Armi, le 8 regole dell'Europa di Francesco Manacorda

Armi, le 8 regole dell'Europa BRUXELLES Non verranno più fornite a Paesi che non rispettino i diritti umani Armi, le 8 regole dell'Europa Un codice di condotta per le esportazioni BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Europa si dà un codice di condotta per le esportazioni d'armi, un primo e timido passo verso una posizione comune che cerchi di conciliare esigenze etiche e commerciali. Dopo l'approvazione dei ministri degli Esteri dei Quindici, ieri a Bruxelles, toccherà ai capi di Stato e di governo approvare definitivamente il testo al vertice di Cardiff di metà giugno. Con l'entrata in vigore del codice gli Stati membri dell'Unione europea che vorranno esportare armi dovranno attenersi a otto criteri comuni (che esistevano già dal 1991, ma che sono stati rafforzati) che prendono tra l'altro in considerazione il rispetto dei dirit- ti umani nei Paesi che chiedono armamenti, la possibilità che le forniture portino a un prolungamento o a un intensificarsi dei conflitti, la posizione dei potenziali «clienti» nei confronti del terrorismo internazionale. Cosi ad esempio i Paesi Ue si impegnano a non concedere licenze per l'esportazione di armamenti «se esiste un chiaro rischio che gli equipaggiamenti possano essere utilizzati per la repressione interna», ma si limitano a «esercitare particolare attenzione e vigilanza» nel caso in cui le forniture siano destinate a Paesi nei quali siano state accertate gravi violazioni dei diritti umani. La novità maggiore del codice è che i Quindici saranno spinti, anche se non obbligati, ad agire in modo più uniforme. Infatti, se un Paese Ue vorrà effettuare una fornitura d'armi che sia stata rifiutata da un altro Stato membro nei tre anni precedenti, dovrà prima di tutto consultare il Paese che ha negato la licenza all'esportazione; se poi deciderà comunque di effettuare la fornitura dovrà spiegare in modo dettagliato la sua scelta. Un rapporto annuale di ogni Stato membro sarà infine sottoposto a una riunione dei Quindici per avere il quadro della situazione. La presidenza britannica dell'Ue, grande sponsor assieme all'Italia del codice di condotta, non è invece riuscita a far passare la regola secondo cui il «no» a una fornitura di un solo Stato Ue sarebbe stato vincolante per tutti i Quindici. Questo, assieme al fatto che la decisione del Consiglio Ue non ha valore giuridicamente vincolante, ma solo politico, porta i critici a giudicare debole l'impegno dell'Unione mentre dal fronte opposto si avverte che imporre troppi lacci all'export europeo non farebbe che avvantaggiare la posizione di Stati Uniti e Russia. Positivo il giudizio del ministro degli Esteri Lamberto Dini: «Il testo approvato è un grosso avanza¬ mento, specie per quel che riguar da il rispetto dei diritti umani e il comportamento degli altri Stati membri se un Paese rifiuta una fornitura». Piuttosto fredda è invece la rea zione del ministro alla proposta lanciata tra gli altri da Jacques Delors e da Tommaso Padoa Schioppa di legare la nomina del presidente della Commissione di Bruxelles al risultato delle elezio ni europee: «Sarebbe un ulteriore passo avanti verso la democratiz zazione delle istituzioni Ue, a cui l'Italia è favorevole, ma non mi sembra così significativo». Secondo Dini, poi, la proposta «non è fattibile» per le elezioni europee del '99. Francesco Manacorda Per il ministro degli Esteri Lamberto Dini il testo approvato è un «grosso avanzamento»

Persone citate: Dini, Jacques Delors, Lamberto Dini, Tommaso Padoa Schioppa