IL BOOMERANG DELLA MALABOMBA di Igor Man

IL BOOMERANG DELLA MALABOMBA IL BOOMERANG DELLA MALABOMBA Guerra Fredda, a rimuovere insieme con infinite altre più piccole ma pur sempre moleste paure, quella grande, immensa, apocalittica, turpe, immanente: la Grande Paura Atomica, appunto. Abbiamo dunque navigato non più di bolina ma col vento in poppa (superando con disinvoltura qualche bonaccia) verso un futuro prossimo che immaginavamo prospero, mentre, faticosamente, guardando appunto ai nuovi mercati, all'Asia infierì terza potenza industrial-finanziaria del mondo, cercavamo di realizzare, non senza sacrificio, quell'Utopia concreta detta Ue, l'unione della vecchia Europa rissosa. Quel futuro prossimo è il presente che ci porta lo sfascio delle «Tigri», grosse e piccine. Dalla Thailandia all'Indonesia, dal Giappone alla Corea eccetera, talari, l'uragano della recessione sembra inarrestabile. Negli ultimi vent'anni i governi asiatici hanno assicurato ai propri paesi una crescita economica «miracolosa» privatizzando le aziende di Stato, attirando investimenti esteri, facendo lievitare il risparmio, rafforzando le esportazioni epperò si sono dimenticati delle riforme economiche, della lotta alla corruzione, hanno trascurato l'allargamento della partecipazione popolare nel politico e nel sociale. Il miracolo è consistito in una crescita vertiginosa con conseguente aumento della ricchezza e nella diminuzione della «povertà assoluta». Il calo è risultato superiore alla crescita demografica tuttavia in esigua misura sicché, oggi, il numero dei miserabili è comunque troppo alto. Metà della popolazione asiatica un miliardo e mezzo di persone guadagna meno di 900 mila lire l'anno. Statisticamente, bene inteso, giacché c'è chi muore letteralmente di fame e la denutrizione uccide quanto e più dell'Aids. Prendiamo l'orgogliosa India che ha aperto la sfida dei «test» nucleari. Su una popolazione di circa un miliardo di abitanti solo il 38,1 per cento sono «attivi»; il 60 per cento della popolazione trae sostentamento dall'agricoltura ed esiste un'elevata sproporzione tra superficie coltivata e bocche da nutrire. E un'India così si mette a fare esperimenti nucleari, costosissimi. Per ricordare che grazie all'Urss è da tempo una potenza atomica? Per lanciare segnali al Pakistan, e perché mai? Una volta per placare il grande scontento popolare si ricorreva a panem et circenses (col campionato di calcio il fascismo anestetizzò un paese piagato dal razionamento imposto dalla guerra), oggi si ricorre al «test» atomico. Ma la Malabomba è un boomerang. Prendiamo il protagonista dell'ultima bravata nucleare, il Pakistan: su 131 milioni e passa di abitanti, 50 soltanto sono «attivi». In media ogni donna partorisce 6 figli, l'analfabetismo è del 62,2 per cento, il debito estero supera i 20 miliardi di dollari, gli aiuti e prestiti giapponesi e americani ammontano a 2 miliardi di dollari, il reddito medio è sotto i 500 dollari. Insomma, un paese tragicamente in via di sviluppo. Non è con la minaccia di sospendere gli aiuti che Clinton può sperare di mettere in riga il governo pakistano, condizionato esso com'è da un potente schieramento islamista radicale. Se davvero gli Stati Uniti e il Giappone chiuderanno i cordoni della borsa, il Pakistan cadrà in ginocchio e la Malabomba diventerà un boomerang. Senza contare che una via d'uscita dall'inferno potrebbe, in ultimo, vedersi in una nuova guerra indo-pakistana. Le premesse (un antico odio infallibile) ci sono tutte. Vien fatto di domandarsi se invece di minacciar punizioni «dopo», non sarebbe meglio agire «prima». Gli S.U. non possono continuare a guardare al Sud del mondo come al Canada: il miracolo economico asiatico era fasullo ed è sul terreno delle riforme che bisogna aiutare le «tigri» in ribasso e gli underdogs che vorrebbero sembrar tigri. Il marcio risiede nella libertà negata, nello sfruttamento del miserabile, nella mortificazione dell'ambiente, nel disprezzo dell'ecologia. E nell'ignoranza della storia (relativamente) recente. Hiroshima: sanno i potenti dell'India, del Pakistan cos'è successo in quella già felice città ad ore 8,30 del 6 di agosto del 1945? Hanno mai visitato quel museo della prima atomica (roba da boy-scout al cospetto delle attuali)? Ci andassero, che gli Stati Uniti e il Giappone organizzino voli speciali, visite guidate per loro, per gli apprendisti stregoni della miserabilità. Il vecchio cronista andò a vedere quel che rimaneva di Hiroshi- ma dopo il «silenzio bianco», dopo l «fungo» che crebbe denso e abbagliante verso l'alto aspirando gni cosa come una gigantesca anguisuga: rapidissimo succhiò Hiroshima tosto schiacciandola al uolo, ridotta in poltiglia. Erano già passati quindici anni dal disatro e si moriva ancora di male atomico. Il 13 di giugno del 1960 ho conosciuto a Hiroshima i molo onorevoli coniugi Kaijama Soichi e Tsuki San (Signora La Luna), genitori disperati di un bambino nato vitale ma senza cervello. Erano usciti illesi dal rogo atomico ma il loro sangue era avvelenato. Colmava il loro sguardo un mondo incolore, senza cielo, una terra disumanizzata su cui si alargava il vuoto assoluto, «il vuoto dei fisici sperimentali». Quel vuoto pieno di gridi ch'era negli occhi dello scienziato atomico Oppenheimer allorché lasciò Los Alamos, il 16 di luglio '45, proprio il giorno della riuscita esplosione del primo prototipo di bomba A: gli era venuto in mente un distico indù: «Io sono diventato la morte, io sono un distruttore di mondi». Igor Man

Persone citate: Clinton, Oppenheimer, Signora