Il Cancelliere e l'editto degli asparagi di Emanuele Novazio
Il Cancelliere e l'editto degli asparagi Minaccia di tagliare i sussidi a chi rifiuta. Insorgono i coltivatori: gli immigrati rendono di più Il Cancelliere e l'editto degli asparagi «Disoccupati, raccoglieteli voi» BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Potrebbe costar cara a Helmut Kohl, in termini elettorali almeno, quella che i coltivatori chiamano già «la guerra dell'asparago», e che da quando la stagione di raccolta è cominciata a fine aprile - ultimo giorno utile il 15 di giugno - mobilita i produttori del vegetale più amato e consumato dai tedeschi (41 mila tonnellate nel '97, un chilo a testa per ogni cittadino adulto, più di ogni altro Paese al mondo): per ridurre il numero dei disoccupati arrivati a quasi 5 milioni, e alleggerire statistiche estive elettoralmente ghiotte, almeno il 15% dei raccoglitori stagionali deve essere reclutato negh elenchi degù' uffici federali del lavoro. Pena la decadenza delle indennità di disoccupazione, i convocati devono presentarsi puntualmente al campo, ogni mattina all'alba, e lavorare fino al tramonto: salario medio pattuito, 10 marchi l'ora. Ma le possibilità di attuare quella che a Bonn è nota come «la disposizione asparago» sono nulle o quasi: il solo esito concreto, si prevede, sarà la ribellione elettorale degli agricoltori, tradizionale feudo del partito di Helmut Kohl. Contro la nuova legge la mobilitazione è infatti unanime: le resistenze non vengono soltanto dai diretti interessati, uomini e donne magari da tempo senza occupazione ma a disagio con un lavoro obiettivamente faticoso e giudicato mal retribuito. Anche i produttori non vogliono saperne di un provvedimento che, sostengono, impone costi elevati in cambio di risultati «a dir poco pessimi», come riassume uno di loro, Hans Reitz, 3 ettari e mezzo di asparagi in Assia: «Se assumo 40 polacchi, arrivano 40 polacchi. Ma quando ho chiesto 40 disoccupati tedeschi se ne sono presentati 20, hanno accettato il lavoro in 10, il primo giorno ne sono venuti 4, il terzo giorno erano rimasti 2». Senza contare il rendimento: «Un polacco raccoglie in un'ora la stessa quantità di asparagi di tre disoccupati tedeschi insieme». Se non altro, la «guerra dell'asparago» avrà rinverdito le maliziose riflessioni sui tedeschi rammolliti dal benessere e viziati da un sistema di garanzie sociali che «allontana i disoccupati dal lavoro». Se non altro, avrà spinto il Paese a riflettere su quella che influenti commentatori definiscono «la crisi di valori di fine millennio», e che consiste in realtà in un eloquente paradosso: il Paese inventore del Welfare non tiene il passo con la mobilità dei tempi, e rischia di esplodere sotto il peso delle proprie rivoluzionarie ere- dita. Nell'immediato, la contestazione assume risvolti bellicosi: «Piuttosto che assumere disoccupati tedeschi, lascio che i miei campi vadano in malora», minaccia un coltivatore renano, Franz-Peter Allofs, annunciando resistenza. Come lui, sono in molti a definire «una farsa» la «legge asparago»: non serve ad alleviare la disoccupazione, dal momento che garantisce impiego per meno di due mesi; e impone costi del lavoro superiori di almeno il 20% rispetto all'impiego di stagionali polacchi. Senza contare i rischi accessori: «Un disoccupato costa ai miei nervi più di 50 croati», garantisce mi agricoltore. «Se resterà il contingentamento non produrremo più asparagi», annunciano i fratelli bavaresi Lohner. Con una minaccia condivisa e ad alto rischio elettorale, in un Paese che per l'asparago ha una devozione e una ritualità complessa (per 40 giorni anche il più modesto ristorante affianca al menù una «carta asparagi» con una ventina di piatti dedicati, mentre centinaia di città e villaggi gli dedicano sagre, degustazioni, fiere) e che fra i suoi vanti esibisce una rarità preziosa, il «Museo dell'asparago». Emanuele Novazio arbeitsios Il cartello «sono disoccupato» a un corteo di protesta contro la politica del Cancelliere Kohl [FOTO REUTERJ
Persone citate: Hans Reitz, Helmut Kohl, Peter Allofs
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