Giallo Torino
Giallo Torino SALONE PEL LIBRO Appuntamenti e incontri al Lingotto Giallo Torino Uno dei «Fili» del Salone, quello giallo, è (ovviamente) dedicato alla letteratura poliziesca, mystery, thriller e affini. Abbiamo chiesto un intervento in materia a Gianni Farinetti, eterodosso giallista torinese, autore di due romanzi di successo, «Un delitto fatto in casa» e «L'isola che brucia». SI fa presto a dire «Giallo Torino». Secondo lo schema dei colori elaborato tra il 1800 e il 1850 di «gialli Torino» se ne individuano almeno una ventina, dal classico Molerà (ocra caldo), al Nanchino oscuro e quello chiaro; dall'algido Canarino al pastoso Jaune clair bronzé. E, ancora, il morbido Pagliarino, il verdognolo Pistaccio, e via colorando. Fondi, pareti, lesene, colonnati, che a Torino si sprecano, ci avvolgono da sempre in una sinfonia di gialli appena spruzzati di azzurri {Turchino), di grigi [Bigio cinericcio), di mattone [Persighino). Assolutamente naturale, in questo musicale contrappunto, ambientare, supporre efferati omicidi, enigmi crudeli, irrisolvibili misteri. In più l'aereo Settecento (di cui andiamo doverosamente fieri) ha ceduto il passo in città a un più severo Ottocento, secolo borghese, moralista e morboso, ambiente privilegiato per trame a base di alcova e sangue. Già ci portiamo dietro la nomea di città magica, esoterica, triangolare, egizia, zen, cattolica, operaia, santa... il resto d'Italia cosa può aspettarsi da noi se non lo stupefacente, lo strano, il brivido puro, in una parola? E, infatti (e mi guardo bene dall'elencare nomi e titoli per non tralasciare nessuno) il meglio lo diamo quando siamo alle prese con pistole, inseguimenti notturni, eleganti signo¬ re implicate in rischiose indagini, pugnali, neorealistiche periferie, cortili abbandonati, inquietanti retrobotteghe e oscuri giardini, villone collinari, marmisti, commissari perplessi, e detective in crisi, pasticci di denaro, languidi lungopò, stranianti piazze, scale Liberty, amplessi pomeridiani, cadaveri mollati lì tra una discarica e un capannone industriale (senza dimenticare, tra l'altro, che a Torino un sacco di gente famosa è andata fuori di zucca). Questa città è un magnifico teatro che accoglie volentieri i più spaventosi delitti e mi sento per questo di consigliare le future leve di scrittori subalpini di lasciar perdere il disagio giovanile, l'incomunicabilità amorosa, le angosce del posto fisso (che tanto non c'è) per applicarsi con impegno a qualche bel giallone (o noir, o spy-story, o procedural thriller, fate un po' voi) condito di vermuth, echi sabaudi e cioccolatini di gran marca. Gli ingredienti ci sono tutti, basta saperli scovare: magari un accoltellamento alla Consolata - sorseggiando un cavouriano bicerin -, o uno stupro in corso Giambone, un delitto rituale a Cit Turin, una bella vendetta a San Salvarlo. O, anche, un cataclisma al Salone del Libro. Perché, come diceva Bertrand Russell che la sapeva lunga: «Chi legge (e chi scrive) i gialli non fa la guerra». E noi civilissimi abitatori di questa landa privilegiata vediamo di dare il buon esempio: ammazziamo pure chi ci pare, ma solo sulla carta. La miglior terapia per controllare la latente aggressività di noi, popolo di stravaganti bogianen. Gianni Farinetti
Persone citate: Bertrand Russell, Gianni Farinetti, Pagliarino
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