Palermo, in manette il boss Guastella
Palermo, in manette il boss Guastella Palermo, in manette il boss Guastella Killer di Cosa nostra, era a letto con una ragazzina PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Uno dei più pericolosi boss della mafia, Pino Guastella, 44 anni, è stato catturato ieri mattina dalla polizia in un alloggio in via Roccazzo, nella periferia di Palermo, dove si nascondeva con una «lolita». La ragazzina, che compirà 15 anni tra pochi giorni, è stata segnalata per il reato di favoreggiamento al tribunale per i minorenni. I genitori si sono mostrati sbalorditi: «La credevamo ospite di nostri parenti. Voghamo capire che cosa faceva in quelle casa», hanno detto al dirigente della squadra mobile Guido Marino, che però gli ha creduto a metà. Sono stati anche arrestati per favoreggiamento Domenico Sansone, proprietario dell'alloggio, e Francesco Catalano, che è risultato intestatario del contratto dell'Enel per l'appartamento stesso, tutti e due incensurati. L'inchiesta prosegue per met¬ tere a nudo la rete di protezioni e complicità di cui il boss si è avvalso nei quasi tre anni di latitanza. Quando sono arrivati i poliziotti, alle 9,30, la ragazzina era ancora a letto. Pino Guastella, che si stava sbarbando, non ha accennato al minimo tentativo di resistenza. L'alloggio, al piano rialzato di un tranquillo condominio, non distante dalla rimessa dell'Azienda municipalizzata trasporti, è arredato con lusso. I soldi a Guastella non mancavano, se è vero che ormai da anni controllava il giro d'affari multimiliardario del racket delle estorsioni gestito dalla mafia nella fascia orientale di Palermo, nel mandamento San Lorenzo-Resuttana, al cui' vertice sarebbe subentrato al superlatitante Mariano Tullio Troia. Dopo gli inizi come killer, Guastella di strada ne aveva fatta parecchia, anche perché è il figlioccio di Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Runa. La riuscita operazione è subito valsa a Caselli, al questore Antonio Manganelli e ai loro collaboratori immediati messaggi di plauso. La cattura è avvenuta giusto all'indomani del sesto anniversario della strage di Capaci, commemorato sabato nel ricordo di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di polizia morti con loro: Rocco Di Cillo, Antonino Montinari e Vito Schifani. Un anniversario che, come i precedenti, è stato l'occasione per ripetere che la lotta alle cosche presuppone il massimo impegno degli apparati antimafia. E la risposta data dalla questura di Palermo poche ore dopo è stata importante. Così come 40 giorni fa aveva rappresentato un durissimo colpo per Cosa nostra la cattura di Vito Vitale, il padrino di Partinico. Di Guastella vari pentiti hanno parlato da tempo come del nuovo capo del più pericoloso clan cittadino, appunto le borgate San Lorenzo e Resuttana, già dominio della famiglia Madonia, scompaginata da arresti a catena. «Gli stavamo appresso da due mesi» ha detto due ore dopo l'arresto il dirigente della «Mobile» Marino in una conferenza stampa a cui erano presenti Caselli e il procuratore generale Vincenzo Rovello, che è tuttora nel vortice delle polemiche per la sparizione di Pasquale Cuntrera. «Palermo non ha dimenticato la lezione di Falcone e Borsellino», ha commentato Rovello. Fino a tre anni fa Pino Guastella era stato un «riservato», come vengono definiti quelli di cui non si parla mai e dei quali anzi si ignora l'appartenenza alle cosche. E' accusato di essere stato proprio tre anni fa uno dei killer che assassinarono Domingo Buscetta, figlio di un fratello di Tommaso Buscetta (il primo grande pentito), Gian Matteo Sole (strangolato) e i giovanissimi Marcello Grado e Luigi Vullo, ri- spettivamente figlio di un presunto boss e suo ignaro amico e vicino di casa. Tra vendette trasversali ed esecuzioni di condanne a morte, Guastella a quanto pare si occupò anche di far sparire e di seppellire non si sa dove Vincenzina Marchese, la moglie suicida di Leoluca Bagarella. E proprio a Guastella era stato dato l'incarico di rapire tempo fa il figlio del viceprocuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che tra il 1986 e il 1987 fu giudice a latere nel primo maxiprocesso alla mafia. Progetto poi accantonato. Antonio Ravidà Pino Guastella
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