Vivere con i Taleban d'Israele di Fiamma Nirenstein

Vivere con i Taleban d'Israele IL CASO I GIORNI DELL'ODIO A un passo da Tel Aviv da 8 mesi un gruppo di ultraortodossi assedia e tormenta gli abitanti Vivere con i Taleban d'Israele In un villaggio la guerra quotidiana religiosi-laici NEVEIROTEM A un bel nome questo posto orribile: Nevei Rotem, l'oasi della ginestra. E' una zona residenziale di Pardes Hanna poco lontano da Tel Aviv, vicino a quella zona di kibbutz della bella Israele che sta presso Hedera. Non sarebbero orribili, ma solo troppo nuove e nude le case rosa a due piani che una borghesia piuttosto intellettuale in fuga dalla città si è costruita negli ultimi mesi. Orribile, però, è l'aria che si respira, l'odore d'odio fra religiosi e laici che ormai somiglia all'odore del sangue. Orribile la prova di forza senza sbocco che somiglia a una sfida all'Okay Corrai. La sfida è declamata all'ingresso del nuovo villaggio su un cartello sbrecciato e sporco ma grandissimo, che sorge in mezzo a un campo brullo e sporco anche lui, davanti alle villette. Sotto il sole a piombo il cartello dice: «Qui sorgerà un tempio, una scuola religiosa, un quartiere religioso intero. Per favore rispetta i nostri sentimenti, vestiti in modo pudico, rispetta la santità del sabato». Poco più in là un altro brutto campo pieno di sterpi e relativo cartello sul paesaggio virtuale: «Qui nascerà con l'aiuto di Dio un centro commerciale di lusso per il mondo ortodosso che osserva la Torah, il Sabato e i precetti». C'è anche un numero di telefono se per caso qualcuno vuole affittare un negozio. I religiosi vestiti di nero adorano i telefonini, è una delle poche invenzioni moderne, come il computer, su cui la Bibbia non abbia niente da dire salvo che non li si può usare di sabato. Sulle case di fronte al campo del futuro centro commerciale, invece, una schiera di cartelli esclama: «Nevei Rotem è un quartiere laico, laicissimo», un altro: «I religiosi vadano anche loro nell'esercito». E se si restasse ai cartelli, andrebbe ancora bene. Ma la storia è molto più drammatica. Comincia il settembre dell'anno scorso, quando una mattina Yossi Werzansky, un prestante attore televisivo e sua moglie Shimrit Or, autrice di canzoni popolari fra cui «Allelujah» che vince l'Eurofestival, si svegliano una mattina nella loro deliziosa casetta nuova di zecca e ammobiliata con mobili italiani, buon ritiro di una coppia yup- pie, e si trovano davanti al naso invece del solito prato orlato di platani tre grandi caravan a schiera, ognuno in realtà un edificio a un piano. Dentro, tutto contento di essersi insediato, un certo rabbino Gublil, tutto vestito di nero, con dieci seguaci adulti vestiti come lui e una ventina di ragazzi, allievi della scuola situata nei caravan. Secondo Werzansky, che ormai ha le occhiaie fino alla bocca, e praticamente da allora non dorme più, i maschi adulti di Gublil sono ex criminali di quartiere, spacciatori e delinquenti cui il rabbino vende la redenzione in cambio di una fedeltà totale anima e corpo. Vecchia storia. E intanto nelle stesse settimane un intermediario prevaricatore ha acquistato nella strada principale del quartiere dodici case, di cui una è stata subito trasformata in una yeshiva, ovvero una scuola religiosa, dove uomini in bianco e nero e riccioli laterali stazionano, pregano, cantano, urlano notte e giorno. La strada e il quartiere si riem¬ piono sempre di più di quelli che i ragazzi laici chiamano «pinguini», ovvero haredim come si chiamano davvero i religiosi neri che vengono anche dai quartieri circostanti per dare man forte ai loro amici. Adesso occupano tutto lo spazio, offendono quando passano le donne che non sono coperte, infagottate, imparruccate, pretendono che di sabato tutto si fermi, stabiliscono un'atmosfera d'intimidazione quando le automobili si spostano di sabato, o se qualcuno accende la radio e la tv, oppure cucina con relativi odori e rumori in quel santo giorno in cui i testi scrivono che non si può. «La loro mira espansionistica è evidente e anche dichiarata. Ci vogliono rendere la vita così impossibile da costringerci a vendere loro le nostre case. D prezzo, 200 mila dollari, è già calato. Allora, quando ormai i prezzi saranno stracciati, arriveranno come avvoltoi. Quando passiamo sputano su di noi, ci gridano insulti e maledizioni, tirano a volte sassi dentro le finestre da cui esce musica di sabbat, di sabato. In una casa dove c'è un bambino è piovuto dentro un mattone. Ma mi possono maledire per un anno consecutivo, io di qui non mi muovo, il tribunale dovrà ascoltare alcune delle nostre richieste: la loro scuola