Sexygate, si riaccendono le luci

Sexygate, si riaccendono le luci Poi l'avvocato smentisce alla Con. L'Fbi prende le impronte alla sua cliente Sexygate, si riaccendono le luci // legale di Monica: rapporto consensuale WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Accecata dai flash, circondata da una folla di giornalisti e curiosi come nei primi giorni dello scandalo, Monica Lewinsky, stretta in un tailleur blu, si è presentata negli uffici dell'Fbi di Los Angeles per dare agli agenti le sue impronte digitali e un campione della sua calligrafia. La richiesta era venuta dal procuratore Kenneth Starr, e sembra indicare che il cerchio ormai si stringe attorno all'ex stagista della Casa Bianca accusata di aver avuto un legame con il Presidente e di averlo poi negato sotto giuramento. La sua convocazione davanti al Gran giurì viene data per imminente. Ieri mattina la Lewinsky si è presentata all'Fbi assieme al padre, Bernard, che usato l'occasione per denunciare con astio le tattiche intimidatorie del procuratore: «Voglio che gli americani sappiano che mia figlia è una pedina. Starr la sta usando per incastrare il Presidente. E' ingiusto. Una vicenda molto poco americana». Il ritorno alla ribalta di Monica Lewinsky dopo mesi di apparizioni fugaci coincide con la pubblicazione di una strana «lettera aperta» del suo avvocato, William Ginsburg, al procuratore Starr una lettera che secondo alcuni rappresenta la prima, aperta ammissione da parte dell'entourage della Lewinsky che il rapporto con il Presidente effettivamente ci fu. Scrive Ginsburg nell'ultimo numero di California lawyer magazine, la rivista degli avvocati californiani: «Rallegramenti, signor Starr! Al massimo, con questa sua indagine, questa sua palese violazione dei più sacri diritti costituzionali, lei riuscirà a svelare - forse - l'esistenza di un rapporto sessuale tra due adulti consenzienti». La lettera di Ginsburg ha fatto sgranare gli occhi agli specialisti del caso Lewinsky: in pratica l'avvocato ammette un fatto che il Presidente degli Stati Uniti ha negato sotto giuramento. Ma è davvero quello il significato della lettera? Ginsburg assicura di no, che è tutto un malinteso. Ed è corso ai ripari con un'intervista alla Cnn: «Il procuratore Starr ha speso 40 milioni di dollari dei contribuenti per curiosare nella vita privata del Presidente. Tutto qui. Non ho detto altro. E non ho detto nulla che riguardi Monica». Che dire? Gli osservatori che da mesi insistono che Ginsburg è assolutamente fuori controllo, che danneggia la sua cliente, che non ha alcuna esperienza di questo genere e che avrebbe dovuto essere licenziato mesi fa, vedono nella lettera un ulteriore argomento a loro favore. Ma la famiglia non dà alcun segno di volersi sbarazzare di lui, nemmeno in questa fase molto critica - ieri Ginsburg era con i Lewinsky negli uffici dell'Fbi e ai giornalisti che gli chiedevano spiegazioni sulla sua lettera ha risposto scorbutico: «Andatevene!». Nel frattempo le cose continuano a complicarsi anche per il Presidente. La settimana scorsa il giudice distrettuale Norma Holloway Johnson aveva respinto la richieste della Casa Bianca che gli agenti segreti venissero esentati dal testimoniare davanti al Gran giurì. Ora arriva l'ordine che due strettissimi collaboratori dei Clinton, Bruce Lindsey e Sydney Blumenthal, dovranno rivelare sotto giuramento il contenuto delle conversazioni cui parteciparono alla Casa Bianca sid caso Lewinsky. Tutti sviluppi che hanno messo Clinton chiaramente sulla difensiva e che danno la sensazione di un'accelerazione finale di Starr. Ieri, tra l'altro, uno scocciatissimo Vernon Jordan, l'amico scacciaguai del Presidente nonché suo ex compagno di golf, ha dovuto testimoniare per una quarta volta davanti al Gran giurì. «Ho ripetuto le cose che avevo detto e ridetto e ri•,"*to», ha commentato Jordan polemicamente all'uscita. E che dovrà probabilmente ridire - è stato infatti convocato per una quinta testimonianza. [a. d. r.] Il procuratore Kenneth Starr e l'abbraccio fra Clinton e Monica Lewinsky

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