Napoli, l'inferno dei senza lavoro di Fulvio Milone

Napoli, l'inferno dei senza lavoro Napoli, l'inferno dei senza lavoro «Qui vincerà chi sa gridare più forte» REPORTAGE ÌLftMUESSgitE DEL SUD LNAPOLI A rabbia scende giù dal vico Lungo Gelso, nel cuore spompato dei Quartieri Spagnoli dove gli antichi palazzi in rovina sono puntellati ^al terremoto dell'80. Basta percorrere pochi metri per raggiungere L simbolo del rinascimento napoletano, piazza del Plebiscito con il palazzo reale, fiore all'occhiello della giunta di Antonio Bassolino. Ma la rabbia non conosce i limiti imposti dal senso della misura e dell'opportunità: arriva fino a qui, fra carovane di turisti stupefatti e un po' impauriti e sotto le bandiere che sventolano per ricordarci che siamo parte dell'Europa. Ma quanto è lontano il resto del continente dal vico lungo Gelso. Provate un po' voi a parlare di Euro e di Maastricht nello stanzone al livello strada dove si riuniscono i disoccupati di «Forza lavoro disponibile», un cartello di gruppi che si riconoscono nella destra più o meno estrema e che giorno dopo giorno sfiancano un'intera città con brevi ma continui e violenti episodi di guerriglia metropolitana. Alcune delle organizzazioni che complessivamente raggruppano oltre trentaseimila senza-lavoro in Campania trasudano esasperazione e rabbia, ma a volte anche violenza pilotata e strumentalizzazione politica. Loro, i capi, naturalmente negano. Nega Salvatore Lezzi, leader di «Forza lavoro disponibile», un omone grande e grosso che gira con il cellulare in tasca e ammette senza troppi problemi di avere conti in sospeso con la giustizia. «Devo ancora scontare due anni di carcere per oltraggio, resistenza e blocco stradale - racconta -. In galera mi ci hanno già messo quando ho lanciato una sedia addosso a Sassolino». E nessuno dei suoi batte ciglio, quando dice: «Continuerò a bruciare i cassonetti dell'immondizia fino a quando non mi daranno il posto di lavoro. Violento io? No, semmai è violento il governo che ci nega il lavoro». Nonostante i precedenti penali e le minacce, Lezzi siede fra i banchi di Forza Italia del consiglio circoscrizionale di Montecalvario. Ma la sua militanza politica, dice, «non ha niente a che fare con il movimento». Un movimento che, nella giungla di sigle e liste che sta avviluppando Napoli con il rischio di soffocarla, rappresenta il sottobosco più impenetrabile. Quelli di «Forza lavoro disponibile» sono infatti i diseredati che non hanno assolutamente nulla in cui sperare. Non hanno mai visto un contratto di lavoro, non sono nemmeno inseriti nei lavori socialmente utili, un meccanismo che è nato per dare un minimo di respiro e consentire il reinserimento nel ciclo produttivo a chi ha perso il lavoro, ma che ere- scendo si è trasformato in un puro sussidio di ottocentomila lire al mese. Gli altri, gli Lsu, sono in qualche modo rappresentati dai sindacati e riconosciuti dal governo Prodi, anche se scendono in piazza perché ritengono insoddisfacenti le strade tracciate per l'individuazione di soluzioni definitive. Ma loro, i disoccupati di «Forza lavoro disponibile», sono allo sbando, facili prede, oltre che di possibili strumentalizzazioni, dell'esasperazione e della violenza. E della continua tentazione di scatenare una guerra tra poveri. Tra i loro nemici annoverano anche gli Lsu, che ritengono garantiti e quindi privilegiati nella difficile conquista di un lavoro relativamente stabile. Individuano pericolosi concorrenti anche nei senza- lavoro di «Alternativa Popolare», che dopo una militanza nelle file della destra hanno finito con il riconoscersi nelle posizioni dell'estrema sinistra. Sono stati loro a provocare venerdì scorso gli incidenti con la polizia e a trasformare, come dice il segretario regionale della Uil Enrico Carenilo, «la questione del lavoro in questione di ordine pubblico». In dieci sono finiti in carcere e poi rilasciati con una denuncia per resistenza, oltraggio, addirittura tentato omicidio. Uno dei leader, Claudio Tamari, non vuole sentir parlare del collocamento: «Una bufala, una truffa. Un tempo ci credevamo, ma poi ci siamo accorti che i partiti ci hanno messo su le mani per buttarci fuori. Quindi siamo scesi in piazza, perché purtroppo qui c'è una sola legge: vince chi grida più forte. Non bisogna credere a Bassolino quando dice che anche i disoccupati che restano à casa, quelli che non alzano la voce, hanno i nostri stessi diritti. Noi andiamo in strada con la pioggia o con il sole e sentiamo sulla pelle i manganelli dei poliziotti. Chiediamo che vengano sbloccati i progetti per i lavori socialmente utili, chiediamo di essere inseriti nei programmi ancora bloccati dalla Regione per la raccolta differenziata dei rifiuti. Insomma chiediamo lavoro, un sacrosanto lavoro». Uno degli arrestati venerdì, Giuseppe Ponticelli, dice che quel giorno lui e gli altri sono stati aggrediti e picchiati brutalmente dalla polizia: «Ci hanno massacrato di botte e poi chiuso in cella. Ma noi siamo povera gente, soffriamo la fame. Ho moglie e due figli, per campare faccio il contrabbandiere di sigarette, ma non voglio un lavoro fuorilegge. D. nostro problema è che nessuno ci rappresenta, nemmeno i sindacalisti che pure dicono di parlare a nostro nome». Enrico Cardillo, il segretario della Uil, ammette che il sindacato ha una colpa: «Non sempre siamo riusciti a incalzare in modo efficace il governo e gli enti locali sul tema del lavoro. I progetti qui a Napoli sono tanti ma restano ancora nelle intenzioni di chi li ha elaborati, mentre molte società pubbliche e private, nonostante affermino il contrario, non investono da noi». Il governo deve essere incalzato anche secondo il sindaco Bassolino, the da tempo chiede senza ottenerlo un tavolo a quattro (esecutivo, enti locali, sindacati e imprenditori) per affrontare il nodo dell'occupazione al Sud. «Prodi mi ha assicurato che saremo chiamati al più presto. Sarebbe opportuno convo¬ care il tavolo a quattro entro il 20 giugno, data della manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil: sarebbe un segno di distensione da parte del governo nei confronti del sindacato». Fulvio Milone «Violenti noi? Semmai lo sono quelli che ci negano lo stipendio» L'autocritica dei sindacati «Troppe debolezze» Un'immagine degli scontri a Napoli. Nella foto accanto il sindaco della città Antonio Bassolino

Persone citate: Antonio Bassolino, Bassolino, Claudio Tamari, Enrico Cardillo, Giuseppe Ponticelli, Lezzi, Salvatore Lezzi

Luoghi citati: Campania, Europa, Napoli