Biagio, il diario cantato di Marinella Venegoni

Biagio, il diario cantato Incontro con Antonacci, ieri sera protagonista del Festivalbar Biagio, il diario cantato «i/o raccontato piccoli episodi di vita lasciandomi alle spalle l'elettronica» MELANO. Il suo primo contratto discografico è dell'89, ma ancora c è chi lo conosce soprattutto perché è il genero di Gianni Morandi, compagno di sua figlia Marianna e padre di Paolo, un bel bambino di due anni e mezzo (più «vecchio» di Pietro, l'ultimo figlio di Gianni). Molte fanciulle lo hanno adottato anche per la bella presenza, di ragazzone con un grande sorriso e un fisico atletico che gli consente di aver buon successo nella Nazionale Cantanti. Ma Biagio Antonacci, cantautore milanese di buon carattere e buonissimi sentimenti, vive con insofferenza i risvolti mondani o futili della sua professione. Se s'è messo seminudo sulla copertina dell'album in uscita, «Mi fai stare bene», immerso in un campo di fiori gialli e con fiori colorati dipinti sul corpo, è solo perché, spiega, «mi piaceva dare un'idea di libertà al disco, fatto di sonorità Anni Settanta. E volevo anche suggerire un clima fra libertà e malinconia, che mi appartiene. Quando pensi di star bene, o che lo sei stato, non sai se potrai ancora esserlo. C'è sempre un pizzico di sofferenza nei ricordi». Ieri sera, la sua apparizione sul palco del Festivalbar ha suscitato le urla delle ragazze (si sa che Marianna lo lascia solo malvolentieri). La passerella tv è il primo passo verso il lancio di un disco senz'altro coraggioso, nel quale Biagio ha voluto far tutto da se, produzione compresa. Chi ricorda le brillanti trame che gli tesseva il mago della produzione Malavasi in «Liberatemi» o «Se io se lei», troverà adesso un clima del tutto diverso, raramente immediato ma comunque naturale come i fiori della copertina; spartano e dolcemente severo, vivacizzato da chitarre elettriche e ritmica ruspante; con la voce rauca che tesse un filo di malinconia sottile, nella semplicità di un diario cantato, come nella piacevole «Iris». Antonacci, il disco canta la fine della giovinezza? «Ho 35 anni. Un'età in cui sei alla fine di un corso e all'inizio di un altro, con la consapevolezza che la maturità porta co se nuove e altre te ne fa lasciare indietro. E' anche diversa la musica che faccio, ha una valenza differente nella mia vita: incomincio ad averla sentita tutta tutta, e perde un po' di quella trasparenza che aveva. Non mi sento vecchio, ma mi rendo conto che di fronte a uno di vent'anni ci sono quindici anni di differenza». Perché ha voluto fare tutto da solo? «Mi sono preso un coraggio totale. Volevo un disco dove gli arrangiamenti fossero la cosa meno importante. Malavasi lavora tutto in elettronica, io non la sopporto più. Ho preso una band, siamo andati in studio, ho cercato di raccontare piccoli episodi di vita, senza qualcuno che dicesse "Qui cambiamo l'accordo". Da produttore, cerco di rispettare le mie canzoni». La malinconicissima «Iris» è autobiografica? «E' la storia di un uomo che capisce di amare una donna, da un minuto all'altro. Lei è una studentessa che scrive poesie, e si chiede: "Quanta vita c'è, quanta vita insieme a te.."». Non crede di correre un rischio, con un disco così semplice e severo nell'epoca dei supersuoni? «Sono uno che ha sempre cambiato la sua musica e finora questo mi ha portato bene. Non mi accontento più di uscire con la solita canzone e andare a far la gara a Sanremo. E' un disco di chitarre, senza sessionmen di lusso e con un gruppo ridotto all'es¬ senziale. So che entra piano. Sono preparato». Chi è, secondo lei, il destinatario-tipo delle sue canzoni? «E' uno o una che ascolta musica e sente le parole. E' una persona che vuol capire se oltre le larghe melodie ci siano concetti sostanziosi. Non penso a un pubblico nuovo, ma a dare una rinfrescata a quello vecchio». Come sta il suo Paolo? «Benissimo». Andrà in tournée? «Quest'estate no. Mi sto organizzando per ottobre». Marinella Venegoni vita ica» ma del nte ime natucopertiemente chitarica ruuca che inconia tà di un e nella o canta ezza? in ortro, zza co

Persone citate: Antonacci, Biagio Antonacci, Gianni Morandi, Malavasi

Luoghi citati: Sanremo