L'ora dei mediatori, in campo Letta

L'ora dei mediatori, in campo Letta L'ora dei mediatori, in campo Letta Ppi e Verdi: non è vero che non c'è più niente da fare ROMA. Ora tocca ai mediatori di professione, «gente che se ne intende» come li chiama Fini, tentar di rammendare lo strappo provocato da Berlusconi al processo riformatore. Operazione ardua per Franco Marini (plenipotenziario dell'ulivo col tacito via libera di D'Alema) che da ieri mattina è al lavoro per una missione che a tutti sembra ancora impossibile. Il segretario dei popolari ha incontrato di buon mattino il segretario dei democratici di sinistra, Massimo D'Alema, soprattutto per garantire che da parte sua non ci saranno «scherzi da prete». I popolari, cioè, non si lasceranno tentare dal sistema del premier forte che ora offre Berlusconi, ben sapendo che era, a suo tempo, la carta preferita dal ppi. «Siamo gente seria, non ci faremo tentare» conferma Enrico Letta, vicesegretario popolare. E mentre D'Alema se ne è rimasto fermo al rifiuto di avviare, lui e il suo partito, una qualsivoglia trattativa con Berlusconi («se qualcuno ha cambiato idea, deve avan¬ zare proposte e non ultimatum»), Marini si è dato da fare sino a tarda sera. Ha incontrato il mediatore di Forza Italia, Gianni Letta, e quello di An Giuseppe Tatarella. Ha parlato con Pierferdinando Casini, poi, a tarda sera, ha riunito nella sede del ppi, a Piazza del Gesù, D'Alema e il verde Manconi. Il tutto per concludere con un: «Mi pare di poter dire che non ci sia una esplicita, totale, volontà di rottura da parte di tutti e due...». Cioè, ha messo sullo stesso piano Berlusconi e D'Alema, facendo il suo mestiere di mediatore. Allora, il dialogo c'è? hanno chiesto i cronisti a D'Alema. «Sì... tra me e Marini», ha risposto il segretario dei ds che è andato subito dopo a Palazzo Chigi ad incontrare il vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni. Probabilmente per dire che il governo deve accelerare la politica per il lavoro perché nessuno può escludere che le tensioni salgano e si debba subire l'esame degli elettori. Il fatto è che né Marini, né D'Ale¬ ma e neanche Gianfranco Fini e il presidente Scalfaro, hanno ancora capito cosa vuole realmente il capo di Forza Italia. Lo stupore di tutti per il dietrofront di Berlusconi per riforme che aveva già votato, appare sincero. Le tesi attorno alle quali di arrovellano le menti dei segretari di partiti sono due. Una «ottimistica» e l'altra catastrofista. Nel primo caso, Berlusconi starebbe facendo una delle sue trattative spegiudicate il cui vero obiettivo è il problema giustizia che lui copre con altri argomenti. In questo caso, i «mediatori» dovrebbero arrivare a concedere altre «garanzie» al capo di Forza Italia, mischiandole pudicamente ad altre concessioni marginali sull'intero impianto delle riforme. Nel secondo caso, Berlusconi vuole veramente far fallire la commissione per le riforme, perché così prende le distanze da An, come gli chiedono i popolari europei per accettarlo nel loro gruppo. E perché così chiude un processo che portava ad un sistema bipolare e può favorire la formazione del «grande centro» con l'Udr di Cossiga, creando imbarazzi seri, in prospettiva, anche ai popolari di Marini. Di certo c'è che, al momento, l'unico che plaude alle mosse di Berlusconi è Cossiga. E che Berlusconi dice che è «meglio nessuna riforma che una cattiva:) e che è pronto ad affrontare le elezioni. Magari, come auspica Lucio Colletti, non più alleato di Fini, ma legato solo da un non compromettente patto di desistenza con An e anche con la Lega. Di fronte a questa improvvisa accelerata tattica di Berlusconi, tutti sembrano un po' spiazzati. Fini brandisce la minaccia di sponsorizzare il referendum contro H sistema proporzionale e così ieri ha incontrato Mario Segni. Perché sospetta che Berlusconi punti a sabotare il bipolarismo e sia tentato dal grande centro («si sente qualche spiffero»). D'Alema prende in considerazione, anche lui, l'idea di usare il referendum, ma si rende conto che finirebbe col provocare uno scontro con i popolari. Così attende a pie fermo il confronto in Parlamento di martedì prossimo, senza nulla voler cedere di suo. Preparato al peggio perché sospetta che «questa posizione di Berlusconi sia strumentale e che serva solo a giustificare la decisione di far saltare la Bicamerale». Comunque, il lavoro di Marini è solo all'inizio. Al termine della faticosa giornata di contatti, diceva: «Credo che Berlusconi possa precisare meglio la sua posizione» e il verde Manconi assicurava che «non è vero cSe non c'è più niente da fare». Alberto Rapisarda Ci provano anche Fisichella e Casini Gianni Letta, torna in campo come «mediatore» nel Polo

Luoghi citati: Roma