Soffiantini: difendo il blocco dei beni

Soffiantini: difendo il blocco dei beni «Ma servirebbe maggiore elasticità nei pagamenti controllati, per evitare la morte dell'ostaggio» Soffiantini: difendo il blocco dei beni L'ex rapito: positiva l'attuale legislazione ROMA. «L'attuale legislazione che disciplina l'attività di contrasto al sequestro di persona a scopo estorsivo è, a mio parere, positiva, con particolare riferimento al blocco dei beni». A pensarla così non è un ministro né un inquirente, ma Giuseppe Soffiantini, liberato nel febbraio scorso dopo otto mesi passati nelle mani dell'Anonima sarda. Un'affermazione per certi versi inaspettata, visto che i suoi famibari trovarono ostacoli di ogni tipo per far giungere ai banditi il riscatto che volevano pagare. Ostacoli frapposti proprio da quella legge che oggi Soffiantini difende con fermezza. «Revocarla - dice ancora l'industriale di Manerbio - significherebbe, al di là del valore politico di resa dello Stato alla delinquenza, agevolare la ripresa massiccia dei sequestri, ritornando verso quell'altissimo numero di episodi che abbiamo conosciuto prima dell'entrata in vigore della legge sul sequestro dei beni». Le considerazioni di Soffiantini sono racchiuse in una lettera inviata al senatore Alessandro Pardini, presidente del comitato di studio sui sequestri di persona istituito dalla commissione parlamentare Antimafia. Il comitato ha svolto una lunga serie di audizioni e visite in varie regioni d'Italia, raccogliendo i pareri di magistrati, investigatori e altre persone coinvolte nelle vicende dei rapimenti. Tra queste c'è pure Giuseppe Soffiantini, il quale ha inviato un «contributo di esperienza» di tre pagine, scritte «con il massimo di chiarezza e buon senso di cui sono capace». Dunque l'ex ostaggio difende la legge attuale, ma aggiunge: «Si imporrebbe, a mio parere, qualche modifica, e in particolare una più elastica interpretazione del cosiddetto pagamento con¬ trollato per evitare, in mancanza di elementi investigativi per la liberazione dell'ostaggio, che il sequestro si concluda in modo infausto». Soffiantini è stato liberato proprio in seguito a un pagamento controllato del riscatto (cinque miliardi) quando già si sapeva quasi tutto dei suoi rapitori, ma in precedenza, a ottobre, la procura di Brescia volle tentare un finto pagamento che si concluse con la tragica morte dell'ispettore dei Nocs Samuele Donatoni, ucciso dai banditi. Anche a proposito di chi conduce le indagini, l'industriale ha qualcosa da proporre ai parlamentari: «Una modifica potrebbe essere rappresentata dall'attribuzione (dell'inchiesta, ndr), non più alla procura della Repubblica competente per territorio, bensì a una procura nazionale competente per materia». Nessun giudizio negativo sui magistrati di Brescia, si affretta a precisare Soffiantini, che però raccomanda: «Chi ha la responsabihtà delle indagini sia persona con il massimo di esperienza, che conosca i precedenti, che sappia quindi coordinare un team, un gruppo interforze specializzato, strutturato organicamente e non costituito di volta in volta sotto la spinta delle necessità». In questo modo, secondo l'ex ostaggio, si potrebbero quanto meno limitare le fughe di notizie: «Nella mia vicenda, talune notizie apprese dai sequestratori hanno messo in serio pericolo la mia vita, e prolungato e complicato lo svolgersi delle trattative». Soffiantini suggerisce poi di escludere i rapitori dai benefici previsti per i detenuti; uno dei suoi carcerieri, Giovanni Farina, era uscito di galera grazie a un permesso premio. Invece dovrebbero subire «un regime carcerario severo che duri fino all'ultimo giorno della pena comminata», anche quelli che dovessero ottenere sconti di pena per aver favorito la liberazione del sequestrato senza il pagamento del riscatto. Altra raccomandazione: non mescolare, nelle carceri, «i pregiudicati per gravi tipologie di I reato» con i detenuti per reati co- muni; «la simbiosi attuale è una vera e propria università del crimine, che rappresenta un grave pericolo per la società e per lo Stato». Probabilmente non è un caso che Soffiantini scriva queste cose, visto che il presunto basista della banda che lo prese in ostaggio conobbe proprio in carcere Mario Moro, uno dei «registi» del sequestro. Bisogna costruire più penitenziari, suggerisce l'industriale, che fa anche una rapida valutazione costi-benefici: «Sarebbe un gesto lungimirante da parte del governo... Quante decine di miliardi è costato il mio sequestro? E quanto sono costati allo Stato tutti i sequestri avvenuti in Itaba? E quanti reati sono maturati in carcere?». Oggi, dice Soffiantini, «non porto odio verso nessuno», ma il sequestro di persona resta «un reato abietto, che riduce in schiavitù una persona... Quando mi hanno mutilato, il male peggiore non l'ho provato per la sofferenza fisica, ma per l'avvilimento interiore». Per evitare che altri debbano trovarsi in situazioni simib, Giuseppe Soffiantini consegna ai parlamentari le sue idee: «Suggerimenti - conclude nella lettera - di un uomo che ha avuto modo di conoscere la sofferenza e tanto tempo per riflettere, ed ora anche la fortuna di una serenità insperata». Giovanni Bianconi L'imprenditore contro le foghe di notizie: per questo motivo la mia vita è stata in serio pericolo le foghe motivo rio pericolo E niente premio a«Per lorocarcerariche duri all'ultimo E niente permessi premio ai rapitori «Per loro un regime carcerario severo che duri fino all'ultimo giorno» Giuseppe Soffiantini il giorno dopo la sua liberazione Il figlio Giordano protagonista della trattativa

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