Berlusconi contro tutti: io non cedo

Berlusconi contro tutti: io non cedo Difficile mediazione sulle riforme. Il leader del Polo: elezioni? Me le auguro, ma non ci saranno Berlusconi contro tutti: io non cedo Altro strappo con Fini: spieghi lui l'asse conD'Alema ROMA. Rimarranno uniti, per ora. E non perché, come dice pubblicamente il Cavaliere, non si può fare altrimenti «con l'attuale legge elettorale», visto che il leader di Forza Italia non esclude, in privato, lo sganciamento e la desistenza con An. Rimarranno uniti solo perché la partita non è ancora chiusa. Ma in realtà Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini sono ormai lontani anni luce. Lo dimostra la sventurata vicenda delle riforme. Il leader di Forza Italia resta fermo sulle posizioni dell'altro ieri, boccia l'appello di Scalfaro, invia «solo per cortesia» Gianni Letta da Franco Marini, e pensa già all'Assemblea costituente: è quella la prossima mossa, se le riforme, come appare probabile, si riveleranno un buco nell'acqua. Il presidente di An, invece, si dice disposto a «trattare a oltranza», magari «in un vertice» sullo stampo di quello di casa Letta, e utilizza un abile mediatore come Giuseppe Tatarella nella speranza di non veder fallire il lavoro della Bicamerale. La diffidenza tra i due ha lasciato il posto a una sorta di reciproco fastidio. Fini tenta di innervosire Berlusconi «flirtando» con i referendari, e, forse ci riesce, perché di quella compagnia fa parte Di Pietro («e dove c'è lui non ci sono io», dice il Cavaliere). Il presidente di An incontra Segni e promette: prima o poi firmerò. Niente di più. Anche perché quel referendum ridurrebbe, e di molto, il potere degli unici due veri partiti che sono rimasti in Italia, cioè ds e Alleanza nazionale, perciò un po' di prudenza, per Fini, è d'obbligo. Il capo di via della Scrofa cerca di far preoccupare Berlusconi ma è lui il primo a non essere tranquillo perché sa di rischiare molto non solo dal fallimento della Bicamerale, ma anche da una ricucitura che passi per l'unica via possible, quella di un nuovo accordo. In questo caso, infatti, è probabile che la «vittima sacrificale» di un compromesso Berlusconi-D'Alema sarebbe lui. Il Cavaliere, intanto, continua a non perdonare al presidente di An quello che considera un tradimento. E non ne fa mistero. Nei confronti dell'alleato ed ex amico è più che sprezzante. «Non credo - dice ironico - di dover essere io a fare commenti su telefonate o "assi" D'Alema-Fini. Caso mai è una preoccupazione che riguarda Fini. Deve essere lui a spiegarlo ai suoi elettori». Non solo. Il leader di Forza Italia aggiunge: «Tra noi e An c'è una differenziazione. Loro si appagano con l'elezione diretta del capo dello Stato, noi badiamo alla sostanza, ai contenuti. Già, ma Fi non ha un passato impegnativo come Alleanza nazio- naie, non ha gol da mettere a segno dopo un'azione durata tanti anni». Berlusconi prende in giro Fini e le sue preoccupazioni per un ritorno neocentrista che coinvolga Forza Italia e lasci fuori An. «Due anni fa - ricorda il Cavaliere - fu Tatarella a dire che bisognava andare oltre il Polo...». E' intransigente, Berlusconi, con tutti. Avverte che della pausa di riflessione lui non ha bisogno. «Noi - precisa - abbiamo già riflettuto, lo facciano gli altri, e accolgano le nostre richieste, altrimenti confermeremo quello che ho già detto in aula: meglio nessuna riforma che una cattiva riforma. Non vorrei essere poi costretto a scusarmi con i cittadini per quello che è stato fatto in Bicamerale». E il Cavaliere non sembra tenere in gran conto nemmeno la minaccia di elezioni che fa D'Alema. «Non ci saranno - commenta - ma io me le auguro». Anche il tentativo di mediazione del Quirinale cade nel vuoto. «Scalfaro è preoccupato? - osserva Berlusconi avrebbe fatto bene a preoccuparsi prima, quando con il ribaltone fu violato il principio maggioritario». Nonostante la fermezza ostentata ed esibita, il Cavaliere non vuol dare l'impressione di fare il «signor No», rubando il mestiere che un tempo fu di Fini. Per questo spiega che lui non ha mai posto ultimatum, e rivela la sua verità sul fallimento delle trattative che riguardavano la legge elettorale del Csm. «Marcello Pera che si è occupato di questo - racconta Berlusconi - disse che noi eravamo disponibili al "Lodo Tinebra", come proponeva la maggioranza, ma ci hanno risposto di no lo stesso e lo hanno motivato così: "o fate l'accordo su tutta la giustizia oppure non se ne fa niente"». Un particolare inedito, quello riferito dal leader di Forza Italia per dimostrare di non essere lui il colpevole della rottura. Parla così, Berlusconi. E l'ex amico Fini usa un linguaggio assai diverso. Come differenti sono gli stati d'animo dei colonnelli dei due leader. A via del Plebiscito un sorridente Giuliano Urbani dice: «La Bicamerale è uno zombie, e non credo che vorranno portarla avanti, perché con l'arrivo del caldo puzzerà pure». A via della Scrofa, invece, si respira tutt'altra aria. Tatarella è preoccupato dell'epilogo della vicenda, e con lui molti altri esponenti della cosiddetta «Area vasta», il correntone che tifa per un più stretto rapporto con Berlusconi. Maria Teresa Meli Qui sopra De Mita

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