Il Cavaliere rischia la sindrome di Occhetto di Augusto Minzolini

Il Cavaliere rischia la sindrome di Occhetto DALLA Il Cavaliere rischia la sindrome di Occhetto Polo euforico mentre torna l'illusione del Grande centro S^chiama, appunto, illusione' étéitóràlé 8 sìùartilne di Cicchetto, per via di quelle elezioni amministrative che l'allora segretario del pds vinse alla grande nell'autunno del '93, prima di beccare una batosta storica alle politiche, sei mesi dopo, proprio dal Cavaliere. Ebbene, i politici nostrani contraggono spesso questa perfida malattia che ha come primo sintomo l'«onnipotenza», il venir meno di ogni senso del limite. Non si sa se per negoziare al meglio le riforme, per sfruttare il risultato elettorale o per rompere davvero, gli uomini del Cavaliere anticipano questo copione: Berlusconi nelle prossime 48 ore porrebbe di nuovo a D'Alema le due questioni dei poteri del capo dello Stato nella nuova Costituzione e della giustizia, chiedendo qualcosa di più e, in caso di diniego, sarebbe pronto a rompere. «E' di pessimo umore», conferma il plenipotenziario di Forza Italia, Marcello Pera. Mentre i frequentatori di Arcore raccontano le confidenze dello stesso Cavaliere: «Non dormo da due giorni perché sto valutando questa decisione». Fin qui le possibili interferenze sullo stato d'animo di Berlusconi del risultato elettorale. Sull'altro versante, il voto ha spazzato via un'altra illusione, un'altra mania di onnipotenza. Neanche un mese fa, con l'ingresso nell'Euro, Romano Prodi festeggiava il suo trionfo al Campidoglio, toccava il cielo con un dito e raggiungeva D suo apogeo. Dopo la frana di Sarno e le fughe di condannati eccellenti, il voto ha riportato il premier con i piedi per terra. Il risultato in questa prima tornata amministrativa dimostra, infatti, che l'Ulivo non cresce come qualcuno aveva pensato. Dopo due anni di governo sta lì, ma non va oltre. Non conquista consensi neppure la sinistra democratica all'interno della coalizione di centro-sinistra. Anzi, perde punti come Rifondazione. Tant'è che D'Alema in pubblico può dire solo che si è trattato di un «voto equilibrato» e, scherzando, consolarsi con il successo nella regata dell'ultimo week-end: «Almeno lì è indubitabile che ho vinto». In privato, invece, il segretario dei ds non nasconde la sua preoccupazione per «questo ritorno della de», cioè per il risultato di un voto che premia tutte le formazioni fighe dei partiti di governo della prima Repubblica, dallo scudocrociato ai socialisti di Enrico Boselli. E qui arriviamo al paradosso più evidente del voto: le urne hanno dimostrato che in questo Paese il bipolarismo si basa su Ulivo e Polo e la prova, se ce ne fosse bisogno, è nei ballottaggi che si svolgeranno tra due settimane, dove si confronteranno praticamente solo i candidati di questi due schieramenti. Il terzo incomodo di questi ultimi anni, cioè la Lega, è infatti riuscita ad imporre un suo uomo soltanto a Treviso. Di contro, però, all'interno delle coalizioni il voto ha premiato tutte le formazioni centriste a cominciare da quelle di provenienza de, siano esse organiche ai due schieramenti o ballerine come l'Udr: ad esempio, per rimanere a Palermo, Francesco Musotto vince ma Forza Italia perde una marea di voti in favore degli uomini di Cossiga, schierati anch'essi a sostegno del candidato del Polo. Ieri, addirittura, Clemente Mastella andava in giro dicendo che l'Udr è al 15 per cento a livello nazionale e «ha surclassato Alleanza nazionale». Così automaticamente è tornata a galla - non si sa ancora se come minaccia ai grandi partiti, o come una vera prospettiva politica - l'ipotesi di un Grande Centro che dovrebbe rimettere in discussione i due Poh. Un'altra probabile illusione. Il voto, quindi, ha fatto nascere due illusioni che potrebbero abbagliare Berlusconi e i centristi dei due Poli. E ne ha spazzata via un'altra, quella di Prodi. Quello che doveva vincere non ha vinto e quelli che hanno vinto non è detto, però, che vincano domani. Il che dimostra quanto il Paese sia ancora in una fase magmatica e, nel contempo, quanto siano relativi questi test elettorali. Non per nulla tutti interpretano il voto a modo loro. Berlusconi pensa di essere stato premiato per la sua linea di rottura con la Bicamerale, dimenticando che il partito anti-riforme per eccellenza - cioè la Lega - è l'unico vero sconfitto di questa tornata elettorale. Fini, invece, è sicuro che il voto è un'indicazione a condurre in porto le riforme per istituzionalizzare il bipolarismo italiano. L'esatto opposto di Ma- stella che nei risultati di domenica individua «una gran voglia di de». Gli uomini di D'Alema non vogliono sentir parlare di passo falso per i democratici di sinistra: sta di fatto, però, che quella parte dei socialisti che è rimasta fuori dalla Cosa-2 è stata premiata dagli elettori. Tanti giudizi diversi e discorsi contrastanti dovrebbero, quindi, spingere i protagonisti a organizzare in maniera definitiva, attraverso una riforma istituzionale, il bipolarismo di questo Paese. Imporre un ordine, uno schema per non rischiare una confusione permanente o ritorni al passato. Invece, si può star sicuri che le «illusioni» movimenteranno le prossime settimane, magari comprometteranno definitivamente le riforme elettorali. Fino a quando, all'indomani di un nuovo voto, qualcuno si accorgerà di aver sbagliato i calcoli, di essersi, appunto, illuso. E' successo alla sinistra ai tempi di Occhetto. E un'esperienza del genere l'hanno provata sulla loro pelle proprio Berlusconi e Fini, che silurarono nella legislatura precedente il tentativo di Antonio Maccanico di formare un governo per le riforme eppoi andarono incontro alla sconfitta elettorale del '96. Tutti episodi che dovrebbero far riflettere. Ma, come si dice, il lupo perde il pelo, non il vizio. Augusto Minzolini Prodi appare un po' deluso dopo la «sbornia» dell'Euro L'Ulivo non cresce come pensava D'Alema allarmato «per questo ritorno della de» E Mastella si sente già più forte di Fini

Luoghi citati: Arcore, Palermo, Treviso, Ulivo