Il mercato

Il mercato Il mercato In risalita verso i massimi storici *| L mercato dell'arte semI bra di nuovo spinto ai | suoi massimi storici. A I New York, da Sotheby's * 1 e da Christie's, si battono prezzi da brivido, tanto che già ci si chiede quanto potrà durare. La regola «numero uno» del successo finanziario nel mondo dell'arte, infatti, semplicemente non esiste. C'è chi ha guadagnato moltissimo, come il Fondo pensioni della British Rail, che investì 40 milioni di sterline in capolavori dell'impressionismo francese nel 1974 e smobilizzò dal 1989 un capitale che nel frattempo era salito a 360 milioni - per intenderci, mille miliardi di lire ai valori attuali. E c'è chi, come alcuni mercanti e collezionisti giapponesi, ha rivenduto poco tempo fa, perdendo un buon 30%, quegli stessi quadri degli impressionisti, pagati incautamente milioni di dollari durante il boom dei mercati dell'arte alla fine degli Anni 80. Naturalmente tra questi esempi estremi c'è il mercato vero con la gamma infinita di delusioni e soddisfazioni che caratterizza a tutto campo il dilemma del collezionista, da sempre combattuto tra la ricerca del piacere estetico e quella della sicurezza o del successo finanziario. La tesi più nota sul rendimento economico dell'arte è molto prudente. Uno studio dell'economista W. Baumol, che abbraccia oltre tre secoli di scambi, dal 1650 al 1960, rivela un tasso medio di rendimento intorno allo 0,55% l'anno: un dato esiguo, che scoraggerebbe qualsiasi «cassettista» di opere d'arte. Soprattutto se gli si dicesse che il rendimento delle obbligazioni nello stesso periodo è stato almeno il doppio. Per fortuna non viviamo così a lungo, ma i risultati degli ultimi decenni non sembrano molto più incoraggianti. Non conosciamo, dunque, la «regola d'oro» dell'investimento in arte, ma forse possiamo capire perché sia così difficile trovarla. Il mondo degli affari, racconta J. M. Keynes, è un po' come quelle gare sui giornali in cui i concorrenti devono estrarre da centinaia di fotografie i volti delle sei miss più belle. Vince chi ha fatto la scelta che più si avvicina a quella «media» di tutti i partecipanti. Qui sta il dilemma del collezionismo. Se si cerca il profitto, si devono scegliere non le opere che paiono le più belle, ma quelle che con maggiori probabilità cattureranno l'ammirazione degli altri. Come dice Keynes: «Non è proprio il caso di scegliere quelle miss che secondo il proprio gusto sono le più carine». Vince solo chi saprà anticipare i gusti degli altri. Al contrario, se si compera un quadro perché piace, perché ogni giorno osservandolo ci dà un'emozione, si rischia di trovarsi con un'opera spregiata dal mercato. La morale sembra, dunque, chiara: se si cerca il profitto, facilmente si riduce fi rendimento estetico, al contrario, se si cerca il piacere, si rischia l'insuccesso finanziario. Solo pochi fortunati riescono a risolvere il dilemma a loro vantaggio, ma questa è un'altra storia. Walter Santagata docente di Economia della cultura all'Università di Torino

Persone citate: Keynes, Walter Santagata