«Sme, il Guardasigilli censurò Prodi»

«Sme, il Guardasigilli censurò Prodi» Nuove rivelazioni: Martinazzoli sollevò gravi perplessità giuridiche «Sme, il Guardasigilli censurò Prodi» Cuccia spiega la vendita ai giudici di Milano IL CASO I ROMA ELLA vicenda non ho ricordi netti. Sono tuttavia in grado di ricostruire alcuni momenti che hanno preceduto la sottoscrizione dell'intesa tra Iri e Buitoni attraverso indicazioni annotate nella mia agenda del 1985». Carte alla mano e grande disponibilità: per la prima volta Enrico Cuccia, il Grande Vecchio della finanza italiana, ha raccontato ai pm di Mani Pulite i retroscena degli accordi per la cessione della Sme a Carlo De Benedetti. Vicenda sulla quale da mesi la procura ha acceso i propri riflettori per accertare se il fallimento della trattativa, sancito da alcune sentenze del tribunale civile di Roma, fu causato da un intervento corruttivo di Berlusconi e Cesare Previti. E' stato un racconto dettagliato quello che il novantenne presidente onorario di Mediobanca ha fatto lo scorso 18 marzo rispondendo come testimone, per un'ora e dieci minuti, alle domande del procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio e del sostituto Paolo Ielo, andati a sentirlo nella sede di via Filodrammatici. Date, giorni, ore: Cuccia con l'ausilio delle agende dell'85, copie delle quali ha voluto consegnare ai magistrati, ha ricostruito passo dopo passo come si arrivò a siglare l'accordo di cessione della Sme tra Romano Prodi, all'epoca presidente dell'Iri e Carlo De Benedetti, che offrì per il colosso agroalimentare 400 miliardi. Affare che suscitò la reazione risentita dell'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, il quale, secondo la ricostruzione della procura, indusse Berlusconi a creare una cordata concorrente (la Iar) per una nuova offerta di 600 miliardi. «Non sono in grado di precisare da chi partì l'iniziativa - ha spiegato Cuccia a verbale - se dall'Iri o da De Benedetti, quello che posso dire è che si diceva che l'In aveva intenzione di dismettere il pacchetto della Sme e che dall'acquisto di questo pacchetto era interessato il signor Riboud della Danone». La trattativa, ha ricostruito Cuccia, si svolse nel mese di aprile del 1985: dal primo al 28, una domenica, durante la quale «a partire dalle 9,30», si ritrovarono Cuccia, «Prodi, De Benedetti, Arcuti, Rastelli e la signora Segre. Nel corso di tale riunione non si raggiunse alcun accordo... perché Prodi e De Benedetti non raggiunsero in quella da- ta un accordo sul prezzo.-..». Ma la sera stessa, riferisce il banchiere, «vi fu un contatto telefonico tra Prodi e Marenghi, consigliere di Mediobanca e si decise un nuovo incontro per il giorno successivo...». E lunedì 29 aprile, di nuovo nella sede di Mediobanca, che doveva procurare le garanzie per i pagamenti di De Benedetti, finalmente si arrivò a un'intesa formale per la vendita Sme. «Il modo in cui intesi i risultati di tale incontro era quello dell'esistenza di un accordo concluso che avrebbe dovuto essere sottoposto al cda di Iri per l'approvazione e per la conseguente esecuzione. So che poi l'accordo non è stato eseguito perché il competente ministro delle Partecipazioni statali non diede l'autorizzazione». Un diniego causato dall'entrata in campo della cordata capeggiata da Berlusconi che indusse, secondo la testimonianza fatta proprio l'altro ieri da Arnaldo Forlani, all'epoca vicepresidente del Consiglio, l'intero governo e lo stesso Prodi a ri¬ vedere la trattativa con De Benedetti. E dunque non è escluso che a questo punto anche l'attuale presidente del Consiglio ulivista possa essere chiamato come testimone nell'inchiesta Sme. Anche perché, come anticipa il settimanale Panorama, tra gli atti dell'inchiesta depositati dalla procura a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio di Berlusconi e Previti, c'è anche un documento di 4 pagine intestato al ministero di Grazia e Giustizia dell'epoca (Mino Martinazzoli) in cui si censura l'operato di Prodi nella vicenda Sme concludendo che «gli accertamenti hanno evidenziato gravi e profonde perplessità di ordine economico e giuridico». Del resto gli stessi magistrati della Corte dei conti, sei mesi prima che il tribunale annullasse l'accordo tra Iri e Cir-Buitoni, sottolinearono come l'accordo tra Prodi e De Benedetti «non poteva ritenersi giuridicamente vincolante per l'Iri, potendo esso tutt'al più assumere il carattere di un gentlemen's agreement», [p. col.] A sinistra: Enrico Cuccia Sopra: l'ex Guardasigilli Martinazzoli

Luoghi citati: Milano, Roma