogliamo ricordare che a Milano c'è un giudice che si chiama Salvini e che da anni è venuto a capo della madre di tutte le stragi: quella di piazza Fontana, sulla quale una generazione di italiani si è appassionata e accapigliata, più o meno come hanno fatto (e tuttora fanno) gli americani con l'omicidio Kennedy. Del giudice Salvini pubblicammo su questo giornale un'intervista poco più d'un anno fa. Un'intervista cautissima e quasi terrorizzata perché quel magistrato, senza dirlo, ci fece capire che la sua inchiesta era sgradita. Per quell'intervista il giudice ha anche ricevuto un avviso disciplinare, fatto inaudito in un'epoca di giudici che rivendicano a gola spiegata il sacrosanto diritto di dire e di non tacere. Ma così è. E quindi sembra che nessuno voglia più sapere nome e cognome degli agenti americani della Cia (i nomi sono negli atti e gli atti sono pubblici) che fecero da supervisori alla strage materialmente eseguita dai neofascisti di Ordine Nuovo, come già i valorosi magistrati D'Ambrosio e Stitz avevano detto. Salvini è arrivato alla probabile verità definitiva e completa facendo proteggere un ordinovista pentito, Martino Siciliano, il quale ha vuotato il sacco con nomi e cognomi di mandanti e manovali, e relativi riscontri. Qualche notizia di questa storia ogni tanto viene fuori e l'ultima è emersa qualche settimana fa quando, fra le sparizioni eccellenti di Licio Gelli e del mafioso Cuntrera, si dovette registrare sui giornali anche la scomparsa di questo Martino Siciliano. Costui, che ha lavorato finora^er e con ^tfipM modo determinante, di colpo si è pentito di èssersi pentito e si |/prerser^a,to in trjbunalg dove si è avvalso della ' facoltà di non dire più una parola. Quindi non ha voluto confermare in aula quanto aveva'detto ai giudici, è salito su un aereo e se ne è tornato in Colombia dove vive. Tutto ciò alla luce del sole, in perfetta legalità grazie al ripristino della legge che obbliga il testimone a testimoniare di persona, e tanti saluti a tutti. Dov'è lo scandalo? Nel fatto che tutto ciò sia considerato normale, anzi poco interessante. E non si sono mossi i servizi segreti, non ha avuto tempo (immaginiamo, per ora) il Capo dello Stato che è un uomo estremamente sensibile al vero e al giusto per dare una sferzata di energia a chi se ne sta seduto e una mano al giudice che è stato persino inquisito per aver fatto proteggere dai servizi dello Stato un testimone dello Stato che veniva a dire la verità sulla strage di Stato. Paolo Guzzanti

Luoghi citati: Bologna, Colombia, Italia, Milano, Ustica