«Bosnia, baby prostitute per i Caschi blu italiani»

«Bosnia, baby prostitute per i Caschi blu italiani» Roma, Madrid e la Nato smentiscono «Bosnia, baby prostitute per i Caschi blu italiani» //presunto rapporto di uno 007 sul quotidiano spagnolo «ElMundo» MADRID NOSTRO SERVIZIO Ben tre smentite ufficiali (del ministero della Difesa italiano, del mùnsero della Difesa spagnolo e del segretario generale della Nato, Javier Solana) si sono susseguite ieri dopo le scioccanti rivelazioni che il quotidiano madrileno «El Mundo» aveva pubblicato in mattinata: gli 007 militari dello spagnolo Cesid avrebbero scoperto, un anno fa a Sarajevo, una rete di prostituzione infantile controllata dalle forze di pace della Nato, quasi tutte italiane, e della mafia locale di Zanjar. Secondo la versione di «El Mundo», un agente del Cesid che vuole mantenere l'anonimato, ma che è anche un alto ufficiale dell'esercito spagnolo di stanza presso il quartier generale della Sfor di Sarajevo, avrebbe rivelato al giornale che si accorse, nel maggio del '96, mentre stava facendo jogging nei pressi del quartiere di Zetra, ove ha sede la Brigata Nord del contìngente italiano, che 4 o 5 bambine di 1213 anni stavano entrando nella caserma occupata dai nostri Caschi Blu. Partendo da questo primo iodizio, gli 007 militari di Madrid avrebbero svolto indagini e, dopo aver scoperto la rete di prostituzione infantile, avrebbero redatto un rapporto inviato al generale di divisione Javier Calderón, il capo del Cesid. «Nel rapporto si specifica come le bambine, attirate nella rete di prostituzione con minacce e con la promessa di sostanziosi guadagni, erano condotte, quando si faceva notte, nella caserma della Brigata Nord - sostiene il giornale - Una volta passati i reticolati, erano obbligate ad avere relazioni sessuali con militari del contingente italiano, quasi sempre soldati e sottufficiali, per 40 marchi. Sporadicamente, parteciparono anche militari portoghesi ed egiziani». «I genitori di alcune bambine, quando si accorsero che le loro figlie si prostituivano, chiesero un incontro con il comandante della brigata italiana», scrive ancora «El Mundo», che però non pubblica il presunto rapporto, né rivela l'esito del colloquio, spiegando che lo scandalo «venne insabbiato». La prima smentita è arrivata da Solana, ieri a Barcellona per l'apertura della riunione di primavera della Nato: «Il ministero della Difesa spagnolo (da cui dipende il Cesid, ndr) mi ha comunicato che tutta la vicenda è assolutamente infondata - ha sottolineato il capo della Nato . Sono molto orgoglioso dei soldati italiani». Solana oltretutto precisa che «il quartier generale spagnolo è a Mostar, non a Sarajevo». A sua volta, Javier Moranés, numero due del ministero della Difesa di Madrid ha dichiarato: «Non risulta affatto che esista il rapporto di cui parla "El Mundo". La notizia è completamente falsa». Sdegnata la risposta del nostro ministero della Difesa. «Non possiamo che deprecare fortemente queste illazioni giornalistiche - dice il comunicato ufficiale - frutto della più irresponsabile vena scandalistica, che gettano discredito su uomini che, con grande senso del dovere e a prezzo di enormi sacrifici e di rischi rilevanti, prestano la loro opera perché la pace e la sicurezza vengano garantite in quel tormentato Paese. Il Cesid ha negato l'esistenza di qualsivoglia rapporto informativo in materia, rimarcando che nel periodo indicato nessun suo agente era distaccato a Sarajevo». Il comandante dello Sfor, gen. Shùizeki intende comunque nominare una commissione di indagine sulla vicenda composta da personale multinazionale, a livello di polizia militare italiana, francese e spagnola. Gian Antonio ©righi

Persone citate: Gian Antonio, Javier Moranés, Javier Solana, Mundo, Solana

Luoghi citati: Barcellona, Madrid, Roma, Sarajevo