Ulster, gli ultrà non si arrendono di Fabio Galvano

Ulster, gli ultrà non si arrendono IRLANDA DEL NORD A poche ore dal referendum un segnale di come la pace sia ancora in pericolo Ulster, gli ultrà non si arrendono Bomba alla stazione di Belfast, nessuna vittima BELFAST DAL NOSTRO INVIATO E' stato, dati i precedenti irlandesi, un botto di poco conto. Ma la rudimentale bomba semiesplosa nella notte fra sabato e domenica alla stazione ferroviaria di Finaghy, in un quartiere periferico di Belfast, rivela a quali pressioni sia ancora sottopposta la nuova pace dell'Ulster e quali formidabili pericoli si annidino dietro le quinte della storica svolta irlandese. A poche ore dal referendum, risoltosi con un trionfo del sì, l'ordigno - nessun ferito, neppure l'artificiere dell'esercito che cercava di disinnescarlo con un robot telecomandato, e due immediati arresti - indica chiaramente che della nuova Irlanda sono state gettate le basi; ma che ora occorre un impegno da tutte le parti per garantire il consolidamento del processo di pace. Ora l'Ulster si volge alle elezioni del 25 giugno per i 108 seggi della nuova Assemblea: già si profilano liste di un migliaio di candidati, oltre alle prime manovre fra gli unionisti per marginalizzare il «partito del no», che nonostante la sconfitta continua a sostenere per voce dell'irriducibile reverendo Ian Paisley che «questo era soltanto il primo round», che il Nordirlanda protestante «non accetta il tradimento». Schermaglie inevitabili, destinate però a esasperare - nelle prossime settimane - il clima già difficile pro¬ vocato dai veri motivi di dissenso: primi fra tutti il disarmo e il rilascio dei carcerati (quest'ultimo indicato come principale motivo dei «no», contrari come sono gli unionisti a rivedere nelle vie i terroristi dell'Ira e quelli delle formazioni lealiste), ma anche il modo di neutralizzare i gruppuscoli che non hanno aderito alla tregua dell'Ira e dei paramilitari protestanti. C'è la coscienza, insomma, che il referendum è stato soltanto il primo passo. E ieri il leader unionista David Trimble, artefice del sì che nelle file protestanti ha raggiunto il 55%, ha perentoriamente invitato Gerry Adams, leader del Sinn Féin che è braccio politico dell'Ira, a dichiarare formalmente che «la guerra è finita» e a convincere i combattenti cattolici ad avviare il disarmo entro sei mesi. Adams ha replicato che non vuole altro, ma che il disarmo deve riguardare tutti, anche l'esercito britannico e la polizia nordirlandese odiata dai cattolici. Il dialogo non è più fra sordi, ma resta difficilissimo; anche perché Trimble continua a rifiutare un dialogo diretto con Adams, condizionato forse dal sospetto con cui il mondo unionista controlla la sua convergenza verso una pace che, per definizione, non può essere altro che la rinuncia protestante ai privilegi del passato, a secolari soprusi, a un umiliante dominio. Fabio Galvano Tre bambini sotto un grande murale ieri in Shankhill Road a Belfast [REUTERS]

Persone citate: Adams, David Trimble, Gerry Adams, Ian Paisley, Trimble

Luoghi citati: Belfast, Irlanda, Irlanda Del Nord, Ulster