Il cittadino ostaggio del canone Rai. L'Esercito fra le polemiche

Il cittadino ostaggio del canone Rai. L'Esercito fra le polemiche AL GIORNALE Il cittadino ostaggio del canone Rai. L'Esercito fra le polemiche Storìa di una lotta contro un Leviatano La Rai è un'entità che guarda alla propria esistenza sotto la prospettiva dell'eterno. Questo Leviatano, che è nato con la consapevolezza di non dover più morire, ritiene di poter trascinare nella propria perennità anche noi poveri mortali che avemmo la ventura di contrarre un abbonamento tv e che chiedemmo più volte invano che venisse disdetto perché non intendevamo più avvalerci di quel servizio e, anzi, ci eravamo disfatti del televisore. Nel mio caso, quell'abbonamento, da cui, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dichiarai più volte di voler recedere, si configura come una sorta di affiliazione alla quale non è più permesso di rinunciare. Non avendo ricevuto risposta alla prima lettera già due anni fa, ne spedii una seconda e alla fine ne spedii una terza nella quale dichiaravo finalmente che, in mancanza di indicazioni su come recedere dall'abbonamento, e non essendo più in possesso di un apparecchio televisivo né della relativa antenna, interrompevo il pagamento del canone, non più dovuto. Mi sembrava una decisione onesta e leale. Io non intendo più avvalermi del mezzo televisivo per ricevere le informazioni, poiché preferisco impiegare il mio tempo nella lettura. Pensavo che la mia scelta andasse rispettata. Invece, sono arrivate le sollecitazioni e infine le minacce. Alle quali rispondevo ribadendo le mie ragioni e diffidando la Rai dal perseverare in questa forma di vessazione. Dopo un anno mi giunge dal Tribunale di Torino l'ingiunzione al pagamento del canone dei due anni nei quali sono rimasto felicemente privo di televisore, con gran giovamento degli occhi e dei neuroni. A questo punto non so più che fare. Faccio la seconda diffida, ma so che dovrei ricorrere ad un avvocato del foro di Torino, con una spesa ingente, che non mi sento di affrontare. Detesto l'idea del pignoramento. Pur non tenendo il te- levisore e avendo ragione, sono costretto a cedere e a pagare, con la sensazione di essere sottoposto ad una tassa ingiusta e non dovuta fino alla fine dei miei giorni e forse anche oltre. A parte il fatto che, se anche dovessi continuare a pagare per l'eternità, un televisore in casa mia, finché sarò padrone delle mie azioni, non entrerà, rimane una doppia ingiustizia: quella di un ente che, sentendosi onnipotente, non degna né di ascolto né di rispetto le esigenze dell'utente, e quella di un Tribunale, che, senza nemmeno predisporre un controllo e una verifica, emette una sentenza avendo ascoltato solo le ragioni di una parte e senza offrire tutela alcuna al cittadino, trattato come se fosse meno di niente. Desiderando far conoscere questo mio caso, rivolgo tramite il giornale una domanda, alla quale spero che mi giunga una risposta o un'indicazione da qualche parte: a chi ci si deve rivolgere per sciogliersi una buona volta da un impegno che ha tutta l'aria di possedere la stessa forza di mdissolubilità di un matrimonio? Concetto Baronessa, Siracusa Un museo del mobile? Sta già nascendo Ho letto con estremo piacere la notizia apparsa su La Stampa di sabato 25 aprile 1998 relativa al suggerimento fornito da Federico Zeri sull'allestimento di un Museo del Mobile. Un pensiero che condivido pienamente. Da anni dedico tutte le mie forze alla realizzazione di quello che oltre ad essere l'ideale di Pietro Accorsi è anche il mio: l'allestimento di una casa-museo in via Po 55 a Torino, che a lavori ultimati si presenterà come una ricca dimora settecentesca distribuita su un percorso di oltre duemila metri quadrati, di cui una parte sarà dedicata al collezionismo e la restante ai mobili ed alle suppellettili del Settecento e Ottocento. Per anni sono vissuto accanto a Pietro Accorsi, che mi ha trasmesso i valori fondamentali del- l'amore per l'arte, valori che oggi scarseggiano. Partendo da questa constatazione Pietro Accorsi ha avuto la