sorge su un terreno demaniale, ogni loro attività è illegale. La yeshiva e la sinagoga sono state messe in piedi senza permesso... perbacco, prometto che tornerò a sentire cantare i grilli di notte, mia moglie potrà di nuovo uscire in pantaloncini corti. I nostri alberi di aranci e limoni, la voce delle rane, il cielo pieno di stelle... non mi porteranno via il sogno di una vita imponendomi improvvisamente di vivere in Iran». Yossi è un tipo grande e grosso. Invece tutto il grappolo dei religiosi che piantona la villa adibita a luogo di culto è un gruppo di giovani. Fuorché uno, si vede che a differenza degli altri ha fatto il militare e ora come si dice qui è «tornato alla domanda». E' un'espressione che definisce i neoconvertiti dal laicismo alla fede ortodossa. E' sposato da tre mesi e abita proprio davanti alla nuova sinagoga. La mogliettina, bellissima, ogni tanto attraversa la strada e viene a parlargli. Se fossero giovani come tutti certo si darebbero un bacio, si vede che si amano. La ragazza, tutta vestita di bianco e nero, con la testa coronata da una specie di turbante, non dice una parola, mentre lui parla come un fiume e in coro con gli altri neri fornisce la versione religiosa della storia. Mentre parlano guardano fisso un mio amico che mi ha accompagnato, perché lui è maschio e la legge consente di parlargli. A me non mi considerano affatto. Il racconto parte dall'incendio dei loro caravan, successivamente ricostruiti, e prosegue con mille episodi d'orrore e di persecuzione: di sabato, accompagnati dal deputato radicale Vossi Sarid, i laici tengono dimostrazioni davanti al tempio con gli altoparlanti a tutto volume durante la preghiera e urlano la canzone di Dana International, il transessuale che ha vinto l'Eurofestival. Le ragazze passano e ripassano davanti a loro più nude che possono. Se sono vestite normalmente tutt'a un tratto si tirano su la maglietta. «Cosa, ridete?! Ma per noi è un peccato mortale, indelebile». C'è di più, un certo Dado chej abita nella casa accanto a quella in cui i religiosi hanno messo la sinagoga ha assicurato che si farà prestare tre maiali (la bestia più immonda che ci sia per i religiosi) da mettere in giardino... La lista delle intolle- ranze dei vicini procede senza tregua e si mischia al vituperio standard dei religiosi ultraortodossi verso la società israeliana che secondo loro non è più un mondo di ebrei, ma di non ebrei che parlano ebraico. Ormai Israele è per loro un universo minaccioso e estraneo, con i cinema aperti di sabato e anche negozi e ristoranti. E le strade zeppe di macchine che corrono verso il mare, dove sì sta nudi. Il ragazzo che è appena tornato alla rengione interrompe la lamentela con le minacce: «Come accadde ai babilonesi e ai nazisti, a tutti quelli che hanno perseguitato gli ebrei, a tutti gli antisemiti, prima o poi quelli che ci odiano spariranno. Dio è dalla nostra parte. Non c'è uno dei nostri vicini che prima o poi non caschi e non si rompa una gamba, non gli prenda fuoco la casa o non gli si ammali un parente». Ma come antisemiti, quelli sono ebrei! Il neoconvertito alza le spalle come se avesse sentito qualcosa di molto trito, sbagliato. La distanza di questa gente da Israele è abissale: sono piccoli e neri, solo l'8 per cento, e l'offesa che essi devono sentire è terribile: «Ma come, noi abbiamo avuto il merito di trasbordare l'ebraismo di là dal fiume in piena della storia, e voi ci trattate come estranei, come cretini, come insetti dannosi...». Yossi Werzansky si sente abbastanza tranquillo: i giornali sono dalla sua parte, ogni fine settimane sempre più politici vengono alle sue manifestazioni; la posizione dei «neri» è illegale, i giudici di Israele saranno giusti, l'aggressività dei religiosi è sempre più evidente: «Io ho vissuto decenni, a Tel Aviv, con dei vicini religiosi. Ma questi sono diversi. Mi vogliono costringere a fare quello che sembra loro giusto, a vestirmi, a mangiare, a vivere come pare a loro. Mi minacciano fisicamente, mi espellono da casa mia. Se lo scordino. Sono pronto a tutto». Sul tavolo di cucina Yossi tiene un coltello da subacqueo lungo una ventina di centimetri, ed ha anche una baionetta che si è portato a casa dall'esercito. Ma come, siamo arrivati a tanto? «A Nevei Rotem purtroppo è ormai così». Fiamma Nirenstein Aggredito chi guarda la tv o cucina il sabato Per rappresaglia le ragazze si mostrano agli intrusi seminude A Nevei Rotem gli allievi della scuola religiosa installata nei caravan dal rabbino Gublil perseguitano gli abitanti

Persone citate: Dana International, Pardes Hanna, Rotem, Shimrit Or, Vossi Sarid, Yossi Werzansky