Sette chef fanno scuola a San Patrignano

Sette chef fanno scuola a San Patrignano REPORTAGE NUOVE VIE DEL RECUPERO Muccioli jr. accoglie il gotha dell'alta cucina tra i 2 mila ragazzi della comunità Sette chef fanno scuola a San Patrignano «Per un giorno ci hanno insegnato i loro segreti» SAN PATRIGNANO DAL NOSTRO INVIATO Refettorio di San Patrignano, ore 13: duemila persone ai tavoli, gli chef di sette tra i migliori ristoranti d'Italia ai fornelli di una cucina su due piani grande quasi come un Palasport. I clienti, oggi, sono i ragazzi della comunità. Ma anche i camerieri lo sono: per apparecchiare tutte le tavolate hanno impiegato un'ora e mezzo. E così gli aiuti cuochi, indispensabili nella preparazione delle cinque portate, dai 250 litri della crema di asparagi alle 200 focacce alle mandorle e nocciole con frutti di bosco marinati all'aceto balsamico. E così, infine, i produttori stessi delle «materie prime»: pane, carne, formaggi e frutta. L'incontro tra il gotha dell'alta cucina e i ragazzi che stanno seguendo il percorso di recupero dalla tossicodipendenza è stato promosso dall'associazione «Le Soste», di cui fanno parte gli chef di 50 ristoranti. C'è poi la mano di Andrea Muccioli, erede del fondatore Vincenzo e amante della buona tavola. «Gli chef ci hanno regalato ima parte di loro - commenta -. Questa è stata una trasmissione di cultura e di sapere». I cuochi della comunità hanno lavorato otto ore a fianco dei «maestri» e ora sono in grado di trasmettere a loro volta quanto hanno appreso. «Sanpa» funziona così: via di mezzo tra una società autarchica e una piccola, modernissima struttura industriale, accoglie i tossicodipendenti e gradualmente insegna loro un lavoro specializzato. «Non esistono criteri di selezione spiegano gli operatori di San Patrignano, molti dei quali ex drogati che hanno deciso di restare nella comunità -. A ogni ragazzo chiediamo determinazione ad affrontare il recupero e rispetto delle nostre regole». L'ospite viene affidato ad altri giovani più avanti di lui nel percorso di recupero, quindi introdotto in uno dei 60 gruppi suddivisi per attività: dalla programmazione dei computer alla realizzazione di mobili di qualità, dall'allevamento di cavalli da competizione alla cucina appunto. «I nostri camerieri sono preparati come in una scuola alberghiera», spiega Carlo Forquet. Vero: il servizio, malgrado l'im- mensità del salone, si svolge ordinato. Gli chef sovrintendono, rifiniscono i piatti, danno le ultime disposizioni. Hanno cominciato alle 7 del mattino, finiranno alle 4 del pomeriggio. La comunità non ha fretta. «Hanno una cucina più grande della mia», scherza Gualtiero Marchesi, nei panni di ospite dei suoi colleghi delle «Soste». Prima del pranzo, il suo collaboratore giapponese Kotani Etsuro è stato premiato come migliore sommelier dell'anno. «Istituiamo una data fissa, la festa di San Patrignano con le Soste - propone invece Giancarlo Vissani -. Sarebbe bello per noi che voghamo lanciare nel mondo l'alta ristorazione e per i ragazzi stessi». Sarà anche lei ai fornelli il prossimo anno? «Vedremo». Gli ospiti della comunità ap¬ prezzano. E imparano: nel cassetto c'è già il progetto di aprire un ristorante. L'immagine di questa cittadella sorta nel '78 su un colle, a metà strada fra Rimini e San Marino, è quella dell'oasi felice. Ma che ne è dei processi, delle accuse di violenza, della morte di un ragazzo? «Sono episodi legati a un momento storico particolare - risponde Forquet, che è direttore responsabile del giornale della comunità -. Nessuno sapeva niente del recupero dei tossicodipendenti: erano tempi pionieristici, si cercava di capire come trattenere le persone, per evitare che uscissero e tornassero a farsi». I risultati di oggi? «Un istituto esterno ha elaborato una statistica su 211 persone che erano state a San Patrignano per almeno 14 mesi e ne erano uscite da almeno quattro anni: il 71 per cento è risultato perfettamente inserito nella società». Sanpa vanta altri numeri: un turnover di 700 persone all'anno, 3000 richieste di ingresso, 500 tra sieropositivi e malati di Aids tutti curati nell'ospedale interno. «Oltre due terzi delle nostre attività sono finanziate con la vendi- ta dei prodotti, tutti sottoposti a severi standard di qualità - dicono ancora gli operatori -. Il resto è frutto di donazioni. Ospiti e loro parenti per statuto non possono versare neanche una lira. Lo Stato risparmia 500 miliardi all'anno». Il nemico? «Quelli che vogliono legalizzare il consumo di droga». Stefano Mancini Un gigantesco pranzo «supervisionato» da Vissani e Marchesi IL MENU' Ovina di asparagi con ricotta e fegatini alle erbe Risotto con peperoni dolci di Voghera * Coniglio farcito in salsa di tartufo nero di Norcia Tortiim di patate * 1 formaggi de La liuteria di Tene del Cedro * Focaccia alle mandorle e nocciole confatiti di bosco marinati all'aceto balsamico

Luoghi citati: Italia, Rimini, San Marino, Voghera