La rivoluzione da completare

La rivoluzione da completare I vantaggi di affidare a terzi i servizi di magazzinaggio e consegne La rivoluzione da completare Con minori costi e un miglior servizio Con l'annunciata privatizzazione dei servizi ferroviari, e anche del trasporto merci, viene a cadere l'ultimo alibi che giustificava l'arretratezza del Sistema Italia sotto il profilo non solo dei trasporti, ma della logistica in generale. Strano Paese l'Italia. E' stato tra i primi in Europa a cogliere l'opportunità del trasporto intermodale, cioè dell'utilizzo abbinato «ruota + rotaia» per ottimizzare i costi dei trasporti con il resto dell'Europa. Ma come spesso accade ha lasciato le cose a metà. C'è stata la corsa scriteriata alla realizzazione di centri intermodali con il contributo dello Stato. Dovevano essere pochi, concentrati, efficienti. Ne sono stati costruiti troppi e in modo dispersivo: almeno un'ottantina di miliardi buttati al vento, bruciati sull'altare dei campanilismi e delle ambizioni politiche locali senza tener conto dei vincoli del sistema ferroviario caratterizzato da una congenita insufficienza di binari per collegare il Nord con Centro e Sud Italia. E' un problema strutturale che richiede interventi sulla rete che, realisticamente, non potranno essere realizzati in tempi brevi. Ma si sarebbe potuto ovviare, almeno in parte, aumentando la taglia dei convogli che circolano. Non è avvenuto così: la dispersione dei terminali intermodali contribuisce a far circolare convogli mezzi vuoti per servire destinazioni secondarie. Il problema è poi aggravato dalla gestione del servizio da parte delle Ferrovie dello Stato: «Non conoscono i costi reali del servizio, non sono in grado di venderlo, non conoscono il mercato, si sono avventurate nell'improbabile tentativo di sostituirsi agli spedizionieri con un servizio door to door che non sono capaci di svolgere...», fanno notare in «camera caritatis» gli operatori italiani e stranieri che si stanno preparando a subentrare, almeno in parte, al gestore pubblico. L'introduzione, in tempi brevi, di un'effettiva logica di mercato nella gestione del sistema esistente, la conseguente concentrazione del traffico, l'attivazione di interventi mirati in grado di «aprire» i nodi che non consentono di completare le grandi direttrici (Villa Opicina-Torino, Milano-Roma, Bologna-Bari) sarebbero sufficienti a dare al Sistema Italia la fluidità necessaria per collocarsi in posizione realmente competitiva sullo scacchiere dei traffici tra Europa e resto del mondo. In realtà molti passi importanti, in questi anni, sono stati compiuti. I porti italiani, sia in termini di costi che in termini di qualità dei servizi forniti, hanno compiuto progressi negli ultimi anni, e un riscontro effettivo è rappresentato dal forte interessamento degli operatori stranieri alla gestione delle attività portuali in Italia. La crisi in atto non deve far dimenticare che comunque, anche nei prossimi anni, la crescita dell'interscambio mondiale continuerà a concentrarsi in direzione della Cina, dell'India e delle nazioni asiatiche. Lungo questa direttrice l'Italia dispone di un vantaggio competitivo naturale nei confronti dei tradizionali nodi logistici del Nord Europa (Amsterdam, Anversa, Amburgo) che il Paese non ha mai saputo implementare. Il motivo addotto era riassunto in poche frasi ellittiche: «Coi nostri porti... con le nostre ferrovie...». Era una constatazione. Ma d'ora in poi non dovrà più essere un alibi... La parola d'ordine è «terziarizzazione»: affidare a terzi quello che possono fare meglio, in modo più efficiente, con costi minori e un servizio qualitativamente migliore. Nella logistica il fenomeno è avanzato negli ultimi 15 anni con la portata di un'onda lunga: è cresciuto lungo il percorso e continua a cambiare di posizione. Cambia il contesto competitivo, i servizi logistici assumono dimensioni e performance differenti. Il primo segnale è venuto dal trasporto su strata in tempi che ormai appaiono remoti: padroncini e spedizionieri si sono andati sostituendo alle flotte di trasporto e di consegna aziendale per servire non solo le piccole aziende, ma anche i grandi gruppi. E' una rivoluzione ormai compiuta, da cui nes¬ suno pensa si possa tornare indietro anche se il sistema si trova ora di fronte a una sfida impegnativa: senza le dimensioni adeguate, senza un «cargo community system» in grado di ottimizzare percorsi e carichi dei mezzi che circolano, gli operatori italiani rischiano di trovarsi spiazzati di fronte alla competizione europea. E' seguita, negli Anni 70 la rivoluzione del magazzino: Farmitalia, Olivetti, Pirelli ed altre grandi aziende, motivate anche dal clima di scontro sindacale del Paese compiono il primo passo scorporando le attività di stoccaggio dei prodotti finiti affidandoli a gestori esterni. Appare ben presto evidente che il sistema consente di effettuare consistenti economie in termini di costi. E' più flessibile. Può dare risultati positivi in termini di servizio. Si entra così nell'era della focalizzazione sul «core business»: le aziende iniziano ad accettare l'idea che dalla fine della line di pro¬ duzione in poi, per la gestione del prodotto, ci si può affidare a terzi. E questo non solo per i magazzinaggi e le consegne, ma anche per altre operazioni complementari: confezione, etichettatura, personalizzazione delle configurazioni di prodotti (ad esempio per i computer e le apparecchiature hi-fi). Questa fase è tuttora aperta. Sulla carta i vantaggi della terziarizzazione sono inconfutabili: non solo in termini di ottimizzazione dei costi ma anche di innovazione del servizio. Appare sempre più evidente l'apporto dell'informatica per la gestione integrata delle diverse fasi del ciclo logistico con un forte impiego di risorse umane dedicate, un livello elevato di investimenti, una curva di apprendimento complessa. Emerge anche il fatto che non esiste «una» logistica ma che ne esistono molte: tempi, performance, flessibilità, tipologia dei mezzi e dei magazzini e copertura geografica richiesti per il ciclo della moda sono evidentemente diversi da quelli dei prodotti alimentari o dei beni semidurevoli. Le opzioni aperte attualmente sul mercato italiano, per i maggiori operatori della logistica, oscillano, di conseguenza, tra una forte specializzazione focalizzata su aree merceologiche specifiche (ad esempio: «logistica dei prodotti alimentari freschi») e un'ottimizzazione delle piattaforme sul territorio, attraverso una copertura merceologica più estesa. C'è spazio quindi per «grandi» aziende, che aspirano ad acquisire una dimensione che consenta loro di conseguire economie di scala, ma anche per piccoli operatori, fortemente specializzati, in grado di operare con strutture virtuali basate sulla competenza specifica e sulla specializzazione. La pressione dei costi e la necessità di performance sempre più stringenti in termini di tempi di consegna e di flessibilità del servizio hanno fatto emergere anche una consapevolezza accresciuta riguardo alla necessità di un approccio «cooperativo» tra fornitori e clienti.

Persone citate: Olivetti