La lunga ombra della Bomba islamica di Fiamma Nirenstein

La lunga ombra della Bomba islamica La lunga ombra della Bomba islamica Israele potrebbe*useirealio'SCOperto con il suo arsenale TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO La bomba pakistana potrebbe essere il grande detonatore della potenza nucleare islamica? Potrebbe rappresentare una premonizione del sogno dell'Iran, ovvero una bomba sostanzialmente antioccidentale, una bomba dei reietti della Terra contro la ricchezza del nostro mondo? La bomba di un Paese in cui il 70 per cento della popolazione non ha accesso diretto a fonti di acqua potabile contro l'Occidente corrotto, o comunque contro gli infedeli di cui l'India sarebbe in questo momento un avamposto, per quanto spurio? Samuel Huntington nel suo famosissimo libro «Lo scontro delle civiltà» ammonisce oltre che contro un'endemica aggressività del mondo islamico, provata statisticamente, contro l'espansione e l'intensificazione di un asse islamicoconfuciano (bisogna ricordarsi che la bomba esplosa dall'India a scopo dimostrativo era volta più che altro contro là Cina) e ricorda gli stretti rapporti tra Pakistan, Iran e Cina all'inizio degli Anni Novanta. Di quel momento, si ricordano le visite del presidente Yang Shangkun in Iran e in Pakistan, e di Rafsanjani in Pakistan e in Cina. Rafsanjani dichiarò a Islamabad che tra Iran e Pakistan esisteva un'alleanza strategica, e che un attacco al Pakistan sarebbe stato considerato come un attacco all'Iran. Per rafforzare il legame nel '93, appena eletta, Benazir Bhutto visitò l'Iran e poi la Cina. Più avanti Gheddafi si è dichiarato un appassionato sostenitore di un'alleanza fra Islam e Cina come bastione contro l'Occidente. E' uno scenario metafisico, o contiene qualcosa di realistico? Se lo si chiede a Joseph Aipher, ex direttore del centro di studi strategici più qualifi- cato. d'Israele, il Jaffee lOenyt ter for Strategie Studies, e ora direttore del potente Comitato Americano Ebraico (AJC) in Mqdio Oriente, prima di tutto égli scansa il tema cinese: il Comportamento futuro della Cina è assolutamente imperscrutabile, si starà a vedere. Le bombe pakistane, comunque, sono foriere di un clima teso e difficile, portano la brutta notizia della volontà di usare la loro capacità nucleare da parte di due grandi potenze del Terzo Mondo. Tuttavia, non si scorge ancora nessuna traccia di guerra atomica religiosa. «Ci sono due possibili scenari. Uno propriamente regionale - dice Alpher - in cui si può sperare che questi due Paesi tradizionalmente nemici fra di loro, qra che | si sono vicendevolmente mostrati i muscoli, sentano la classica deterrenza che porta alla guerra fredda, e che serve appunto da contenimento. Così ha funzionato fra America e Russia. Poi c'è uno scenario più am¬ pio, in cui esiste anche l'incognita della Cina; in cui i Paesi islamici che come l'Iran vogliono assolutamente la bomba atomica, si sentono ancora più pressati verso la competizione. Ma, fattualmente, che cosa può cambiare? L'Iran sta già facendo uno sforzo enorme per ottenerla con la tecnologia russa, quindi, che altro può fare? Se il Pakistan avesse voluto fornirgli tecnologie atomiche, l'avrebbe già fatto da tempo. Certo, l'eccitazione della bomba può essere contagiosa verso qualche Paese musulmano anche in Medio Oriente. Ma in sostanza, sapevamo già da tempo che il Pakistan aveva l'atomica, e questo non ha cambiato molto le cose. Ripeto, certo non è una bella notizia, non crea stabilità e senso di pace nel mondo musulmano, ma non mi sembra che si possano scorgere possibilità concrete per sviluppi troppo rapidi verso un vero pericolo atomico islamico». In particolare per Israele ci sono forse due novità in vista: forse l'apertura di un dibattito che porti questo Paese che finora ha conservato l'ambiguità del nucleare (tutti sanno che Israele ha la bomba, ma esso non l'ha mai ammesso ufficialmente) a mostrare che a sua volta in Asia, oltre all'India e al Pakistan e alla Cina, c'è qualcun altro che possiede il terribile ordigno. Ma Alpher esclude questa possibilità con decisione: «Finché il tema del nucleare riesce a esser tenuto fuori del conflitto mediorientale, c'è ancora qualche speranza di risolverlo. L'esempio indiano è semplicemente disastroso». L'altra brutta sorpresa è quanto poco conti Clinton, e quanto poco abbia influenzato prima l'India e poi il Pakistan. Certo questo non è di buon auspicio per il Medio Oriente, e in generale per la pace fra il mondo musulmano e quello giudaico-cristiano. Un altro interlocutore che è il capo della commissione difesa e sicurezza della Knesset, il laborista ex viceministro degli Esteri di Peres, Ori Orr, risponde in modo molto israeliano, molto secco alla questione della «bomba islamica»: «Non mi risulta che il Pakistan sia in nessun modo un nemico di Israele, e nemmeno dell'Occidente in quanto tale. Per ora, chi cerca di fare la bomba islamica, ai miei occhi seguita ad essere l'Iran. E anche questa è una scusa: il suo vero obiettivo è sempre l'Iraq, l'apertura sul Golfo. Un conflitto nucleare religioso ancora non lo vedo all'orizzonte». Per quanto? Difficile dirlo. Fiamma Nirenstein Il pericoloso triangolo tra Islamabad, Iran e Pechino L'ex direttore del centro di studi strategici dijaffa «L'esempio indiano è semplicemente disastroso»