«Dateci un posto pubblico»

«Dateci un posto pubblico» LA RABBIA DI NAPOLI «Dateci un posto pubblico» 77 leader della protesta: o il Sud esploderà UNAPOLI N posto, uno stipendio vero, non li ha avuti mai. Ma a 38 anni, molti dei quali spesi a navigare nell'arcipelago del precariato, non ha smesso di cercarli. Nella sua scheda personale ci sono le esperienze di una generazione di «non garantiti»: un passato tra i disoccupati organizzati, un passaggio come «corsista», un presente nell'esercito dei lavoratori socialmente utili che in Campania sono 32 mila. Il futuro, quello Roberto Ascione, dal '78 iscritto al Collocamento, non riesce ancora a vederlo. Così come non riesce a nascondere l'insofferenza per il fatto che di Napoli e della fame di lavoro si torni a parlare per gli incidenti di venerdì, la protesta nei Palazzi, gli scontri con la polizia che si sono conclusi con il fermo di 14 manifestanti. Ieri davanti al carcere di Poggioreale in 150 hanno chiesto la loro liberazione. Lui, portavoce dei «Lsu organizzati», una delle decine di sigle in campo, sarà in piazza domani insieme con le altre organizzazioni, in un lunedì che si annuncia caldissùno. Il presidente Scalfaro ha nuovamente parlato dell'emergenza occupazione; sulla questione i sindacati annunciano battaglia: le sembrano segnali positivi? «Con Scalfaro, in vita mia, ho parlato tre volte e altre cento con ministri, segretari di partito, sindaci, prefetti e assessori, ma niente è cambiato. Io dico che due mesi fa, per lo sciopero del 27 marzo per il lavoro, l'attenzione di tutta l'Italia era puntata su Napoli e sul problema della disoccupazione. Prodi annuncia tavoli di concertazione, confronti con istituzioni locali e sondacali, ma sono rimaste soltanto parole. E allora, se non si danno risposte a bisogni primari, si assiste all'esplosione di situazioni di estremo bisogno, di estremo disagio». L'assalto alla Regione, gli atti di vandalismo compiuti nel Palazzo venerdì, come li giudica? «Semplicemente non li giudico. Così come non ho giudicato quelli che qualche mese fa incendiarono un paio di bus. Io credo che la repressione non serva proprio a niente. Penso che nel nostro Paese, e a Napoli più che altrove, c'è chi vive di agi e privilegi e c'è chi non riesce a sopravvivere. In mezzo c'è un buco nero, un problema struttu rale che nessuno vuole risolve re. Abbiamo detto e ripetuto che bisogna aprire qui un tavolo con gli Enti locali, le istituzioni, i parlamentari, per evitare decisioni sbagliate e reazioni esasperate». Questa volta a innescare la miccia è il capitolo dei lavori socialmente utili: che cosa è accaduto? «Noi contestiamo il decreto 468 del '97 che doveva creare le condizioni per chiudere definitivamente l'esperienza dei lavori socialmente utili entro il '99. Ma come si fa a pensare che con le società miste e con i prepensionamenti si risolva il problema di oltre 30 mila persone? Chi può ere- | dere che un imprendi- 1 tore abbia interesse ad 1 investire in parchi pubblici o assistenza agli anziani, oppure riciclaggio dei rifiuti? Questi sono ragionamenti che possono valere a Milano o a Torino. La verità è che qui il casino è scoppiato perché il Comune sta per far partire la prima società mista che però dà lavoro a cento persone. Cento su 5400: e tutti gli altri?». Quali sono le vostre richieste? «Nel breve termine noi "Lsu Organizzati" chiediamo un'integrazione delle 800 mila lire mensili che percepiamo e l'abolizione deu'Iipef sui quattro soldi che prendiamo. In prospettiva, voghamo l'assunzione negli Enti locali in cui lavoriamo». Insomma, volete il posto pubblico? «Certo, e non ce ne vergognia mo: chissà perché di flessibilità parlano sempre quelli a stipen dio fisso. Il sottosegretario Pizzinato ha chiesto a Comuni, Pro vince e Regioni di fare un qua dro esatto dei lavoratori socialmente utili impiegati, dei prò getti, di tutto quanto. Bene, noi ci siamo fatti un quadro esatto anche dell'altra faccia della me daglia: al 30 marzo '98, per esempio, nel Comune di Napoli ci sono 1800 buchi nella pianta organica. E se ci sono problemi di dissesto, questioni di cassa perché mai si fanno nuovi con corsi?». Mariella Cirillo «Servono fatti non parole Qui viviamo in una polveriera»

Persone citate: Di Napoli, Mariella Cirillo, Palazzi, Pizzinato, Prodi, Roberto Ascione, Scalfaro

Luoghi citati: Campania, Italia, Milano, Napoli, Torino