Hong Kong dà uno schiaffo ai cinesi

Hong Kong dà uno schiaffo ai cinesi Gli exit poli del primo voto multipartitico li danno in testa con il 60 per cento dei favori Hong Kong dà uno schiaffo ai cinesi / democratici vincono le elezioni HONG KONG. Con una smagliante vittoria nelle prime libere elezioni dal ritorno del territorio alla Cina il 1° luglio scorso, i democratici tornano trionfalmente nel Parlamento dell'ex colonia da cui erano stati cacciati poche ore dopo che era stata issata la bandiera cinese al posto della Union Jack. I risultati saranno noti solo oggi, ma secondo gli exit poli avrebbero avuto il 60 per cento dei voti nelle cinque circoscrizioni in cui si è votato per l'elezione diretta dei parlamentari. E' una vittoria morale, di alto significato ma di scarso effetto pratico: dato il perverso meccanismo elettivo, pur avendo avuto la maggioranza dei suffragi diretti, in assemblea disporranno al massimo di 16 seggi su 60. E' comunque un trionfo per Martin Lee, l'avvocato educato in scuole cattoliche ma di cultura profondamente cinese, campione dei diritti umani, capo del partito democratico e leader in genere di gruppi di questa impostazione, che torna vittorioso nell'assemblea da cui era stato cacciato col ripristino della sovranità di Pechino. Nella notte fra il 30 giugno e il primo luglio dell'anno scorso, appena preso possesso di Hong Kong, la Cina dissolse il Parlamento eletto nel '95, nel quale i democratici avevano la maggioranza, insediando al suo posto un'assemblea nominata da un comitato di 800 persone da essa scelte. Questa stessa assemblea aveva nominato qyuale capo dell'esecutivo C.H. Tung, un armatore originario di Shanghai ma con stretti rapporti con la Città Proibita. Costretto ad andarsene col suo gruppo, Lee lasciò il palazzo dell'assemblea con un commosso discorso al grido di «ritorneremo». Secondo gli exit poli, Lee è NAZISMO llllHllliliimilll1» stato rieletto con oltre il 50 per cento nel suo collegio. Rieletta anche Emily Lau, ex giornalista e campione dei diritti umani, anch'essa leader di un gruppo democratico vicino a Lee, avendo con lui fatto aspra battaglia contro le decisioni di Pechino. Due personaggi che le autorità comuniste e i baroni rossi dell'ex coloma vedono come il fumo negli occhi. Dei 60 seggi dell'assemblea, solo 20 sono attribuiti con elezioni a suffragio universale. Gli altri 40 sono in parte assegnati con votazioni tra associazioni di categoria e in parte nominati da un comitato i cui componenti sono approvati da Pechino. Per questo i democratici pur avendo vinto le elezioni restano in minoranza: sia le associazioni professionali sia il comitato non nominano personalità sgradite alla Città Proibita. Secondo le previsioni, i democratici potrebbero avere 16 seggi complessivamente. Benché Hong Kong sia regione autonoma e con una propria costituzione, con Esteri e Difesa di competenza di Pechino, si tratta delle prime elezioni libere in Cina. Contrariamente a ogni previsione, l'affluenza alle urne è stata altissima malgrado piogge torrenziali: hanno votato il 53 per cento degli iscritti, molto di più del 35 per cento registrato nelle votazioni del '95. Dato il perverso meccanismo elettivo si temeva un calo dei votanti, che non c'è stato. La squillante vittoria dei democratici è ancor più significativa in rapporto alla punitiva normativa elettorale: sulle schede, non simboli dei partiti in lizza, né nomi di candidati. Ognuno doveva ricordarsi i nomi da votare, molti dei quali poco noti salvo leader come Lee e la Lau, nella selva di nomi e sigle che si somi¬ gliano. Il fatto stesso che libere elezioni si siano svolte in territorio cinese, con alta partecipazione malgrado tutti i limiti, e che siano state vinte da democratici benché puniti dal sistema elettivo, ha un significato che supera Hong Kong, e potrebbe essere contagioso per la Cina continentale. Per Pechino, Hong Kong potrebbe alla lunga essere una bomba a tempo, o quanto meno un fattore di accelerazione delle riforme. A tutto ciò si riferisce Martin Lee con una sua dichiarazione: «E' una vittoria per la democrazia, con un messaggio alto e chiaro. Voghamo democrazia, e sarebbe interesse di Pechino prendere atto di questo messaggio. Fernando Mozzetti E' un importante successo morale (Pechino ha sciolto il Parlamento nel quale avevano la maggioranza) ma in assemblea avranno solo 16 seggi su 60 Aita l'affluenza ai seggi nonostante le forti piogge

Persone citate: Emily Lau, Fernando Mozzetti, Martin Lee, Tung