Cernobil 2, la vendetta

Cernobil 2, la vendetta LE ULTIME MISURE Cernobil 2, la vendetta La radioattività accumulata sulle Alpi EW di pochi giorni fa l'allarme per certe misure della radioattività residua di Cernobil che hanno rivelato, ad alta quota sulle Alpi, valori ancora consistenti a 12 anni di distanza dall'evento. La segnalazione si riferiva in particolare alle zone di Cortina. Non sono a conoscenza di quella situazione; ho però partecipato indirettamente (un mio laureando lo ha fatto come tesista) alle analoghe misure che un'equipe dell'Università di Nizza ha svolto sulle Alpi occidentali, sconfinando spesso in territorio italiano (Argenterà). La loro campagna di misure contemplava prelievi di terreno in superficie, carotaggi a varie profondità e prelievi di vegetali quali muschio, foglie e radici di felci ed altre piante tipiche delle alte quote. Questo studio, oltre ad essere di tipo radioprotezionistico - è inserito in un più vasto programma di monitoraggio in corso in Francia - è anche indirizzato alla conoscenza del comportamento dei radionuclidi nei diversi tipi di terreno e nelle varie matrici ambientali. In queste ricerche uno dei parametri significativi da valutare è la variazione nel tempo della radioattività accumulata nelle varie matrici, e quindi il confronto con i dati iniziali: in questo caso con i dati del maggio 1986. I valori di riferimento, rac¬ colti ed elaborati dalla Commissione della Comunità Europea e pubblicati nel maggio del 1987, forniscono per il Sud della Francia e per il Nord Italia una dose di contaminazione media al suolo di circa 5000 (valori estremi circa 10.000) Bq/metro quadro di cesio 137 e di 2500 (valore estremo circa 5000) Bq/metro quadro di cesio 134, i radioisotipi più significativi, se si eccettua lo iodio 131 che diventa inattivo dopo qualche settimana. Queste attività al suolo fornivano dosi orarie stimate in 4-5 (massimo 9-10) microSievert quando le dosi limite raccomandate, estremamente prudenziali, sono di 0,70,8 microSievert/ora. A distanza di 12 anni questi valori sono sostanzialmente diminuiti - fino a toccare la normalità - nelle zone di maggiore interesse, le zone abitate di pianura e di media montagna. Infatti, oltre alla scomparsa di più del 90% del cesio 134 (semiperiodo 2,15 anni) e del 20% del cesio 137, il trasporto dovuto agli agenti atmosferici unito a quello delle attività umane ha relegato i radionuclidi residui in strati profondi nel terreno o li ha dispersi in zone più vaste dove si sono diluiti. Con tutto ciò si deve considerare che le misure fatte durante e subito dopo l'evento Cernobil erano state eseguite in zone di interesse abitativo. Valori di at- tività sicuramente maggiori sarebbero stati trovati anche allora in alta montagna, molto più direttamente lambita dalla nube radioattiva. Ancora nel 1988 l'equipe di Nizza trovava, sui monti attorno alle valli del Boréon, del Vesubie e del Salèze, significative distribuzioni della radioattività nelle varie matrici con punte massime a quote medio-alte: 7000 Bq/metro quadro a 1420 metri di quota, 26.000 a 1520 metri, 40.000 a 1760 metri, 18.000 a 1900 e 10.000 a 2000 metri di quota. Probabilmente nel maggio 1986 l'attività sarebbe stata trovata alle quote più alte; ma la naturale tendenza degli strati superficiali del terreno ad esser trascinati a valle con lo scender dell'acqua derivante dalle precipitazioni sposta parte dei radionuclidi a quote via via inferiori accumulandoli con effetto per così dire «a valanga» in zone pianeggianti. Bisogna ancora aggiungere che i punti specifici di misura vengono di norma scelti in maniera che siano significativi. Non ha significato la misura su una superficie rocciosa e scoscesa ma quella in una piana di raccolta delle acque; ha significato il confronto tra i valori trovati su una superficie erbosa con quelli ottenuti nel sottobosco. E' infatti proprio nelle conche che si ottengono valori molto superiori alla media, come si trovano, rispetto a quelli ottenuti nelle radure, valori molto alti nel terreno dei boschi, dove gli alberi han fatto da «volume» di raccolta, scaricando alla propria base i radionuclidi catturati dal fogliame. Misure eseguite a metà degli Anni 90 hanno confermato la tendenza allo spostamento ver¬ so quote più basse dei valori massimi di radioattivià, che sono comunque in media dimezzati rispetto al 1988, grazie alla quasi scomparsa del cesio 134 e, per quanto riguarda il cesio 137, grazie alla dispersione nel terreno ed all'assorbimento da parte dei vegetali durante il trasporto. A proposito dei vegetali, la progressiva diluizione dei radionuclidi nel suolo ne determina la diminuzione dell'assorbimento da parte dei vegetali più giovani: felci appena spuntate mostrano una radioattività notevolmente inferiore rispetto alle felci vecchie di diversi anni, e queste mostrano più radioattivià nelle foglie che non nelle radici. Perfino nei rami degli abeti si nota una significativa differenza di attività fra i rami vecchi e quelli spuntati di recente, molto meno radioattivi. Ci si può chiedere se questa situazione, che si può sicuramente estendere a gran parte dell'arco alpino, possa determinare situazioni di rischio per chi si trovasse per turismo a percorrere zone dove il residuo di radionuclidi si è particolarmente concentrato nel tempo. Questa eventualità non deve assolutamente preoccupare, in quanto a questi livelli di radioattività, anche ai massimi citati, per assorbire una dose di radiazioni non trascurabile si dovrebbe sostare in zona per tempi abbastanza lunghi, dell'ordine di alcuni giorni. Paolo Volpe Università di Torino Qui accanto, le recenti misurazioni di radioattività sulle Alpi A destra, l'edificio che ospita il reattore di Cernobil all'origine del disastro nucleare del 1986 tta Alpi

Persone citate: Paolo Volpe

Luoghi citati: Cortina, Francia, Italia, Nizza, Torino