Trappola nell'iperbolica

Trappola nell'iperbolica Napoli, la vittima è un giovane agricoltore: si è rotto un vaso sanguigno durante la terapia Trappola nell'iperbolica Non si può aprire: muore dissanguato NAPOLI. Nella camera iperbarica il paziente aspetta tranquillo che la seduta finisca. Ma accade l'imprevisto. Dalla ferita alla gamba comincia ad uscire sangue: l'emorragia sembra inarrestabile. I tecnici, però, non possono aprire subito perché tutti i quattro ammalati presenti in quel momento rischierebbero un'embolia. Passano sette, lunghissimi, minuti, il tempo minimo necessario per la decompressione. E quando il portellone viene finalmente aperto, il giovane è già in condizioni molto gravi. Ha bisogno di una trasfusione, ma muore prima che l'ambulanza arrivi in ospedale. Per i familiari di Pasquale Di Somma, 22 anni, agricolto- re a San Giuseppe Vesuviano, un paese a Nord di Napoli, la tragedia si è consumata nella camera iperbarica del centro di ossigenoterapia Iper a Pozzuoli. La segnalazione dei parenti ha fatto scattare un'indagine dei carabinieri. Un terribile incidente? Oppure nell'assurda fine del paziente vi sono precise responsabilità? La risposta è affidata all'inchiesta aperta ieri con il sequestro della cartella clinica. L'odissea di Pasquale comincia il 9 maggio scorso, quando subisce un incidente mentre è alla guida del suo trattore. Nell'impatto si ferisce e viene accompagnato all'ospedale Cardarelli di Napoli dove i medici del pronto soccorso gli diagnosticano una le- sione piuttosto seria ad una gamba e dispongono il ricovero nel reparto di ortopedia. Le condizioni del giovane non appaiono particolarmente gravi, ma è indispensabile far fronte al pericolo di una cancrena. Per accelerare il processo di cicatrizzazione si decide così di ricorrere alla ossigenoterapia in una camera iperbarica. La struttura individuata per il trattamento è il centro privato Iper di Pozzuoli, piuttosto noto nella zona come sponsor della squadra femminile di basket che milita in A2. Qui Pasquale Di Somma viene sottoposto anche due volte al giorno al trattamento: la ferita sembra rispondere bene alla cura che si protrae per circa due settimane. Sabato mattina è in pro- gramma una seduta e dal Cardarelli l'ammalato viene trasferito a Pozzuoli come di consueto. La terapia è appena cominciata, quando dalla lesione fuoriesce un fiotto di sangue. «Si è trattato di un evento non prevedibile - spiega il direttore sanitario del centro Iper, Nicola Salerno - causato dalla rottura di un vaso sanguigno. Gli addetti alla camera iperbarica non hanno potuto aprire subito la porta perché lo stesso paziente e gli altri tre ammalati che si stavano sottoponendo alla cura avrebbero rischiato un'embolia». I tecnici, stando al racconto di Salerno, avrebbero comun¬ que dimezzato i tempi della decompressione (7 minuti invece di 15) per tirare fuori al più presto Pasquale che aveva chiaramente bisogno di una trasfusione. Ma quando l'ambulanza è arrivata al Cardarelli era ormai troppo tardi. Mariella Cirillo Attesi sette minuti per evitare un'embolia agii altri pazienti A destra, una camera iperbarica simile a quella dell'lper di Pozzuoli

Persone citate: Cardarelli, Di Somma, Mariella Cirillo, Nicola Salerno

Luoghi citati: Napoli, Pozzuoli, Salerno, San Giuseppe Vesuviano