«I salari bassi non creano nuovi posti» di Paolo Patrono
«I salari bassi non creano nuovi posti» Il leader della Quercia favorevole alla proposta di Marini, il sindacato insorge «I salari bassi non creano nuovi posti» Cofferati contro D'Mema ROMA. Basta che D'Alema si associ pubblicamente a quanto espresso da Marini nell'intervista di ieri a «La Stampa», sostenendo che è preferibile per un giovane neo-assunto del Sud un salario più basso che restare disoccupato, e subito si riattizza la polemica fra i Democratici di sinistra e la Cgil. Perché Cofferati ha replicato che per risolvere la disoccupazione nel Mezzogiorno non servono retribuzioni più basse. E piccato dai rilievi di D'Alema, il leader della Cgil ha sollecitato i partiti di maggioranza a riflettere «seriamente» sui ritardi del governo per il lavoro piuttosto che dar consigli al sindacato. Sembra di essere ripiombati di colpo nel clima di aspro scontro tra D'Alema e Cofferati al congresso del pds della scorsa primavera, quando la Cgil venne accusata di conservatorismo e di chiusura di fronte alle mutevoli realtà del mondo del lavoro. Ma se ieri lo scambio polemico non ha toccato i toni accesi di un anno fa, la sostanza rimane la stessa. La distanza fra il maggior partito della sinistra e il sindacato più diffuso si acuisce di colpo, come se la tregua di questi mesi, il riavvicinamento tra D'Alema e Cofferati, due personaggi dal forte carattere, siano stati solo espedienti tattici, temporanei. Ma non basta, perchè nel dibattito si sono subito inseriti anche gli altri due sindacati, da opposte posizioni. Il leader della Cisl, Sergio D'Antoni, ha rivendicato infatti il merito di «battersi da anni» su questa idea e di aver già contribuito a tradurla in pratica nei contratti d'area. Sul fronte opposto la UU, che con Pietro Larizza chiede che si intervenga non sui salari ma alleggerendo i contributi, mentre senza peli sulla lingua il suo n. 2, Musi, ha invitato D'Alema a «dar consigli al governo piuttosto che al sindacato». Con il risultato di mostrare che anche su questo punto, come sul progetto di agenzia per il Sud, i sindacati sono nettamente divisi fra di loro. D'Alema ha colto, dunque, l'occasione del suo intervento all'assemblea delle centrali cooperative per lanciare un severo richiamo al sindacato, incitato a mantenere uno stretto rapporto con la realtà, guardando con meno preclusioni a una maggiore flessibilità e al mondo delle cooperative. Un'altra stilettata a Cofferati, che aveva espresso recentemente delle critiche al mondo cooperativistico. «Credo sbagliata la posizione che alla fine preferisce l'intangibi¬ lità di una forma astratta del lavoro. Piuttosto che un disoccupato ha spiegato D'Alema - preferisco un sindacato che sappia negoziare un salario minore oggi per offrire domani più possibilità di lavoro ai giovani. Anche se so che è difficile)). E quanto alla controversa «flessibilità», che può essere vista in due modi opposti, dall'alto ma anche dal basso come «espressione di lavoro più aperto», il leader dei democratici di sinistra ha affermato che «un sindacato moderno deve saper vivere su questa frontiera, altrimenti si allontana dal lavoro e dalla realtà». Le tesi di D'Alema hanno riscosso l'approvazione del presidente della Fiat, Cesare Romiti, che durante una cerimonia a Torino ha detto: «Sottoscrivo» la proposta di D'Alema e di Marini su salari più bassi al Sud per creare nuovi posti di lavoro. Dopo aver enunciato queste sue crude verità, D'Alema ha provato a smussare gli angoli per parare la prevedibile replica polemica della Cgil. E ha sostenuto di aver aperto «un dialogo sincero con il sindacato, non per un'invasione di campo ma per promuovere uno stimolo all'innovazione». Ma Cofferati non sembra aver gradito lo «stimolo», perché dallo stesso palco ha replicato: «Non mi risulta che sia stata fatta alcuna proposta per salari più bassi nel Mezzogiorno. E d'altra parte non è mai stato dimostrato che consistenti differenziali retributivi ab- biano aiutato la nascita dell'occupazione». Dopo aver affermato che già oggi i salari al Sud sono inferiori del 25 per cento rispetto al Nord, il leader della Cgil ha proseguito: «Se fosse efficace questa strada avremmo già risolto il problema». Ma se non è così, è la tesi di Cofferati, allora non bisogna «agitare il tema del costo del lavoro come fattore che penalizza gli investimenti». Quindi non servono interventi sulla dinamica salariale. Piuttosto, contrattacca Cofferati, «se in Italia esiste un sistema fiscale distorcente non è certo colpa del sindacato. E' compito di chi governa e della politica affrontare queste questioni». Insomma, più che ai salari, badate al fisco, è l'invito di Cofferati ai partiti al governo. E anche il responsabile economico dei Ds, Lanfranco Turci, rilancia la proposta di applicare aliquote fiscali ridotte alle imprese meridionali. Paolo Patrono «Già oggi al Sud i lavoratori sono pagati il 25% in meno di quelli del Nord» Sergio Cofferati, Ita spiegato come si svolgerà la manifestazione di Roma
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