LA CHIMERA DEL LAVORO SOMMERSO di Mario Deaglio

LA CHIMERA DEL LAVORO SOMMERSO LA CHIMERA DEL LAVORO SOMMERSO IL dibattito sull'economia italiana si nutre, ahimè, troppo spesso, di chimere. Per antica consuetudine, forze politiche e forze sociali ricercano accanitamente soluzioni semplici e miracolose, ben sapendo, in cuor loro, che non le troveranno mai. Si costruiscono così degli alibi per non affrontare davvero i problemi scomodi. Uno di questi alibi è, da anni, la lotta all'evasione fiscale, una lotta in realtà impossibile con le attuali forze e le attuali leggi finanziarie. Un secondo, venuto alla ribalta in queste settimane, è basato sulla convinzione che tutto si può risolvere facendo riemergere l'economia sommersa. Secondo uno stereotipo corrente, basterebbe eliminare evasione e sommersione perché i guai dell'Italia fossero veramente alla fine. Le cose, purtroppo, non sono così semplici e la convinzione che, per rimediare ai guai dell'economia, basti una «sanatoria», invocata da più parti per convincere lavoratori e imprese operanti in «nero» a mettersi in regola, è solo un'illusione. Essa si basa sull'ipotesi che la «sanatoria» sia una specie di assoluzione da concedere al peccatore pentito; e purché non pecchi più, gli si può fare un congruo sconto sulla penitenza, sotto forma di condono fiscale e contributivo. Troppe volte, però, il peccatore (sia esso datore di lavoro o lavoratore) non è affatto pentito, non ha alcun desiderio di smettere di peccare e farsi assolvere, non manifesta alcuna volontà di «riemergere»: per chi è vissuto abbastanza tranquillamente, spesso per lunghissimi anni, nell'economia sommersa, il fatto che la società sia disposta a rinunciare a punizioni, che è sempre riuscito a evitare, non rap- Mario Deaglio CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA

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