felice idea di creare una fondazione, ed io intendo portarne a compimento il desiderio nel più breve tempo possibile. cav. Giulio Ometto, Torino Presidente della Fondazione Accorsi Il ruolo del gen. Ardito In riferimento alla lettera del Tenente Colonnello. Salvatore Parisi, apparsa su La Stampa del 22 maggio, nella quale l'Ufficiale afferma che il Generale Ardito avrebbe rappresentato il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, si precisa quanto segue. Alla cerimonia di consegna delle onorificenze alle vedove dei caduti tenutasi il 9 maggio a Viterbo alla presenza del Comandante dell'Aviazione dell'Esercito, Maggior Generale Silvio Torre, e del Comandante dei Supporti delle Forze Operative Terrestri, Maggior Generale Maurizio Cicolin, il Genera¬ le Giuseppe Ardito ha partecipato alla cerimonia quale Autorità di Vertice competente in quanto Comandante delle Forze Operative Terrestri nel cui ambito è inquadrata anche l'Aviazione dell'Esercito ove prestavano servizio i militari caduti nel tragico evento del 6 agosto 1997. Dal primo ottobre 1997, infatti, il Generale Ardito comanda le Forze operative Terrestri (Foter) da cui dipendono direttamente il Comando Forze di Proiezione (già terzo Corpo d'Armata), il Comando Truppe Alpine (già quarto Corpo d'Armata), il Primo Comando Forze di Difesa (già quinto Corpo d'Armata), il Secondo Comando Forze di Difesa e il Comando dei Supporti delle Forze Operative Terrestri. Magg. Enrico Mattina Verona Il Capo Sezione Informazione Pubblica. Comando Forze Terrestri Alleate Sud Europa Un'inchiesta ancora aperta Ho letto con molta attenzione l'articolo a firma del tenente colonnello Parisi, apparso venerdì scorso su La Stampa. Un'attenzione molto particolare poiché sono un ufficiale in servizio proprio presso quel vituperato Stato Maggiore dell'esercito che non avrebbe finora fornito notizie non solo sul disastro aereo del 6 agosto 1997, quando nella caduta di un nostro elicottero dell'Orni persero la vita - tra gb altri - il capitano Sgrò, il capitano Parisi, il maresciallo Gatti e l'appuntato dei Carabinieri Forner, ma anche sui provvedimenti penali ed amministrativi a carico dei responsabili, sulla corresponsione della pensione di guerra, sul pagamento dei danni e sul conferimento ai caduti di una decorazione al valor militare. Ben presto tuttavia la sorpresa iniziale ha lasciato posto ancora una volta al dolore per i familiari di quelle vittime, ai quali nessuno potrà purtroppo restituire l'affetto dei propri cari, ma anche a tanto rincrescimento. Proprio così. L'autore dell'intervento dovrebbe sapere infatti che la risposta alle sue aspettative non può che derivare dagli esiti di inchieste, condotte dalla magistratura ordinaria e da quella militare, che sono ancora in corso e su cui vi è riserbo. Il rammarico tuttavia più grande consiste nel fatto che u tenente colonnello Parisi, parlando di «scherno» delle istituzioni nei confronti dei poveri caduti, ha voluto disconoscere tutti i contatti avuti, sin dal tragico accaduto, con lo Stato Maggiore dell'esercito e con l'unità alla quale appartenevano il figliuolo ed i suoi sfortunatissimi colleghi. Contatti, impostati sul massimo rispetto (o, almeno, così ho sempre ritenuto), che hanno permesso, non ultimo, di assicurare in breve alle famiglie colpite tutta l'assistenza economica dovuta, «bruciando» i tempi scanditi dalla lenta burocrazia. Quegli stessi contatti avuti anche nei giorni scorsi e che hanno consentito - all'inizio di questa settimana - ad alcuni f amiliari delle vittime, tra cui il colonnello Parisi, di recarsi sul luogo del disastro. col. Massimiliano Del Casale Roma Ma Buscaroli era direttore Nell'articolo di Mirella Serri pubblicato ieri su La Stampa col titolo «Buscaroli accusa"Sicuiano copia"», per un errore di trasmissione la frase «il critico ex-direttore del quotidiano napoleano II Roma» è diventata «il critico figlio di ex-direttore». Ce ne scusiamo con i lettori e con l'autrice. Le lettere Kyanno invic a: "LA STAMPA^ i Marenco 32,10126 TORINO fax Oli -6568924 e-mail lettere@lastampa.it