Dal carbone alle fibre di Ugo Bertone
Dal carbone alle fibre Dal carbone alle fibre Nata ai tempi della grande guerra fu guidata da Gualino e Marinoni MILANO. Un'azienda condannata a cambiare in corsa, spesso data per spacciata e capace di risorgere in modo nuovo, originale. Questa è la sorte della Snia, l'azienda nata nel 1917 come Società Navigazione Italo Americana (si trattava di fornire il carbone Usa allo sforzo bellico dell'Italia di Caporetto), per poi trasformarsi nel 1922 in Società Nazionale Industria Applicazioni Viscosa, ovvero, dopo mille peripezie, gruppo leader delle fibre tessili artificiali. E non è finita qui: nel dopoguerra la Snia cavalca le fasi convulse, di sviluppo e di crisi, della crisi delle fibre e della chimica; investe nella meccanica, incorpora, nel '68, la Bomprini Parodi Delfino, che aveva pure grossi interessi nella meccanica e nei prodotti della difesa e spazio. Infine, la Snia odierna: oltre alle fibre c'è il biomedicale targato Sorin, la chimica fine orientata alla clientela auto. Non stupisce che su una nave condannata ad un tragitto così avventuroso abbiano servito tanti capitani d'industria di prima grandezza. In origine ci fu Riccardo Gualino, finanziere, uomo di Borsa e di cultura, mecenate della scuola di Torino, quella di Casorati, e scalatore, senza fortuna, del Credito Italiano agli inizi del 1920. Poi, il bastone del comando passò a Franco Marinotti: industriale e uomo di finanza pure lui, capace di combinare, assieme all'inglese Courtaulds, un'alleanza nelle fibre all'avanguardia tecnologica; pronto a cogliere le possibilità dell'integrazione verticale dell'impresa, tra agricoltura e trasformazione chimica, magari sotto il segno dell'autarchia, come i tempi imponevano. E così la Snia di Marinotti lucra profitti ingenti quando sforna il «Lanital», fibra artificiale di cui il regime mena orgoglio, anche per il successo oltre confine (cui non sono estranei i soci della perfida Albione). Ma il conte Marinotti è anche l'uomo che promuove il centro agricolo di Torviscosa, la più importante tenuta agricola italiana da dove doveva nascere la materia prima indispensabile per i satelliti tessili del gruppo. Nel dopoguerra la Snia di Marinotti si affranca presto dalle nostalgie autarchiche. L'azienda si avvale, fin da subito, dei consigli di Enrico Cuccia che fa intervenire ben presto Mediobanca nel capitale del gruppo. Non è una navigazione lineare quella della Snia, gran crocevia di affari (fino al '68 in consiglio c'è un brillante avvocato, consulente del conte, Michele Sindona) che non sfugge al lento declino dei profitti dell'industria italiana. Ci vuole un colpo di frusta, all'inizio degli anni Ottanta. Cuccia tesse le fila del salvataggio: nel capitale entrano la Sicind (gruppo Agnelli), la Marzotto, Lucchini e la Sade Finanziaria. Il risanamento è guidato da Pietro Marzotto che proprio in Snia dimostra di aver la stoffa del numero uno. Poi, nell'ottobre dell'81, è la volta di Giorgio Rossi, affiancato dal giovane Maurizio Romiti. Il resto è storia recente: la fusione con Bpd, l'incorporazione di Sorin, le intese con Rhòne Poulenc. Oggi è un gruppo concentrato in tre settori (fibre, chimica e bioingegneria) che fattura 3000 miliardi, ha 7339 dipendenti e ha distribuito un dividendo di 60 lire alle azioni ordinarie e 90 alle risparmio. E adesso l'ultimo balzo. Obiettivo, la proprietà diffusa. Ugo Bertone
Luoghi citati: Caporetto, Italia, Milano, Torino, Torviscosa
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