«lo il killer? Non distinguo le armi»

«lo il killer? Non distinguo le armi» Processo Gucci «lo il killer? Non distinguo le armi» MILANO. «Andatevi a leggere il primo verbale di Gabriele Carpanese. Andate a leggere quando gli chiedono perché ha aspettato tanto tempo per andare alla polizia. Lui risponde che non ha lavoro, ha bisogno di soldi e spera in un riconoscimento dello Stato. Non scrivete fesserie: io non so neanche distinguere una pistola da un fucile». Le mani aggrappate alle sbarre, urla furioso dalla gabbia dei detenuti Benedetto Ceraulo, 0 killer (secondo l'accusa) di Maurizio Gucci. E regala a un processo dai toni un po' spenti un insperato momento di vivacità. Del resto Ceraulo, a differenza del suo compagno di gabbia, l'impassibile Orazio Cicala, è come se capisse tutto a un tratto che al di là del circo di fotografi e telecamere, delle scaramucce tra avvocati e pm, delle formalità del presidente della corte d'assise Renato Samek Ludovici, lo aspetta alla fine di tutto la prospettiva del carcere a vita. Soprattutto ora che ha sentito la relazione introduttiva dell'accusa, rappresentata, con sornione distacco partenopeo, dal pm Carlo Nocerino. Niente di nuovo. Tutto già scritto e detto ma non per questo meno impressionante: il mandato ad uccidere di Patrizia Reggiani, ex signora Gucci, la trama organizzativa della maga Pina Auriemma, 0 ruolo di collegamento del portiere semi-confesso Ivano Savioni, i ricatti, i veleni, l'auto guidata dal complice Orazio Cicala, giù, giù, fino ad arrivare a lui, il killer Ceraulo. Una scontata ineluttabilità che il pm Nocerino fa scivolare su una montagna di carte; tabulati telefonici nei giorni del delitto, intercettazioni ambientali, appunti di agende, confessioni lasciate a metà e soprattutto versamenti di denaro. Prove, secondo il pm, che inchiodano Patrizia Reggiani e i suoi complici alle loro responsabilità. Prove, secondo la difesa della ex signora Gucci, che invece vanno lette con un occhio diverso al punto da poter ribaltare un verdetto che in questo processo non sono in pochi a dare per scontato. Perché gli avvocati di Patrizia Reggiani, Gaetano Pecorella e Giovanni Maria Dedola, intendono dimostrare come la loro cliente sia la vera vittima di un complotto messo in atto dalla sua ex amica Pina Auriemma. «E' vero - ammettono i legali - Patrizia Reggiani si vantava, lo diceva a tutti che avrebbe voluto veder morto l'ex marito, ma proprio per questo è diventata vittima della sua ossessione, di chi conosceva i suoi desideri e li ha realizzati per poi ricattarla». E d'altronde, quale fesso al mondo avrebbe potuto decidere di far fuori la propria gallina dalle uova d'oro? «Patrizia Reggiani - spiega l'avvocato Dedola - in seguito alla separazione da Gucci riceveva 100 milioni al mese. Che interesse avrebbe avuto ad ucciderlo?». L'odio, risponde esponendo la sua tesi il pm. Un astio insopprimibile maturato nel dolore dell'abbandono e di un tumore al cervello. Rabbia insopportabile per un uomo, Maurizio Gucci, «gelido nei rapporti umani» e che le aveva preferito una donna più giovane e bella, Paola Franchi. Fino a meritarsi 4 proiettili in corpo, calibro 7,65. [p. col.)

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