Appesi a un cavo, con sicurezza
Appesi a un cavo, con sicurezza a Baveno il punto sullo sci nell'assemblea nazionale esercenti funiviari Appesi a un cavo, con sicurezza Un settore da 1000 miliardi di fatturato Oggi è il momento ideale per conoscere lo stato di salute dello sci italiano attraverso l'assemblea nazionale dell'Anef (Associazione nazionale esercenti funiviari) che si tiene a Baveno, sul Lago Maggiore. Le cifre sono imponenti: funivie, seggivie e skilifts danno lavoro in Italia (con rapporti fissi o stagionali) a quasi diecimila persone e gli impianti assommano a un totale di oltre 2200 (di cui però più della metà sono sciovie, anche di breve sviluppo e rispettivamente soltanto 70 e 96 le telecabine e le seggiovie ad agganciamento automatico) con una portata oraria generale di 2 milioni di persone, come dire che ogni abitante dell'Italia in trenta ore potrebbe fare un viaggio su un impianto a fune. «Pur con alcune differenze fra zona e zona dell'arco alpino e dell'Appennino, la stagione da poco terminata complessivamente non è andata male, assestandosi sui livelli del 1996-'97 - dice Sandro Lazzari, presidente dell'Anef -. Emergono però alcuni cambiamenti nei gusti del pubblico che dovranno anche spingerci a mutare politica e promozioni». «Complice una meteorologia che tende sempre più a dare un inizio inverno fortemente nevoso e una primavera assolata anche in modo abnorme, il "serbatoio" dello sci primaverile va sempre più scemando. A fine marzo molti pensano ormai ad altre mete per le vacanze. Diventa quindi indispensabile incentivare fine novembre e dicembre che ormai molto spesso godono di condizioni ottimali». E l'Italia, in questo campo, è pronta ad entrare in Europa? «Il problema ha molte facce - continua Lazzari -. I grandi comprensori italiani nell'ultimo decennio hanno effettuato una politica di rinnovamento degli impianti tale da portarli allo stesso livello delle migliori stazioni francesi e austriache; per altre società, specie le più piccole, le ristrettezze di bilancio non hanno consentito investi¬ menti sensibili e il rischio di andare fuori mercato non è peregrino, calcolando anche che in questi anni la clientela non ha una eccessiva propensione per la spesa-sci. E non dimentichiamo gli sforzi perché il trasporto a fune nelle regioni a statuto ordinario possa essere in qualche modo assimilato al trasporto urbano e ricevere finanziamenti». Ma almeno la burocrazia diminuirà? «Una normativa unica europea - secondo il presidente dell'Anef - deve avere come primo, più importante obiettivo quello della sicurezza (e in questo campo noi italiani siamo maestri). Sarà certamente facilitata la politica commerciale dei costruttori; ad esempio una rulliera, un argano, un cavo di un fabbricante francese saranno auto¬ maticamente a norma anche in Italia e viceversa, senza dover sopportare ulteriori verifiche e omologazioni». Il fatturato diretto del settore impianti a fune in Italia è grosso modo valutabile intorno ai mille miliardi l'anno. Un'inchiesta precisa non è mai stata stilata (l'ha in preparazione il Piemonte) ma si calcola che seggiovie e skilifts muovano un indotto di circa dieci volte superiore al loro bilancio. Esempio: in una media stazione che abbia un incasso di cinque miliardi a stagione sugli impianti, si può presumere che «girino» circa 50 miliardi fra scuole di sci, alberghi, bar, ristoranti, negozi, servizi, edilizia. Sono cifre imponenti e un settore di tale portata meriterebbe più attenzioni viste le certezze che offre.
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